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Milano pride 2019, i diritti Lgbtq sono diritti per tutti. Le foto della parata
Che la parola “pride” sia associata all’orgoglio Lgbtq è un fatto abbastanza recente. Fino a mezzo secolo fa, precisamente nella notte tra il 27 e 28 giugno 1969, non esisteva ancora un movimento organizzato per affermare e sostenere, con orgoglio, il diritto alla libertà sessuale, nemmeno negli Stati Uniti. In quelle ore, donne, uomini, trans e queer frequentatori dello
Che la parola “pride” sia associata all’orgoglio Lgbtq è un fatto abbastanza recente. Fino a mezzo secolo fa, precisamente nella notte tra il 27 e 28 giugno 1969, non esisteva ancora un movimento organizzato per affermare e sostenere, con orgoglio, il diritto alla libertà sessuale, nemmeno negli Stati Uniti. In quelle ore, donne, uomini, trans e queer frequentatori dello Stonewall inn, punto di ritrovo Lgbtq a New York allora come adesso, si ribellarono a una delle tante retate della polizia – definita illegittima anche dall’attuale capo delle forze dell’ordine newyorkesi – rifiutandosi per la prima volta di essere arrestati solo perché stavano esprimendo liberamente la loro identità.
I moti di Stonewall permisero a questa comunità di capire, finalmente, quello che poteva ottenere unendo le forze, e gettarono il seme delle vittorie a favore dell’uguaglianza raggiunte da quel momento in poi. È anche grazie a questo evento storico che la partecipazione alle parate annuali in tutto il mondo per il mese del pride (giugno, in onore dei moti) è sempre più sentita e numerosa, soprattutto quest’anno, quello del 50esimo anniversario. Ed è anche grazie ai moti che la parata del Milano pride del 29 giugno, a oltre 6mila chilometri di distanza dallo Stonewall inn, è stata la più grande di sempre nel capoluogo lombardo.
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Milano pride 2019, una parata nel segno dell’inclusione
300mila persone, secondo gli organizzatori, hanno sfidato il caldo soffocante per manifestare a nome dell’inclusione, popolando le vie tra piazza Duca d’Aosta – piazzale della Stazione Centrale e punto di partenza del corteo – passando per corso Buenos Aires e arrivando in piazza Oberdan, nel cuore del quartiere gay di Porta Venezia. Qui il grande concerto finale ha visto esibirsi Baby K, Levante e Bianca Atzei, e salire sul palco anche Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, e Gianmarco Negri, primo sindaco trans d’Italia. Zone solitamente popolate dalle folle dello shopping nel fine settimana sono state invase dai colori, dalla gioia, dagli striscioni “love is love” (l’amore è amore”) e dal canto “la prima volta fu rivolta“, in riferimento a Stonewall.
A unire questa fiumana di gente non è stata solo la solidarietà nei confronti dei diritti Lgbtq, ma di tutte le minoranze, e quindi il desiderio di affermare i valori dell’inclusione e della lotta alla discriminazione celebrando tutte le forme di diversità, non solo quelle legate all’orientamento sessuale. Infatti un carro era dedicato ai migranti e sfoggiava uno striscione con scritto “grazie Carola” in diverse lingue, in sostegno del capitano della nave Sea Watch 3, Carola Rackete, che proprio il giorno prima aveva portato in salvo 43 migranti facendoli sbarcare a Lampedusa. Presenti anche i ragazzi attivisti per il clima di Fridays for future con uno striscione che ha unito provocatoriamente un tema ambientale, l’inquinamento da plastica, con quello della libertà sessuale.
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Tutto il meglio della Milano pride week
“La cosa bella del pride degli ultimi anni, ma in particolare di quest’anno, è l’attenzione a tematiche non solo dei diritti Lgbtq, ma anche umani in generale”, questo il commento di Luca Paladini, attivista per i diritti gay e fondatore de I Sentinelli. Nonostante non siano mancate voci discordanti, la città nel complesso ha colto l’occasione della Milano pride week (21-30 giugno) per esprimere la sua anima partecipativa, inclusiva e solidale nei confronti di tutti. Il momento clou è stato sicuramente la parata del 29 giugno, ma la città ha voluto onorare l’anniversario di Stonewall anche con una fiaccolata in Porta Venezia la sera precedente e ha inaugurato la prima panchina arcobaleno in piazzale Lavater con il patrocinio del Comune, che ha mostrato la sua solidarietà illuminando la facciata della sede di Palazzo Marino con i colori “rainbow”.
A sostenere gli eventi della settimana milanese dedicata al pride c’erano, oltre a molte associazioni e alle istituzioni, una sessantina di aziende sponsor, alcune delle quali hanno sfilato alla parata con un loro carro. La presenza “corporate”, considerata scomoda per alcuni, non ha interessato solo Milano ma anche gli eventi ufficiali del World pride quest’anno ospitato da New York, dove la parata ufficiale si è tenuta il 30 giugno in concomitanza con una contromarca, la Queer liberation march, depurata invece dalla presenza di marchi.
Dai moti di Stonewall a oggi, la lotta continua
Se ormai anche molte aziende si espongono a sostegno dei diritti Lgbtq è un chiaro segnale che questo tema è sempre più normalizzato e accettato dalla società. Però la strada verso l’uguaglianza è ancora molto lunga. Sono ancora pochi i paesi dove i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono permessi. Partendo dal 2001, quando i Paesi Bassi diventarono la prima nazione a legalizzarli, oggi sono 28 – con Austria, Ecuador e Taiwan che si sono aggiunti alla lista quest’anno – e sono invece 14 gli stati in cui sono consentite le unioni civili, tra cui l’Italia. Molti di più, invece, i paesi in cui sono criminalizzate le relazioni tra persone dello stesso sesso: 68. In nove sono inoltre punibili le forme di espressione transgender (ovvero quelle identità di genere diverse dal sesso assegnato).
L’anno del 50esimo anniversario di Stonewall sono stati fatti dei passi avanti importanti, con Angola, Botswana e Bhutan che hanno legalizzato le relazioni omosessuali, ma anche indietro. La Corte Suprema del Kenya ha deciso di non abolire le leggi discriminatorie nei confronti dei cittadini Lgbtq, e il Brunei si è tirato indietro dall’istituire la pena di morte per le relazioni tra uomini solo dopo fortissime pressioni internazionali. Altro caso eclatante è quello degli Stati Uniti, che hanno ospitato il World pride per la prima volta, dove l’amministrazione Trump si è accanita sopratutto nei confronti dei diritti transgender. Vietando alle persone transgender di servire nelle forze armate e negando agli studenti trans protezioni contro la discriminazione a scuola. Non solo, è intenta anche a rimuovere protezioni contro la discriminazione nell’accesso alle cure mediche, impedendo a 1,4 milioni di statunitensi di riconoscersi nel genere trans.
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I protagonisti dei moti di Stonewall hanno ispirato generazioni di giovani attivisti, al loro coraggio sono dovuti i progressi che ci hanno avvicinato finora a una reale uguaglianza tra cittadini. Manifestazioni come la parata del Milano pride dimostrano che questo coraggio è ancora vivo e in grado di alimentare un senso di solidarietà nei confronti del prossimo, chiunque esso sia. Secondo alcuni racconti, Sylvia Rivera, una donna transgender, ha urlato “it’s a revolution” quella notte allo Stonewall inn. Anche oggi serve una sommossa; non violenta, ma delle coscienze, per costruire una cultura in cui la diversità venga rispettata e celebrata. Perché non è una minaccia, anzi, è una grande ricchezza di cui non possiamo fare a meno.
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