13 anni e due mesi è la sentenza in primo grado per l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Come si è arrivati a questa condanna, da molti definita politica?
L’ex sindaco di Riace Domenico Lucano, detto Mimmo, è stato condannato a 13 anni e due mesi. Lucano era finito nel registro degli indagati nel 2018 per associazione a delinquere nell’ambito delle politiche di accoglienza implementate nel corso di due decenni nel paesino calabrese, un tempo disabitato e poi ripopolato di migranti in quello che è divenuto noto in tutto il mondo come modello Riace. I giudici del tribunale di Locri hanno quasi raddoppiato le richieste dell’accusa, che si fermavano a sette anni e 11 mesi di carcere. La sentenza, di primo grado, ha causato le proteste di larghe fette della politica e della società civile, che continuano a vedere in Lucano un simbolo dell’accoglienza che funziona.
Riace, modello di accoglienza
Riace negli anni Novanta era un paese fantasma. L’area costiera del comune in realtà manteneva un’aria più frizzante, soprattutto durante la stagione estiva, ma per la frazione alta nell’entroterra la fuga di residenti sembrava arrivata a un punto di non ritorno. Nel 1998 un barcone carico di curdi sbarcò proprio sulla spiaggia del comune e da lì la storia di Riace cambiò: le associazioni locali corsero a offrire assistenza a queste persone che vennero ospitate nelle case vuote del paese.
Sembrava dovesse essere una cosa temporanea, in realtà divenne un modello che si consolidò con il tempo. In paese arrivarono sempre più migranti e nacquero nuove cooperative che si occupavano di loro, come Città futura di Mimmo Lucano che, nel 2004, divenne sindaco di Riace. In pochi anni la popolazione del villaggio calabrese passòda 900 persone a duemila, le case vuote e abbandonate tornarono ad avere vita e si creò una microeconomia locale fatta di botteghe e servizi che giravano attorno all’alta presenza di immigrati.
Riace tornò a vivere, grazie anche ai fondi che arrivavano da Roma con il suo inserimento come primo comune italiano nel circuito Sprar, una forma di accoglienza basata sull’adesione volontaria dei comuni (affossata nel 2019 dai decreti sicurezza di Matteo Salvini e nel 2020 ripristinata). Mimmo Lucano è rimasto sindaco per tre mandati ma, proprio durante l’ultimo, sono cominciati i problemi. Alcuni attentati della criminalità organizzata alle sue proprietà, poi il blocco dei finanziamenti ministeriali a causa di una valutazione negativa del sistema Riace fatta nel 2016 da un funzionario, smentita da valutazione successive. In parallelo, l’iscrizione del sindaco nel registro degli indagati.
Un lungo iter giudiziario di Mimmo Lucano
Nel 2017 Mimmo Lucano viene indagato per abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata. Nel 2018 è aperta ufficialmente l’inchiesta Xenia che porterà lo stesso anno all’arresto dell’ex sindaco, poi scarcerato ma colpito da divieto di soggiorno a Riace.
Secondo l’accusa, Lucano avrebbe organizzato nel tempo matrimoni di comodo tra cittadini italiani e stranieri per aggirare la normativa sulla cittadinanza, qualcosa che ricade nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inoltre, avrebbe affidato i servizi di raccolta rifiuti a due cooperative del paese senza passare dall’apposito bando obbligatorio. Infine altri problemi sorgevano in relazione agli alloggi dove erano ospitati i migranti, secondo l’accusa non conformi agli standard di abitabilità nonostante l’ex sindaco avesse firmato per la loro idoneità, in quello che sarebbe reato di truffa.
Lucano, quanto meno secondo l’accusa, sarebbe insomma stato a capo di un’associazione a delinquere che commetteva delitti contro la pubblica amministrazione e avrebbe fatto tutto questo per ottenere un guadagno in termini di potere politico-elettorale. Davanti a ciò, il pm ha chiesto una condanna a sette anni e 11 mesi di prigione. Nelle scorse ore i giudici del tribunale di Locri hanno però quasi raddoppiato la pena nella sentenza di primo grado: l’ex sindaco di Riace è stato condannato a 13 anni e due mesi per associazione a delinquere finalizzata ad abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Un processo politico?
Mimmo Lucano nel tempo era diventato un’icona dell’accoglienza e della solidarietà. A Riace ci era andato perfino il regista Wim Wenders per girare un film, mentre l’ex sindaco nel 2016 era stato inserito nella classifica delle 50 persone più influenti del mondo di Fortune. Un modello apprezzato più all’estero che in Italia, dove invece la politica sovranista ha sempre puntato il dito contro di lui e oggi festeggia per la sentenza.
Caro fratello e compagno #MimmoLucano, prendersi cura delle vittime di leggi disumane è una missione di vita per te. Questo pone a volte nella scomoda ma necessaria posizione di varcare il Rubicone della disubbidienza civile. Al tuo fianco sempre! Ci vediamo domani ore 16 a Riace pic.twitter.com/zPWoWvuVWl
Un’altra parte della politica, il mondo del terzo settore e larghe fette della società civili sono invece esterrefatti per quello che è stato deciso dai giudici del tribunale di Locri. In questi anni numerose perizie e sentenze hanno smontato le accuse rivolte a Lucano: la Cassazione per esempio ha sottolineato che mancano indizi di comportamenti fraudolenti e, anzi, nella parte della gestione dei rifiuti evidenzia la validità della procedura dell’ex sindaco; anche il Consiglio di stato aveva definito un errore l’affossamento del modello Riace. Elementi che però non hanno influenzato l’inchiesta del tribunale Locri che è andata avanti fino al pesante esito, in primo grado, di queste ore.
Non saprei nemmeno da che parte iniziare: la Cassazione di fatto aveva già duramente smontato l'impianto accusatorio;…
Molti lo hanno definito un processo politico a un’idea di società aperta e accogliente più che a un presunto criminale che avrebbe commesso reati per tornaconti personali. E che fino a ora ha continuato a vivere in povertà, senza smettere di stare al fianco degli ultimi anche dopo il decadimento della carica di sindaco.
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