L’albero potrebbe avere fino a mille anni, ma è stato scoperto solo dal 2009, dopo la segnalazione di una band della zona, che ora gli dedicherà un brano.
La montagna sacra degli atei, dei religiosi e degli sportivi
Un comitato di amanti della montagna ha proposto che il Monveso di Forzo diventi la montagna sacra d’Italia: una vetta accettata e riconosciuta come inaccessibile, consacrata alla natura, e da cui escludere ogni presenza umana.
Nel 2022 il Parco nazionale del Gran Paradiso ha compiuto 100 anni, e il monte scelto per diventare la montagna sacra d’Italia, proposto da un comitato di amanti della montagna, si trova proprio nel suo cuore, sul confine tra i versanti piemontese e valdostano del Parco. Il Monveso di Forzo (3.322 metri) è una montagna fatta esattamente come la disegnavamo da bambini, dritta e a punta, e, di per sé, non ampiamente frequentata. Il progetto privo di costi, non invita al divieto, bensì ad un intento comune, un tacito accordo tra essere umano e natura, dove, per una volta, l’uomo china il capo, e si ferma davanti alla magnificenza di una montagna, non tenta di conquistarla, né di utilizzarla a suo piacimento.
Il motivo? Si vuole mandare un messaggio di responsabilità, nuovo e dirompente, per la tutela della natura: riconoscere la sacralità di un luogo, non da intendersi come concetto necessariamente religioso, ma che porterebbe nel cuore di ognuno di noi un sentimento che con i secoli è stato perso, un sentimento di rispetto e reverenza verso la natura. O il “creato” per usare un’espressione dalla matrice cattolica. Non a caso, secondo le antiche religioni, erano proprio gli elementi naturali ad essere divini: Elios, il dio sole, Eolo, il dio del vento, Poseidone, il dio dei mari, Demetra la dea della natura e dei raccolti. È interessante come finché questi dei erano venerati, lo erano anche gli elementi naturali corrispettivi, e di conseguenza, tutelati.
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Oggi siamo ben lontani dal venerare gli elementi naturali della Terra: da che ci sentivamo inferiori e alla loro mercè, oggi li sfruttiamo come se fossero di nostra proprietà. L’empirismo dilagante del ventunesimo secolo non lascia troppo spazio ad elementi naturali divinizzati, a dei e dee, però sicuramente possiamo parlare di coscienza, e di responsabilità verso ciò che rende la nostra vita possibile.
Rendere inaccessibile una vetta come il Monveso di Forzo, dunque, comunicherebbe due concetti importanti. Il primo è quello dell’invasività umana che si espande in ogni angolo del Pianeta e della necessità di ritirarsi per lasciare spazio agli altri esseri viventi. Il secondo è quello di “limite di conquista”, in una società segnata da velocità, competizione e crescita indiscriminata del consumo di risorse naturali, con conseguente accumulo di rifiuti e degrado degli ecosistemi.
Oggi il limite è qualcosa da conquistare, da superare. il concetto che c’è dietro all’espressione no limits ha permeato la nostra società. Sembra che il coraggio si misuri col superamento dei limiti e la potenza si riconosca quando manca. Tutto questo è palese negli sport, in cui si è disposti a tutto, pur di fare un qualche record.
Quello che invece gli ormai 1.223 sottoscrittori dell’istituzione della Montagna Sacra vogliono ricordare è che il limite dev’essere coccolato, amato, il limite è umiltà e grazie ad essa l’essere umano diventa ricettivo, aperto ai consigli altrui, all’esempio, alla cultura, alla diversità degli altri, il limite si trasforma in cura e amore. Anche per la montagna, che può e deve essere superiore agli interessi umani ricordandoci che non possiamo tutto.
Se un giorno si dovesse vietare la scalata del Monveso di Forzo, l’idea perderebbe qualunque valore e interesse, perché lo scopo è puramente un risveglio delle coscienze. Infatti, la “montagna sacra” non è pensata come luogo di divieti, perché un progetto culturale non può basarsi sull’imposizione. Il progetto non prevede alcuna sanzione o punizione per chi non vorrà “astenersi”. Molto più semplicemente, l’impegno a non accedervi è il solo scopo del progetto e dev’essere abbracciato volontariamente, proprio per compiere un sincero passo indietro dalla perpetua ricerca di sottomissione delle risorse naturali gentilmente fornite dal pianeta che abitiamo.
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