Il New York Times, quotidiano statunitense fondato a New York il 18 settembre 1851 da Henry Jarvis Raymond e George Jones, è uno dei giornali più importanti del mondo, considerato fra i più autorevoli. Chiunque si approcci alla professione del giornalismo non può che nutrire un sentimento di riverenza nei confronti di tale testata, la cui sede è un altissimo grattacielo nel cuore della Grande mela progettato dall’archistar italiana Renzo Piano.
Sono i giornalisti del NY Times ad aver vinto più premi Pulitzer – le più prestigiose onorificenze del settore – nella storia. Una delle inchieste più note del quotidiano è divenuta famosa grazie al film The Post di Steven Spielberg che racconta della pubblicazione dei Pentagon papers, documenti segreti del governo statunitense sulla guerra in Vietnam successivamente pubblicati anche dal Washington Post.
Mercoledì 22 luglio Meredith Kopit Levien, già chief operating officer (coo) del New York Times, è stata nominata presidente e amministratore delegato del giornale. 49 anni, prenderà ufficialmente il posto di Mark Thompson l’8 settembre, la più giovane di sempre in quel ruolo. “È una leader innovativa e brillante”, ha detto di lei Arthur Gregg Sulzberger, editore del NY Times. “Ha saputo migliorare tutto ciò su cui ha messo mano all’interno dell’organizzazione”. Levien, dal canto suo, ha dichiarato che assumere quest’incarico per lei rappresenta “l’onore di una vita”.
Meredith Kopit Levien, la carriera
Durante l’infanzia in Virginia, Meredith Kopit Levien leggeva raramente il New York Times perché in casa capitavano più facilmente i quotidiani del posto. I suoi genitori però – entrambi newyorchesi – a volte lo compravano e lei rimaneva affascinata nello sfogliare quelle pagine: a differenza dei giornali locali, che raccontavano “cose che già si sapevano”, lì c’era “il mondo”.
Dopo l’esperienza come chief revenue officer presso Forbes media, Levien è approdata al NY Times nel 2013 come responsabile della pubblicità. È stata promossa a vicepresidente esecutivo nel 2015, per poi diventare coo nel 2017. Il consiglio d’amministrazione ha votato all’unanimità per trasformarla nel nuovo presidente della testata concludendo, come riporta lo stesso Thompson, che “nessun altro a parte lei potesse svolgere quel compito”.
L’unica “macchia” nella carriera della donna risale al 2016, quando due impiegate le hanno fatto causa per discriminazione sostenendo che preferisse i lavoratori “bianchi, giovani e senza figli”. Il giornale non ha ammesso alcuna responsabilità e Levien ha aggiunto che le accuse erano prive di fondamento.
Gli obiettivi del nuovo ceo
“Nutriamo grandi ambizioni per il New York Times e, più in generale, per il giornalismo indipendente”, ha reso noto il nuovo ceo, che sta per ereditare il lascito di Mark Thompson: colui che più di tutti “ha saputo farsi strada nel mondo del digitale”, per usare le parole di Sulzberger. Negli ultimi otto anni gli abbonati alla versione digitale del quotidiano sono passati da 640mila a più di cinque milioni, con un ricavo che supera gli 800 milioni di dollari all’anno.
The New York Times named Meredith Kopit Levien, the news organization’s chief operating officer, as its next president and chief executive, making her the youngest person ever to lead its executive ranks https://t.co/aeJ32X4EMB
Alla fine del mese di aprile di quest’anno, complice l’interesse degli americani nelle notizie riguardanti il coronavirus, il numero totale di abbonati alle versioni cartacea e digitale ha superato i sei milioni, rendendo quindi sempre più concreto l’ambizioso obiettivo di raggiungere i dieci milioni entro il 2025.
Levien ha sottolineato che i dirigenti continueranno a investire nel giornalismo di qualità, cercando però anche di puntare su contenuti extra come giochi e ricette, dato che il successo dei cruciverba del NY Times è risaputo e anche la sezione culinaria non smette di raccogliere consensi.
Il futuro del New York Times
Meredith Kopit Levien assumerà il controllo di uno dei più stimati quotidiani internazionali in una nazione divisa, probabilmente ancora alle prese con un virus letale, a soli due mesi dalle elezioni presidenziali di novembre.
I mezzi d’informazione hanno sempre cercato di fungere da guida ai cittadini, di rappresentare per loro una “bussola nella modernità” per usare la metafora di Carlo Sorrentino, professore di Strategie della comunicazione giornalistica all’Università di Firenze.
Come recita il motto di un concorrente del New York Times che allo stesso modo ha contribuito a preservare la libertà di pensiero nella società civile, il Washington Post, “la democrazia muore nell’oscurità”. Senza il costante lavoro dei giornalisti molte vicende sarebbero insabbiate, la verità faticherebbe a farsi strada nel ginepraio della nostra odierna struttura sociale: lo si è visto nel caso della pandemia, quando molti governi hanno preferito censurare le informazioni riguardo al suo andamento – tesi dimostrata dall’analisi di Reporter senza frontiere.
Il NY Times invece ha impedito che ciò accadesse, diventando un punto di riferimento per milioni di americani – come confermano i dati sopra riportati –, tenendo loro compagnia giorno dopo giorno, nel bene e nel male, trasformandosi per loro in un faro, in una certezza quotidiana dove riporre la propria fiducia, una zattera nella tempesta cui aggrapparsi in un mare di difficoltà e informazioni fuorvianti. Questo è l’obiettivo di un giornale. Una volta raggiunto, il suo futuro non potrà che essere al fianco dei suoi lettori.
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