Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Mai così alto il numero di migranti morti nel Mediterraneo
Il numero di migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa ha toccato un livello record nel 2015: le vite spezzate sono 3.771.
Le cifre rivelate dall’International Organisation for Migration sono agghiaccianti: solamente nel 2015, sono 3.771 i migranti morti nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee. Il dato – in netta crescita rispetto al 2014, quando a perdere la vita furono 3.279 persone – non era mai stato così alto.
Nell’anno in cui il numero di arrivi alle frontiere dell’Ue ha superato il milione (cinque volte di più rispetto ai circa 219 mila migranti registrati nel 2014), il bacino che separa il Vecchio Continente dall’Africa e dal Medio Oriente si conferma dunque un crocevia segnato da innumerevoli tragedie. Culminate nell’ecatombe di aprile, quando una nave con ammassate a bordo ottocento persone, partita dalla Libia, naufragò restituendo solamente ventotto sopravvissuti, che furono tratti in salvo e portati in Italia. È nel Mediterraneo centrale, infatti, che si è concentrata la maggior parte delle morti, circa il 77 per cento del totale, pari a quasi 2.900 casi. Nella porzione orientale del bacino, invece, il dato supera quota ottocento: tra di loro, anche una bambina di quattro anni, deceduta nelle ultime ore dell’anno nei pressi dell’Isola di Lesbo, in Grecia.
Ma al macabro totale di chi non ha superato il viaggio verso l’Europa – per la maggior parte profughi siriani, iracheni o afghani – occorre aggiungere coloro che hanno perso la vita nel Sud-Est asiatico. In particolare nel Golfo del Bengala, in India, e attorno a Malesia e Tailandia, dove circa ottocento persone sono morte nel 2015. Altre 330 non sono sopravvissute al tentativo di attraversare il confine tra il Messico e gli Stati Uniti.
“Di fronte ad un numero di migranti morti così elevato non ci sono scuse – ha tuonato William Lacy Swing, direttore generale dell’Iom -. Queste persone erano profughi o persone disperate che scappano dalla fame e dalla povertà. Sappiamo che nella maggior parte di casi queste migrazioni non sono volontarie: chi lascia la propria casa semplicemente non ha altra scelta. La comunità internazionale deve agire immediatamente per bloccare questa escalation”.
Per farlo, però, occorre un cambiamento di mentalità: “Una delle principali sfide dei prossimi anni – prosegue Swing – sarà quella di abbandonare l’attuale assurda narrativa sulle migrazioni. Occorre comprendere che queste ultime sono in larghissima maggioranza utili e positive per chi accoglie”.
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