Grazie alle indagini della procura newyorchese, il Met ha restituito reperti vari e una testa della dea Atena. 19 milioni di euro il valore totale.
Immaginate se tutte le opere esposte al museo del Louvre di Parigi venissero rubate. Il vuoto nelle numerose sale prima occupate da circa 35mila tra quadri, sculture e antichità varie. In Italia e solo nel 2021 sono stati circa 34mila i beni archeologici, paleontologici, librari e di antiquariato recuperati dal reparto tutela patrimonio culturale dell’arma dei carabinieri. Un dato inferiore a quello registrato negli anni precedenti, ma solo a causa della pandemia che ha rallentato i traffici illeciti.
Per quanto il lavoro dei carabinieri sia incessante, sono molti i reperti che riescono a sfuggire alle maglie del controllo e della prevenzione. Le opere trafugate, vendute illegalmente mistificando la determinazione della loro provenienza, finiscono spesso in collezioni private, altre volte nei più famosi musei del mondo.
I recuperi più recenti al Metropolitan museum
Come nel caso dei 21 reperti recentemente recuperati dal Metropolitan museum of art (Met) di New York. Tra i pezzi confiscati una kylix, tipica coppa per vino greca, in terracotta del 470 avanti Cristo (a.C.), e una testa in marmo del 200 a.C. raffigurante la dea Atena, da sola stimata circa 3 milioni di euro; ma anche un busto di bronzo ed elmi, oltre a numerosi vasi e piatti.
Oltre al recupero dal Metropolitan museum, nella restituzione fatta dalla procura di New York altre 37 opere di provenienza varia, alcune appartenenti alla collezione del miliardario Michael Steinhardt, più volte coinvolto in operazioni simili e per questo interdetto in modo permanente dall’acquisto di nuove opere, un provvedimento unico nel suo genere.
19 milioni di euro il valore economico totale. Quello storico e culturale è difficile da calcolare. “Queste 58 opere rappresentano migliaia di anni di storia, eppure i trafficanti di tutta Italia hanno utilizzato i saccheggiatori per rubarli e per riempirsi le tasche”, ha detto il procuratore distrettuale di New York, Alvin Bragg, ribadendo che “per troppo tempo sono stati tenuti in musei, case e gallerie che non avevano alcun diritto di proprietà”.
Secondo gli investigatori, tra i pezzi italiani, otto si erano infiltrati nelle collezioni del Metropolitan tramite Gianfranco Becchina, un mercante d’arte siciliano già al centro di diversi processi.
Becchina ha iniziato a trattare antichità negli anni settanta dalla sua sede di Basilea in Svizzera, riuscendo a vendere reperti a molti musei internazionali. Beni venduti attraverso le case d’asta Sotheby’s e Christie’s a Londra sotto il falso nome di Anna Spinello.
Il caso del Getty museum
Un personaggio già noto dunque, anche per il suo coinvolgimento nel caso del Getty museum di Los Angeles dell’agosto 2022. In quella circostanza a tornare in Italia è stato il gruppo scultoreo Orfeo e le sirene, pregevole opera in terracotta del quarto secolo a.C, proveniente da Taranto, finita illegalmente tra i pezzi del museo californiano.
La confisca e la restituzione hanno privato il Getty villa museum, l’edificio dall’architettura simile a una lussuosa villa romana annesso alla sede principale, di uno dei suoi pezzi maggiori che occupava un posto d’onore vicino all’ingresso del museo. L’opera recuperata è esposta, insieme a molte altre, fino a ottobre 2022 nel nuovo Museo dell’arte salvata, inaugurato a Roma negli spazi delle terme di Diocleziano lo scorso giugno. Un museo che, purtroppo o per fortuna, non è mai a rischio di rimanere vuoto.
L’arte sottratta alle ex colonie europee
Se da una parte la restituzione di opere e reperti trafugati illegalmente è efficace e fluida a livello internazionale – salvo i casi che coinvolgo attriti geopolitici tra paesi –, questione diversa è quella relativa all’arte sottratta durante l’infelice stagione coloniale europea. Uno dei nodi più rilevanti della museologia contemporanea, la disciplina che si occupa degli aspetti conservativi delle opere d’arte.
Sono molte infatti le richieste mosse da paesi extraeuropei (soprattutto africani), già all’alba del processo di decolonizzazione, per recuperare opere che hanno un profondo significato storico, culturale e identitario. Per quanto i meccanismi siano ancora lenti e difficoltosi, paesi come Francia, Germania, Olanda e Regno Unito hanno iniziato a considerare la questione più seriamente del passato. Quasi al pari del problema dei furti di saccheggiatori e trafficanti d’arte più attuali.
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