Parigi dice di no a eventi pubblici, fan-zone e maxi-schermi in occasione dei mondiali in Qatar.
La capitale è la settima francese a prendere una decisione del genere.
Nel mirino il mancato rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte dell’emirato.
L’ultima in ordine di tempo è stata Parigi, la capitale francese, e ora si può affermare chiaramente: le maggiori città d’oltralpe non allestiranno aree per tifosi e maxi-schermi nelle piazze per seguire le avventure della propria nazionale ai mondiali di calcio in Qatar.
Di certo incidono l’inedita collocazione invernale del torneo, che non renderebbe troppo piacevole vedere le partite di sera all’aperto, e probabilmente anche i costi dell’elettricità alle stelle: ma ufficialmente quella di sette città francesi è una presa di posizione contro il mancato rispetto dei diritti umani e ambientali da parte del governo qatarino, nell’organizzazione del torneo e non solo.
L’assessore allo Sport di Parigi, Pierre Rabadan, ha annunciato infatti che Parigi non allestirà spazi per tifare les bleus ai mondiali, perché “le condizioni ambientali e sociali di questo tipo di eventi non sono il modello che vogliamo promuovere”. Certo, ha ammesso Rabadan, conta anche il periodo dell’anno in cui si svolge il torneo: “Non ci è sembrato opportuno poi creare fan-zone per i mesi di novembre e dicembre”. Per i mondiali di Russia del 2018, spiega ActuParis, non deve aver pesato moltissimo, l’installazione della fan zone al Champ-de-Mars era costata poco meno di un milione di euro.
— Les Écologistes – Ville de Paris (@ecoloParis) October 3, 2022
Anche a scapito delle relazioni franco-qatariote
Questa sorta di boicottaggio di Parigi era stata fortemente caldeggiata da numerosi gruppi di attivisti, che oltre a ricordare gli almeno 6.500 morti tra gli operai impegnati dal 2010 a oggi nella costruzione di impianti e strade per i mondiali, avevano stimato che “il torneo causerà 3,6 milioni di tonnellate di CO2, circa il 70 per cento in più delle emissioni avute nel mondiale di Russia 2018”.
Curioso il fatto che Parigi sia anche la città del Paris Saint-Germain (Psg), club calcistico stellare di proprietà di Nasser Al-Khelaïfi, imprenditore qatariota considerato molto vicino all’emiro Tamim ben Hamad Al Thani e che peraltro, secondo una inchiesta di Libération, avrebbe avuto anche un ruolo poco chiaro nell’assegnazione del mondiale al Qatar da parte della Fifa. Lo stesso Paris Saint Germain porta sulle maglie il logo della Qatar Airways, compagnia di bandiera dell’emirato di Doha. “Abbiamo ottimi rapporti con la proprietà del Psg – ha sottolineato l’assessore Rabadan – e la decisione di non installare fan-zone non va considerato un boicottaggio”.
Anche Strasburgo dice no ai maxi-schermi
Fatto sta che la decisione presa dalla Giunta della Ville Lumiere segue quella di altre sei tra le principali città francesi, quali Marsiglia, Bordeaux, Nancy, Reims, Strasburgo e Lille. In molti casi, all’annuncio del no a fan-zone e maxischermi sono seguite prese di posizione molto dure da parte dei sindaci in questione. Particolarmente simboliche le parole della sindaca di Strasburgo, sede della Corte europea dei diritti dell’uomo: secondo la prima cittadina Jeanne Barseghian “è impossibile per noi ignorare i numerosi riscontri di abusi e sfruttamento dei lavoratori migranti. Non possiamo perdonare questi abusi, non possiamo chiudere un occhio quando i diritti umani vengono violati”.
We cannot condone these abuses, we cannot turn a blind eye when human rights are violated", asserted Jeanne Barseghian, the mayor of Strasbourg. https://t.co/i5626Zcrtm
Ma Barseghian ha anche espresso preoccupazione per l’impatto ambientale della kermesse. “Mentre i cambiamenti climatici sono ormai una realtà palpabile, organizzare un torneo di calcio nel deserto sfida il buon senso ed equivale a un disastro ecologico“. Un po’ come quando, ai mondiali in Brasile del 2014, si disputarono partite nel cuore dell’Amazzonia.
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