La nostra selezione periodica di marchi responsabili nei confronti dell’ambiente e dei lavoratori.
Come costruire un futuro sostenibile, quindi migliore, per la moda
Le aziende di moda sostenibile devono lavorare sull’integrazione di etica, estetica ed innovazione. Parole chiave come tracciabilità, circolarità e consumo collaborativo iniziano a scuotere il settore, in positivo.
La moda sostenibile è diventata di interesse comune principalmente in seguito al terribile disastro del Rana Plaza del 24 aprile 2013, in Bangladesh, e alle diverse notizie di sfruttamento dei lavoratori nelle fabbriche che continuano a rappresentare un campanello d’allarme per l’industria della moda. Nella maggior parte delle discussioni su questo tema mancano però ancora competenze adeguate e un linguaggio condiviso.
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Il significato di moda sostenibile
La moda è uno dei settori più rilevanti nel panorama economico mondiale. Purtroppo è anche uno dei settori più inquinanti, con pesanti impatti sociali e ambientali dovuti a lavoro minorile e condizioni di lavoro rischiose, emissione di sostanze inquinanti, consumo di acqua ed energia.
Le imprese responsabili del settore moda si pongono l’obiettivo di integrare etica, estetica ed innovazione responsabile lungo la catena del valore, in ogni attività, dall’approvvigionamento delle materie prime ai servizi offerti dopo la vendita del prodotto.
L’innovazione responsabile è un’esigenza
L’innovazione responsabile viene definita come l’innovazione – legata al prodotto, al servizio o in modo più completo al modello di business – che permette di ridurre l’impatto dei processi aziendali sull’ambiente e di creare un equilibrio migliore con tutte le persone coinvolte nelle attività aziendali.
I modelli di business innovativi ridefiniscono il ruolo dei consumatori, che diventano più attivi rispetto al passato, riportando ad esempio in negozio il prodotto a fine uso affinché sia riciclato o valorizzato per dar vita ad un nuovo capo.
Fattori di cambiamento per l’industria della moda
I principali fattori che attivano e promuovono il cambiamento verso una moda più sostenibile possono essere individuati nella tracciabilità di filiera, nell’approccio circolare e nell’economia collaborativa.
Tracciabilità di filiera
La tracciabilità delle filiere consente alle imprese di monitorare i materiali e i prodotti e le condizioni in cui sono stati realizzati e trasformati attraverso l’intera catena del valore. Una partnership di filiera d’eccellenza è ad esempio quella tra le due aziende italiane Dondup e Candiani Denim, nata per realizzare il jeans sostenibile D/Zero fatto in Italia. Dondup ha scelto Candiani Denim, azienda riconosciuta per essere “the greenest mill in the blue world”, come fornitore esclusivo di un innovativo ingrediente sostenibile, che consente una riduzione importante dell’impatto ambientale. In particolare dimezzamento dell’utilizzo di acqua per la produzione del tessuto; meno 70 per cento circa di utilizzo di prodotti chimici per la produzione del tessuto; meno 75 per cento, di media, di utilizzo di acqua per i lavaggi utilizzati; meno 20 per cento, di media, di utilizzo di prodotti chimici per i lavaggi utilizzati.
Approccio circolare nella moda
Il modello dominante nell’attuale produzione industriale viene definito “dalla culla alla tomba” essendo un processo lineare e unidirezionale in cui le risorse vengono estratte dal pianeta ed entrano nel ciclo di produzione di un bene che viene venduto, utilizzato ed eliminato a fine vita, depositandolo in quella che potrebbe essere definita una “tomba”, generalmente un cumulo di spazzatura o un inceneritore.
I progetti e le certificazioni “dalla culla alla culla” mirano a creare un ciclo chiuso che non si conclude con l’eliminazione del prodotto, ma lo rigenera trasformandolo in un fattore nutriente immesso nuovamente nel ciclo biologico o tecnico senza alcuno spreco di energia o materiali.
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Come casi esemplari si possono citare diverse collaborazioni aziendali e alcuni marchi emergenti che applicano l’approccio circolare al settore moda.
Salvatore Ferragamo e Orange Fiber hanno realizzato ad esempio la prima collezione con tessuti ricavati dai sottoprodotti della spremitura delle arance. Stella McCartney ha scelto i filati di poliammide rigenerata Econyl come materiale per il rivestimento interno di tutte le borse Falabella e per i capispalla.
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Wrad propone la maglietta Graphi-tee come primo passo verso l’implementazione delle dinamiche dell’economia circolare nella moda. Risultato di tre anni di ricerca e sviluppo, il capo viene tinto o stampato valorizzando la polvere di grafite, prodotto di scarto non tossico di specifiche industrie tecnologiche.
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Infine Progetto Quid è un’impresa sociale che offre un’opportunità di lavoro sicuro a persone vulnerabili – soprattutto donne – che hanno combattuto e superato situazioni difficili a livello personale o sociale, coinvolgendole nella produzione di capi di moda etica.
Economia collaborativa
Molte aziende hanno applicato la logica dell’economia collaborativa alla moda, avviando il fenomeno definito Collaborative fashion consumption (Cfc), che consiste nella valorizzazione di nuovi modelli di consumo basati sulla condivisione, esattamente come il car sharing o il bike sharing nella mobilità sostenibile.
Cfc promuove un modello di fruizione della moda in cui i consumatori, invece di acquistare capi di abbigliamento, hanno accesso a capi già esistenti mediante opportunità alternative per l’acquisizione della proprietà personale (donazione, scambio, seconda mano) o attraverso opzioni di utilizzo di articoli di proprietà altrui (condivisione, prestito, affitto o noleggio).
A livello globale stanno crescendo realtà come la statunitense Rent the Runway, per il noleggio di indumenti, abiti e accessori o Vestiaire Collective, il marketplace online nato in Francia nel 2009 come sito di social shopping per la compravendita di articoli di moda di seconda mano.
La sostenibilità nella moda non si limita agli abiti realizzati in bambù e canapa. E non si tratta solo di avere una coscienza sociale. Il grande potenziale della moda sostenibile consiste nella capacità di integrare etica, estetica ed innovazione in tutte le attività della catena del valore: la presenza di numerose startup nate con questo dna ci fa ben sperare in un futuro migliore per la moda.
Immagine di copertina: illustrazione di Francesca Mariani
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