
L’auto connessa (in Italia ne circolano 18 milioni, il 45% del parco circolante) ha molti vantaggi in termini di sicurezza e innovazione. Ma a chi cediamo i dati personali e chi tutela la nostra privacy?
Intervista a Michele Crisci, presidente dell’Unrae e di Volvo Car Italia: “I blocchi del traffico sono inefficaci, bisogna svecchiare il parco circolante”.
Da diversi anni la stagione autunnale fa rima con i blocchi del traffico. Una misura che crea grossi disagi agli automobilisti ma la cui efficacia “è tutta da dimostrare”, ci spiega Michele Crisci, presidente dell’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri (Unrae) e di Volvo Car Italia. Piuttosto, è il suo pensiero, serve un “approccio strategico” basato sulla modernizzazione del parco circolante, sulle infrastrutture di ricarica per le auto meno inquinanti e su una revisione dei flussi negli spazi urbani.
Con la stagione autunnale che entra nel vivo, torneranno presto i blocchi del traffico. Una misura giusta?
I blocchi del traffico sono ormai una consuetudine che si ripete puntualmente in questo periodo dell’anno. La loro efficacia è però tutta da dimostrare, dal momento che il traffico e il trasporto delle merci sono responsabili delle emissioni nocive nelle aree urbane solo in piccola parte. Oltretutto i blocchi andrebbero coordinati, cosa che al momento non avviene: in alcune città vengono fermate le auto euro 3, in altre le euro 4, in alcuni casi addirittura le euro 6.
Al di là delle motorizzazioni, in Italia c’è un grande problema legato allo svecchiamento del parco auto circolante…
Il vero nodo della questione è esattamente questo. Nel nostro Paese c’è l’assoluta necessità di rimpiazzare i mezzi più obsoleti e maggiormente inquinanti con auto più moderne, euro 6, ibride, ibride plug-in e nel prossimo futuro full electric.
Vi siete schierati apertamente contro il blocco della circolazione ai veicoli diesel di ultima generazione a Roma. Ma secondo l’associazione ecologista Transport & Environment i diesel euro 6 inquinerebbero, in alcune condizioni, ben oltre i valori considerati nella norma.
Se parliamo di sistemi omologativi, ci sono norme precise che i produttori rispettano; poi è chiaro che alcune auto, sotto sforzo o provate in condizioni particolari, possano fornire risposte leggermente diverse. Ciò premesso, una motorizzazione euro 6 sarà sempre estremamente meno impattante, a livello di emissioni, rispetto a una euro 3: quindi il discorso non sta in piedi. Quanto al blocco delle euro 6, siamo di fronte a qualcosa di totalmente insensato perché non solo inquinano meno, ma numericamente sono molto inferiori in relazione alle altre auto circolanti: quindi è una misura che crea disagi senza aver alcun impatto ambientale positivo.
Per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, quali sono le misure da mettere in campo per la mobilità urbana alternative ai blocchi del traffico?
Non serve quello che io chiamo “approccio del pompiere”, ovvero bloccare il traffico appena si alza il livello delle emissioni, ma un approccio più strategico basato su tre pilastri. Il primo è la modernizzazione del parco circolante del quale parlavamo in precedenza; il secondo è lavorare sulle infrastrutture delle città, aumentando i punti di ricarica per le motorizzazioni meno inquinanti; il terzo è rivedere i flussi di traffico negli spazi urbani. Spiego meglio quest’ultimo punto: il traffico va considerato nel suo insieme e non in base alle singole vetture. Bisogna sempre tenere presente che le auto ferme in coda inquinano molto di più di quelle in movimento: serve quindi una visione strategica che garantisca la fluidità del traffico, per renderlo meno impattante.
Come è ripartito il mercato italiano dell’auto dopo il lockdown? Quanto tempo ci vorrà per tornare ai livelli precedenti l’emergenza coronavirus?
Il mercato ha perso circa un terzo dei sui volumi complessivi, parliamo di circa 500.000 immatricolazioni in meno. Negli ultimi mesi gli incentivi messi in piedi dal governo hanno portato grandi benefici, ma ora che si stanno esaurendo credo sia fondamentale pensare a un sistema di incentivazione duraturo almeno per i prossimi due anni, anche per favorire il ricambio del parco circolante.
Incentivi e limiti alle emissioni stanno favorendo una maggiore diffusione delle auto ibride ed elettriche, ma siamo ancora lontani dagli obiettivi Ue sulla riduzione della CO2 emessa dai mezzi di trasporto. Cosa serve per dare una spinta decisa alle motorizzazioni verdi?
Servono infrastrutture nelle città e sempre più vetture con motorizzazioni verdi che siano sul mercato a prezzi accessibili, cosa che sta gradualmente avvenendo negli ultimi anni con le full hybrid e anche con diverse full electric. La Norvegia e l’Olanda ci insegnano che un sistema stabile di incentivi è fondamentale, perché i prezzi si abbassano solo nel momento in cui il mercato decolla. Un altro elemento essenziale è costituito dall’infrastrutturazione autostradale, perché bisogna smettere di pensare all’elettrico sono in chiave di mobilità cittadina: servono sulle autostrade colonnine fast charge in grado di ricaricare un’auto elettrica in 20 minuti.
Qual è l’impegno di Volvo sul fronte delle emissioni e di una mobilità sempre più sostenibile?
Abbiamo già raggiunto gli obiettivi sulle emissioni di CO2 imposti dall’Unione Europea, soprattutto grazie alle vendite di auto con motorizzazioni plug-in hybrid sulle quali siamo leader in Europa. Questo impegno è propedeutico al lancio di modelli full electric che avverrà in Italia all’inizio del prossimo anno, con l’obiettivo di espandere questa linea di produzione nel 2022. La nostra attenzione all’ambiente si allarga inoltre a tutta la catena produttiva: abbiamo stabilito che i nostri fornitori debbano utilizzare solo energia proveniente da fonti rinnovabili. Questa decisione nasce dal fatto che siamo convinti che la nostra responsabilità sociale non debba concentrarsi solo sui prodotti, ma estendersi a tutta la filiera.
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