Mentre anche a ottobre le immatricolazioni auto calano, con l’elettrico fermo al 4%, l’offerta cresce, con modelli come Opel Grandland che offrono fino a 700 km di autonomia.
Mobilità elettrica e sviluppo sostenibile: un’unione perfetta
Nei paesi in via di sviluppo la mobilità elettrica ha anche un valore sociale, perché offre soluzioni semplici, economiche e sostenibili per spostarsi.
Riduce le emissioni di gas serra climalteranti, abbatte l’inquinamento acustico, evita l’impiego di combustibili fossili, non contribuisce all’inquinamento atmosferico (che, ricordano l’Agenzia europea per l’ambiente e l’Oms, è il più grave rischio ambientale per la salute in Europa). I benefici della mobilità elettrica per l’ambiente e la salute sono innumerevoli, ma non sono gli unici. Questo nuovo modello può avere un impatto positivo anche per la qualità della vita delle persone, offrendo loro soluzioni semplici, economiche e sostenibili per spostarsi. Soluzioni che, nei Paesi in via di sviluppo, possono avere un potenziale davvero rivoluzionario. A farne una panoramica è il report Electric Mobility & Development pubblicato dalla Banca mondiale insieme all’Associazione internazionale del trasporto pubblico (Uitp).
Geografia della mobilità elettrica
A sentir parlare delle feature tecnologiche sempre più avanzate di cui sono dotati i veicoli elettrici, verrebbe da pensare che siano alla portata solo dei paesi più ricchi. Ma questo è vero solo in parte. Come riporta il Global Ev Outlook pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), le auto elettriche in circolazione nel 2019 erano 7,2 milioni, il 47 per cento delle quali nelle strade cinesi. Nove i Paesi che hanno superato la “soglia psicologica” delle 100mila auto elettriche: oltre alla già citata Cina, anche Canada, Francia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti.
Ma i trend nazionali non sono isolati, specificano Banca mondiale e Uitp. È vero che i paesi industrializzati sono di solito i primi a introdurre le nuove tecnologie, ma è vero anche che hanno un effetto a catena sui paesi in via di sviluppo, che di solito sono importatori. È il caso di Giordania e Ucraina, dove si è creato un discreto mercato dell’usato elettrico.
Cosa ancora più promettente, la mobilità elettrica è un mondo molto più vasto rispetto a quello della classica auto privata. E proprio nelle comunità a basso reddito si stanno affermando i veicoli a due o tre ruote. Semplici, ma particolarmente interessanti perché “eleganti, a buon mercato e davvero sostenibili”. Il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite ha già avviato un progetto per introdurli in vari paesi asiatici e africani, rimpiazzando i modelli obsoleti in circolazione, ben più inquinanti e costosi.
Ai governi spetta il compito di preparare il terreno per il loro sviluppo, lavorando in termini di fiscalità, regolamentazioni, infrastrutture di ricarica e tutela degli utenti. Questi esperimenti pionieristici, infatti, possono dare il “la” a programmi di mobilità elettrica ben più ampi e sofisticati.
I Safa Tempo corrono per le strade di Katmandu
Il Nepal ci offre un ottimo esempio di quanto la mobilità elettrica possa rivelarsi efficace e sostenibile, anche senza investimenti milionari o tecnologie all’avanguardia. Il piccolo stato montuoso dell’Asia meridionale, infatti, importa il suo intero fabbisogno di combustibili fossili per mezzo di autocisterne. Quando tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta è crollata la disponibilità di carburante, gli ingegneri locali si sono messi all’opera per cercare un’alternativa.
Grazie all’intervento del Global resources institute (Gri), assistito dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), nel 1993 hanno fatto il loro debutto i Safa Tempo: vecchi mezzi pubblici a tre ruote trasformati in elettrici. Oggi nella valle di Katmandu ne sono registrati 714. Ciascun Safa Tempo viene assemblato in loco, usando componenti importati dagli Usa e dall’India, e impiega due set di batterie intercambiabili manualmente. I Safa Tempo sono operativi dalle 7.30 del mattino alle 8 di sera e in media trasportano oltre 90mila passeggeri al giorno. Il biglietto per percorrere 4 km costa 14 rupie nepalesi (10 centesimi di euro), una cifra accessibile per la maggioranza della popolazione.
L’empowerment femminile viaggia su tre ruote
Era la fine degli anni Novanta quando le prime sette donne hanno deciso di acquistare i loro Safa Tempo e gestirli in proprio. Oggi la rappresentanza femminile è di tutto rispetto: 775 donne su 1.302 autisti (tra part time e full time). 210 quelle che sono anche proprietarie dei veicoli che guidano. Come spiega il report di Banca mondiale e Uitp, il reddito medio per quest’impiego si aggira sulle 12mila rupie nepalesi (86 euro), una cifra di tutto rispetto per gli standard locali. Tant’è che spesso lo stipendio delle autiste è il più consistente in famiglia.
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