Paesi sicuri per i migranti: il governo risponde con un decreto dopo il caso Albania

Dopo la non convalida dei trattenimenti dei 12 migranti di Egitto e Bangladesh, l’elenco dei Paesi sicuri viene definito per legge.

  • Il governo interviene con un decreto dopo il mancato trattenimento dei migranti nei centri in Albania.
  • D’ora in poi la lista dei Paesi sicuri verrà stabilita per legge, e soggetta a modifiche una volta l’anno.
  • Ancora attacchi alla magistratura: “Forse la sentenza della Corte di Giustizia Ue non è stata compresa bene”.

La lista dei Paesi considerati sicuri dall’Italia, che determina chi ha diritto a fare domanda di protezione e chi invece deve essere rimpatriato, d’ora in poi sarà determinata per legge, e non semplicemente attraverso un decreto ministeriale della Farnesina come era finora. È la risposta del governo italiano alla decisione del Tribunale di Roma, che l’altro giorno non aveva convalidato il trattenimento nei centri costruiti in Albania di 12 migranti, del Bangladesh e dell’Egitto. Il Tribunale di Roma aveva stabilito, applicando la sentenza 406/22 della Corte di Giustizia europea, che Bangladesh ed Egitto non potevano considerarsi Paesi completamente sicuri per determinate categorie di persone o per via di situazioni particolari in alcune delle loro regioni.

Bangladesh ed Egitto restano “paesi sicuri”

Con un decreto legge, che ora dovrà essere convertito in legge dal Parlamento, il governo ha stabilito che sono 19 i Paesi di emigrazione da considerare sicuri: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Rispetto all’elenco precedente, ci sono ancora Bangladesh ed Egitto. Mancano invece Camerun, Colombia e Nigeria perché, secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, “questi paesi non garantiscono una continuità territoriale”: in sostanza, alcune parti di questi paesi sfuggono al controllo del governo centrale.

Elevando l’elenco dei Paesi sicuri a rango di legge “speriamo di evitare ulteriori discussioni sulla sua fondatezza, posto che annualmente sarà sottoposto a revisione” ha spiegato in conferenza stampa il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Di fatto, le norme europee rimangono di rango superiore a quelle nazionali, ma il governo spera che d’ora in poi sarà più complicato per un giudice non convalidare i trattenimenti, a meno di investire del caso la Corte Costituzionale con tempi però decisamente più lunghi. In realtà, magari meno a cuor leggero, sarà ancora possibile per un giudice disporre la non convalida. Entro il giugno del 2026, poi, dovrebbe entrare in vigore la nuova normativa europea che uniformerà l’elenco dei paesi sicuri, oggi diverso per ognuno dei 27 stati membri, sulla scorta del nuovo Patto migrazione e asilo.  

L’altra versione sulla sentenza della Corte Ue

Lo stesso Nordio però è tornato a criticare la magistratura, come già fatto in questi giorni, affermando che la stessa sentenza della Corte di Giustizia Ue “forse non è stata ben compresa, perché scritta in francese e molto complessa: oltre a ribadire il principio che è compito dello stato definire il concetto di stato sicuro, la Corte dice che i giudici devono dare ragione in maniera esaustiva e completa del caso di specie per cui ogni singolo individuo in quel paese non è ritenuto al sicuro. Cosa che il Tribunale di Roma non ha fatto”. In pratica il Tribunale di Roma avrebbe dovuto motivare in brevissimo tempo i pericoli corsi in patria da ciascuno dei 12 cittadini di Bangladesh ed Egitto, sulla base dei percorsi di vita di ciascuno di essi, quando solitamente sono necessari mesi per indagare a fondo, con colloqui e altre procedure, la condizione della singola persona.

Ammesso poi che le nazionalità siano davvero quelle: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato infatti che i bengalesi ed egiziani portati in Albania “sono sedicenti tali, di cittadinanza incerta: la loro provenienza è dichiarata da loro stessi, e non c’è alcuna prova, alcun documento che lo attesti”. A questo punto però, risulta a maggior ragione impossibile per il Tribunale ricostruire, in così poco tempo e in modo credibile la vita di ciascuno di loro. I ministri hanno confermato di fatto il costo stimato del viaggio di andata e (tra poco) ritorno in Albania della nave della Marina Militare con a bordo i 16 migranti, poi diventati 12: circa 800 milioni di euro. Ma Piantedosi ha replicato a chi reputa l’impresa una spreco di denaro pubblico che “allora vi daremo conto di quanto ci costa il sistema di accoglienza (che però andrebbe considerato un investimento più che una spesa, ndr) e i trasferimenti dei migranti sul territorio italiano” dopo gli sbarchi, ovvero 1,78 miliardi di euro l’anno”.

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