Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Miele: crollo della produzione italiana fino all’80 per cento. E quello importato nella Ue è spesso adulterato
La siccità prima e le basse temperature poi hanno compromesso la produzione di miele italiana. E sul miele importato nella Ue, un’indagine sospetta frodi in quasi la metà dei campioni.
- Gli eventi climatici anomali hanno avuto ripercussioni sulla produzione italiana di miele, calata fino all’80 per cento rispetto al 2022.
- La minaccia alle api e alla loro attività di impollinazione è un pericolo anche per la biodiversità.
- Intanto aumentano le importazioni di miele in Italia, ma secondo un’indagine europea, 1 miele su 2 importato nella Ue è sospettato di adulterazione.
Un freddo anomalo fuori stagione seguito a un lungo periodo di siccità: è questa la combinazione climatica che ha fatto registrare nei mesi di aprile e maggio un calo fino all’80 per cento della produzione di miele rispetto allo scorso anno quando già si era calcolata la perdita di un vasetto di miele su quattro (-23 per cento) in confronto al decennio passato.
Crollo della produzione di miele: il clima minaccia le api e la biodiversità
I dati arrivano dall’Osservatorio nazionale miele e Coldiretti, con l’associazione di agricoltori che sottolinea come il clima della scorsa primavera (la stagione clou per la produzione di miele) abbia impedito alle api di volare e abbia danneggiato i fiori con conseguenze gravi: “Le difficoltà delle api sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che quelle domestiche e quelle selvatiche sono responsabili del 70 per cento della riproduzione di tutte le specie vegetali; ben 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione fornita dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni”.
Miele importato nell’Unione europea: 1 campione su 2 è adulterato
Con una produzione italiana ridotta, si ricorre sempre di più al miele estero: nel 2022 l’Italia ha importato 26,5 milioni di chili di miele, con gli arrivi dalla Turchia cresciuti del 146 per cento, dalla Cina del 66 per cento, dalla Romania del 134 per cento e dall’Ucraina dell’83 per cento. Cina e Turchia sono però i paesi che, secondo l’indagine europea From the hives, registrano il più alto numero di partite importate sospettate di adulterazione, ovvero di miele addizionato con acqua o sciroppo di zucchero, per aumentare il volume del prodotto e abbassarne il prezzo (e di conseguenza anche la qualità). Il miele adulterato può contenere anche additivi e coloranti e si tende a mascherarne la vera origine geografica. In generale, quasi 1 campione su 2 (46 per cento) di miele importato nell’Unione europea tra il 2021 e il 2002 è risultato adulterato (un dato in crescita rispetto al 14 per cento del 2015-2017), confermando così i sospetti.
Come leggere in etichetta l’origine del miele
Alla luce di questa indagine, le associazioni Copa e Cogeca hanno chiesto l’obbligo di menzione dei rispettivi paesi di origine del miele con quote percentuali in ordine decrescente e di aggiornare i metodi di controllo a disposizione delle autorità nazionali per l’individuazione delle frodi nel miele.
Attualmente la provenienza del miele è indicata in questo modo: “Italia” o “miele italiano” per le confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale dove la produzione e la vendita sono fatte nella maggior parte dei casi direttamente dagli apicoltori; “miscela di mieli originari della Ue” con il nome dei paesi europei quando il miele è stato raccolto nei paesi Ue; “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei paesi quando il miele è stato raccolto fuori dai confini europei; “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, con l’indicazione dei nomi dei paesi quando si tratta di un mix di miele europeo ed extracomunitario.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Secondo un’indagine dell’Irccs Neuromed, consumando elevate quantità di cibi ultra-processati le persone diventano biologicamente più vecchie rispetto all’età cronologica.
Il 2019 per gli apicoltori europei sarà ricordato come un anno nero. Le associazioni di produttori di miele: “Colpa dei cambiamenti climatici“.
Ricercatori australiani hanno osservato che il consumo quotidiano di verdure crucifere abbassa la pressione sanguigna, riducendo del 5 per cento il rischio di infarto o ictus.
Un’indagine dell’Istituto superiore di sanità rivela una scarsa aderenza degli italiani alla dieta mediterranea: “scelte sempre più occidentalizzate e globalizzate”.
Delicato, confortevole, profumato, il risotto zucca, latte e tartufo accoglie le delizie dell’autunno, scaldando il cuore come il focolare di un camino.
Secondo i risultati di uno studio su 39mila adulti francesi, un consumo di cibi ultra-processati è associato all’insonnia cronica.
Se ne è discusso a un evento a Roma, a partire dalla proposta di legge per andare oltre gli allevamenti intensivi. Gli interventi di produttori, medici, veterinari, studiosi e politici.
Il governo è al lavoro sul decreto “contaminazioni” per l’agricoltura biologica che prevede limiti di tolleranza più elevati per i residui accidentali. Un testo che fa discutere.