I risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti ipotizzano un collegamento tra 22 pesticidi e i tassi di incidenza e mortalità del cancro alla prostata.
Morbo di Parkinson, all’origine della sua insorgenza anche gli effetti di pesticidi, solventi e farmaci
Malattia neurodegenerativa dalle cause controverse, il morbo di Parkinson viene classificato come malattia multifattoriale. Determinanti le evidenze legate all’esposizione ai pesticidi, e non solo.
- Dopo l’Alzheimer, il morbo di Parkinson è la malattia neurodegenerativa più diffusa.
- Le origini della patologia sono imputabili a fattori genetici e ambientali.
- Il ruolo dei pesticidi e di altri componenti chimici è tutt’altro che irrilevante, mostrando una relazione causa-effetto alquanto consistente.
Delineato per la prima volta nel lontano 1817, il morbo di Parkinson è una malattia cronica e irreversibile a carico del sistema nervoso centrale. In modo importante, si tratta della seconda patologia neurodegenerativa più comune dopo l’Alzheimer. La sua prevalenza globale mostra un trend in aumento, apprestandosi a raddoppiare nei prossimi trent’anni. Attualmente, il morbo interessa più di sei milioni di persone.
Le cause del morbo di Parkinson
Le cause scatenanti del morbo di Parkinson rappresentano un argomento controverso. Attualmente, la malattia viene classificata come multifattoriale, e dunque imputabile a fattori genetici e ambientali.
In virtù di numerose indagini epidemiologiche e di laboratorio, compreso uno studio molto recente consultabile su Nature communications, l’esposizione continuativa a pesticidi e altri agenti chimici mostra una chiara correlazione al morbo di Parkinson. Una ulteriore pubblicazione degli ultimi mesi definisce il Parkinson come una malattia prevalentemente ambientale, sottolineando la diffusione ubiquitaria di vari contaminanti tossici. Ne abbiamo parlato con il professor Gianni Pezzoli, presidente della Fondazione italiana parkinsoniani (Aip) e della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson.
La tossicità dei pesticidi: le prime evidenze
Nella definizione dei fattori causali, qual è l’importanza della componente ambientale? “Nel corso degli ultimi decenni, il morbo di Parkinson si sta sfrangiando nei suoi diversi aspetti. In particolare, la malattia può definirsi idiopatica, rappresentando una sorta di invecchiamento dell’encefalo, ma può anche delinearsi come problematica dal connotato genetico importante. Un terzo ambito è quello tossicologico, e riguarda l’esposizione massiva a idrocarburi, solventi, pesticidi, erbicidi. Con la Fondazione Grigioni stiamo lavorando su questo ultimo aspetto da molti anni. Diverse sostanze, che negli anni ’50 venivano considerate innocue, già vent’anni dopo furono classificate come capaci di produrre la malattia singolarmente, senza la partecipazione di altri fattori di causa. Negli anni ’70, negli Stati Uniti, furono descritti alcuni casi di tossicodipendenti deceduti o affetti da parkinsonismo gravissimo. I soggetti in questione, infatti, tentarono di fabbricare, in modo del tutto ‘artigianale’, l’anestetico sintetico meperidina. A seguito di alcuni errori nel procedimento di sintesi, essi ottennero (e utilizzarono) un composto secondario, noto come Mptp, restando intossicati. In modo importante, si tratta di una sostanza in grado di provocare parkinsonismo irreversibile nell’arco di poche settimane. Nel giro di qualche anno, ci si accorse della semplice reperibilità di questa molecola in molte aree del mondo, compresi gli stati africani dove è tuttora in uso (un metabolita neurotossico di questa sostanza, conosciuto come Mpp+, fu registrato con la denominazione di Cyperquat). Tra le sostanze più dannose, possiamo citare senza dubbio il Paraquat, un diserbante che è strutturalmente simile al composto Mptp.
Attualmente si tratta di un prodotto illegale nell’Unione europea seppur ancora impiegato nei paesi in via di sviluppo, dove il costo di questi prodotti è relativamente basso. Da evidenziare anche l’insetticida Rotenone, una sostanza capace di ostacolare il funzionamento di piccoli e fondamentali organuli cellulari, i mitocondri. Si tratta, nel complesso, di agenti finalizzati alla produzione agricola e associati a parkinsonismo”, spiega il professor Pezzoli.
Il caso francese e la situazione in Italia
I dati statistici e sperimentali, a supporto di esperienze dirette provenienti dal settore agricolo, inducono il governo francese, nel 2012, a riconoscere il morbo di Parkinson come malattia professionale degli agricoltori. Si tratta del primo riconoscimento legale a livello europeo, posto nero su bianco col decreto legge del 6 maggio di quell’anno.
Nel 2021 anche il governo canadese inserisce la malattia tra le affezioni di tipo professionale correlate all’utilizzo dei pesticidi, rendendo possibile la richiesta di indennizzi da parte dei soggetti interessati.
Qual è, allo stato attuale dei fatti, la situazione in Italia? La questione è tutt’altro che semplice: “dal punto di vista legislativo stiamo facendo dei passi in avanti, tuttavia è sempre difficile riconoscere, in un determinato individuo, la relazione causa-effetto tra la patologia e l’esposizione a specifiche sostanze”, chiarisce Pezzoli. “Che si tratti di una malattia lavorativa, in alcune circostanze, non c’è alcun dubbio. Con la fondazione abbiamo discusso e descritto i primi pazienti alla fine degli anni ’80 e siamo gli unici ad aver evidenziato anche i danni encefalici ricavando evidenze dagli esami autoptici. Si tratta di danni gravissimi, che insorgono nel giro di qualche settimana o mese, quando l’esposizione è stata massiccia”, aggiunge il professore.
Oltre l’agricoltura: tricloroetilene e Parkinson
Tra gli agenti chimici che invece non appartengono al settore agricolo, rientra il tricloroetilene (o trielina), un solvente dalle proprietà smacchianti e sgrassanti. Diverse indagini ne valutano gli effetti conseguenti alla massiccia esposizione professionale, ma anche il ruolo di contaminante ambientale a livello di falde acquifere e aria. “Anche io, quale perito di parte, sto cercando di dimostrare gli effetti di questo solvente su alcuni pazienti”, spiega Pezzoli. “Questi soggetti, colpiti da morbo di Parkinson, furono esposti a tale sostanza alcuni decenni fa, quando lavoravano in ambienti produttivi poco sicuri rispetto a come potrebbero esserlo ora, e dunque privi di impianti aspiratori atti ad allontanare le sostanze volatili tossiche. Pur basandoci su indagini retrospettive, disponiamo di prove sufficientemente solide e pensiamo di poter arrivare a vincere questa battaglia. Bisogna distinguere, in ogni caso, l’esposizione sporadica dal contatto costante e continuativo con questi agenti. In definitiva, il tricloroetilene, così come il solvente tetracloroetilene (anche denominato percloroetilene), vengono ormai considerati sostanze capaci di provocare Parkinson”.
Farmaci correlati al Parkinson
“Anche alcuni farmaci possono produrre Parkinson, ed è una cosa che molti medici non sanno”, aggiunge il professore. “Gli antipsicotici tipici, i farmaci antinausea e i preparati antivertigine, sono dei farmaci di grande efficacia. Tuttavia, abusarne in modo continuativo comporta malattie ipocinetiche, come morbo di Parkinson e parkinsonismi”, afferma Pezzoli.
Sostanze collegate al Parkinson:
- Mptp;
- Cyperquat (Mpp+)
- Paraquat (diserbante)
- Rotenone (insetticida)
- Tricloroetilene o trielina (solvente)
- Tetracloroetilene o percloroetilene (solvente)
- Farmaci antipsicotici, antinausea, antivertigine
Il lato genetico del Parkinson
La malattia di Parkinson presenta una base genetica decisamente complessa. Mutazioni in alcuni punti del nostro genoma (come i geni Park1/Park4) contribuiscono alla patogenesi del parkinsonismo, e circa il 10 – 16 per cento dei soggetti ammalati descrive un familiare di primo grado affetto dalla patologia.
Confermare la familiarità, in ogni caso, non è semplice, soprattutto quando a essere coinvolti sono più geni.
Sulla correlazione esatta tra predisposizione genetica e ruolo degli agenti chimici, Pezzoli precisa: “non esistono ampi studi, perché le indagini sull’esposizione a sostanze come idrocarburi, solventi, erbicidi e pesticidi, in soggetti che poi sviluppano il morbo di Parkinson, vengono necessariamente viziate da una numerosità ridotta”.
Tossicità e neurodegenerazione
Qual è il legame tra i contaminanti ambientali e le altre patologie neurodegenerative? “Alcuni autori sostengono che la tossicità di alcune sostanze porterà all’andamento epidemico delle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer. Considerando il nostro database sui pazienti affetti da Parkinson, osserviamo un esordio sempre più tardivo della malattia: adesso siamo intorno ai 61 anni. Questo accade perché l’aspettativa di vita sta aumentando, con il sesso femminile che risulta più longevo rispetto a quello maschile. Le cosiddette epidemie, dunque, sono imputabili alla maggiore percentuale di soggetti nella fascia di età in cui la patologia tende a insorgere”, conclude Pezzoli.
Il morbo di Parkinson, come la neurodegenerazione in senso più ampio, conserva la multifattorialità come base della relativa insorgenza. Tuttavia, è fondamentale agire in prevenzione sugli aspetti causali che è possibile gestire. Tra questi, la tossicità di svariati componenti chimici occupa un posto tutt’altro che irrilevante.
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