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Monopattini elettrici in sharing, la micromobilità alla conquista delle città
La Conferenza nazionale sulla sharing mobility ha messo a confronto Bird, Lime e Dott, tre fra i principali operatori di monopattini elettrici condivisi
Dalla California all’Italia, quello che sembrava un oggetto vintage destinato a pochi si è trasformato nel veicolo più rivoluzionario e discusso della mobilità urbana condivisa. I monopattini elettrici stanno rapidamente scalando gli indici di gradimento degli utenti di molte nostre città. Tra nuove esigenze di mobilità, proposte alla clientela sempre più variegate, sicurezza e infrastrutture necessarie, il tema è stato al centro del sesto evento della Conferenza nazionale sulla sharing mobility, che ha messo a confronto tre dei maggiori operatori presenti sul mercato continentale.
Giulio Del Balzo ha raccontato l’esperienza di Bird, nata tre anni fa a Santa Monica e attiva in oltre cento città del mondo, sei delle quali (Pesaro, Torino, Roma, Verona, Rimini e Milano) italiane, con una flotta di circa cinquemila veicoli. Alessio Raccagna ha descritto i progetti di Lime, fondata nel 2017 nella West Coast statunitense e oggi presente in cinque continenti, 30 paesi e 120 città (Torino, Roma, Verona e Rimini in Italia, con circa tremila mezzi). Diversa è la storia di Dott che – come ha ricordato Andrea Giaretta – è nata nel 2018 in Europa e punta con decisione sul Vecchio Continente: si tratta di un’azienda di prodotto e non solo di servizi che ha sviluppato mezzi e tecnologie proprie, recentemente sbarcata a Torino, Milano e Roma con oltre duemila veicoli.
Il coronavirus e la nuova mobilità
L’emergenza coronavirus ha rappresentato per gli operatori del settore un importante banco di prova, soprattutto a causa del crollo dei flussi turistici. Eppure l’utilizzo dei monopattini in sharing è in costante ascesa, con numeri che si stanno già allineando a quelli di inizio anno. Per Bird la sfida è intercettare tutti coloro che non hanno mai provato a spostarsi con questo tipo di mezzi, “trasformando il 50 per cento degli spostamenti urbani al di sotto dei tre chilometri, ora quasi del tutto monopolizzato dalle automobili, in micro-mobilità leggera”. Peraltro dopo alcuni mesi difficili, come ha evidenziato Lime, “il quadro normativo italiano è diventato più chiaro, il che favorisce i piani di espansione in programma da tempo, prossimamente anche al Sud”. L’Italia peraltro, è il pensiero di Dott, “presenta delle caratteristiche molto favorevoli rispetto ad altre realtà come quelle climatiche, senza dimenticare la conformazione stessa delle città, molto adatta alla micro-mobilità”.
Più in generale, l’allarme sanitario legato al Covid-19 ha creato una situazione del tutto nuova, che probabilmente ha accelerato dei processi già in atto: dai dati dell’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility è emerso come gli italiani, in questo periodo di emergenza, preferiscano spostarsi con veicoli leggeri, monopattini o bici. Di conseguenza gli operatori puntano sempre più a intercettare cittadini che utilizzino quotidianamente questi servizi: Lime ha calcolato che a Roma questi nuovi “affezionati” siano riusciti a compensare l’assenza di turisti. Oltretutto, rispetto alla fase precedente il coronavirus, tutti gli operatori hanno registrato viaggi di durata maggiore e una minore intermodalità: se prima si usavano i monopattini insieme a un mezzo pubblico, ora si tende maggiormente a utilizzarli in via esclusiva.
“Ultimo miglio” ma non solo
Si parla spesso di questi mezzi in relazione alla mobilità “dell’ultimo miglio”, una soluzione per percorrere le distanze più brevi in integrazione con il trasporto pubblico. Per esempio da una ricerca di 6T, un centro studi francese, emerge che lo spostamento medio è di circa 15 minuti. Ma anche da questo punto di vista la situazione si sta evolvendo, rispetto a un utilizzo anche per tragitti più lunghi. Un veicolo di Bird, ad esempio, ha una percorrenza massima di oltre 55 chilometri: ma è facile prevedere che entro tre anni si arrivi fino a 90 chilometri. Le tecnologie presenti sul mercato stanno facendo passi da gigante e intorno ad esse si svilupperanno offerte di sharing mobility sempre nuove, un po’ come è avvenuto per la telefonia mobile. Evoluzione che – peraltro – è legata anche allo smaltimento dei vecchi veicoli, che possono essere sistemati e venduti sul mercato o riciclati nella stragrande maggioranza dei componenti.
Sicurezza, abbonamenti e parcheggi
I temi che si sono posti in questi primi mesi – e che si continueranno a porre nei prossimi – sono dunque molti, a cominciare da quello dei parcheggi. Dott, ad esempio, ha studiato una tecnologia che consente di monitorare h24 lo stato e la posizione dei veicoli: “In passato molti servizi di bike sharing hanno sacrificato tante bici perché non riuscivano a gestirle, mentre in questo modo garantiamo la massima durata possibile dei nostri monopattini”. A Milano oltretutto (unica città europea insieme a Parigi) l’azienda ha recentemente introdotto lo smart parking in centro, con spazi dedicati dove parcheggiare il proprio mezzo al termine dell’utilizzo: una soluzione che strizza l’occhio alla sicurezza e al decoro urbano, ma che “ovviamente richiede un investimento in termini di infrastrutture da parte delle città interessate”.
Lime ha inventato l’abbonamento “LimePass” per favorire i clienti abituali: “Li abbiamo adottati proprio per rispondere all’emergenza coronavirus e la risposta degli utenti italiani è stata ottima, tra le due e le tre volte superiore rispetto agli altri paesi”. Pensando a chi si approccia per la prima volta con questo tipo di mezzi, Bird ha invece introdotto la modalità “Warm Up”: “Abbiamo bisogno di utenti responsabili, così i veicoli inizialmente hanno una velocità massima inferiore alla norma, finché l’utente non abbia trovato dimestichezza con i nostri monopattini. Sempre in tema di sicurezza, tutti gli operatori concordano sull’importanza di chiarire agli utenti le regole di base (utilizzo singolo e non sui marciapiedi, occupando se possibile il lato destro della carreggiata) che però deve andare di pari passo con un impegno da parte dei Comuni per costruire le infrastrutture necessarie, a partire da corsie dedicate e parcheggi.
Le nuove sfide degli operatori del settore
Se questa prima fase ha evidenziato una gran voglia di micro-mobilità sostenibile degli italiani, ora bisognerà continuare lungo il percorso tracciato per evitare il fenomeno del “carmageddon”, un ritorno massivo all’automobile privata, magari già da settembre. Per Andrea Giaretta di Dott è necessario il controllo pubblico, a patto che non sia eccessivamente stringente: “Bisognerebbe procedere con bandi e manifestazioni di interesse che coinvolgano un numero limitato di operatori, privilegiando la numerosità della flotta e non la dispersione dei mezzi tra vari soggetti. Poi si dovrebbe selezionare gli operatori in base alla qualità dei veicoli e dei servizi, dei risultati conseguiti in altre città e dell’impegno nella manutenzione: è meglio fare prima la selezione e non lasciare che avvenga naturalmente”.
Ciò è ancora più importante nelle piccole città come Rimini e Pesaro, da cui è partita Bird: “Più è bassa la densità abitativa e più le regole sono importanti, soprattutto in relazione al numero di operatori presenti, perché il sistema deve essere in grado di tenersi in piedi da solo dal punto di vista economico”. Parlando invece di grandi città, Lime ambisce a proporre la “multi-modalità sostenibile”, insistendo su una gamma di alternative che spazia dai monopattini alle biciclette per “garantire un maggiore possibilità di scelta e intercettare una fetta sempre più ampia di popolazione”.
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