Il 27 novembre aprono le candidature per la seconda edizione di Women in Action, il programma di LifeGate Way dedicato all’imprenditoria femminile.
Mortalità materna, negli Usa è più frequente oggi rispetto a trent’anni fa
Ogni giorno nel mondo 830 donne muoiono durante la gravidanza o il parto. Un fenomeno ancora presente anche in un’economia avanzata come gli Stati Uniti.
Parlare di donne morte di parto, o a seguito di complicazioni sorte durante la gravidanza, evoca scenari dickensiani. Eppure la mortalità materna esiste ancora, anche nei paesi più ricchi e industrializzati, anche nel 2018. Anzi: proprio nel paese avanzato per eccellenza, gli Stati Uniti, il problema sta peggiorando.
Serena Williams e Beyoncé squarciano il velo
La grande tennista Serena Williams aveva stupito tutti rivelando di aver vinto gli Australian Open, a fine gennaio 2017, due settimane dopo aver scoperto di essere incinta. A giugno ancora si allenava, al settimo mese di gravidanza. Le cose, purtroppo, non sono andate altrettanto bene il primo settembre, quando ha dato alla luce la sua primogenita Alexis Olympia. Come ha raccontato a Vogue Usa, i medici sono stati costretti a sottoporla a un cesareo d’emergenza e a sospendere gli anticoagulanti che prendeva di solito; cosa che le ha provocato prima un’embolia e poi, una volta reintrodotti i farmaci, un’emorragia.
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Sono nati con un cesareo d’urgenza anche Rumi e Sir, i due gemelli della regina del pop, Beyoncé, e del rapper Jay-Z. Anche in questo caso, fuori dalla luce dei riflettori, la gravidanza è stata tutt’altro che semplice. Beyoncé ha infatti sofferto di preeclampsia (un tempo nota come gestosi), una sindrome caratterizzata da ipertensione e problemi ai reni, che l’ha costretta a letto per un mese.
Il tasso di mortalità materna nel mondo
Fortunatamente, per loro è andato tutto a finire bene. Dando uno sguardo ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), però, si scopre che nel 2015 303mila donne sono morte per cause prevedibili legate alla gravidanza e al parto. La media è di 830 al giorno. Circa tre decessi su quattro sono dovuti a un ristretto numero di malattie e complicanze: emorragie, infezioni, ipertensione in gravidanza, problemi sorti durante il parto, aborti effettuati in condizioni poco sicure. Tutte queste cause, ci tiene a sottolineare l’Oms, sono evitabili. Un’iniezione di ossitocina immediatamente dopo il parto riduce il rischio di emorragie; un corretto stato di igiene scongiura il verificarsi di infezioni; riconoscere subito la preeclampsia, e intervenire con i medicinali adeguati, può evitare le conseguenze più serie come l’eclampsia.
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Il 99 per cento degli episodi si verifica nei paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale, con un tasso di mortalità materna pari a 239 per 100mila nati vivi (nelle economie avanzate è pari a 12 per 100mila nati vivi). L’incidenza cresce nelle aree rurali, nelle comunità più povere e quando la madre ha meno di 15 anni.
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Non si può negare che siano stati fatti enormi progressi: tra il 1990 e il 2015 il tasso globale di mortalità materna è sceso addirittura del 44 per cento. La sfida lanciata dalle Nazioni Unite per il 2030, nel quadro degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, è quello di farlo scendere al di sotto dei 70 casi per 100mila nati vivi.
Around 60% of the deaths were preventable. Read more: https://t.co/BI9PVADvEF #unitedstates #health pic.twitter.com/ChXKJxFMei
— World Economic Forum (@wef) 22 novembre 2018
Negli Usa, la mortalità materna aumenta invece di diminuire
Mentre nella stragrande maggioranza dei paesi industrializzati la mortalità materna è quasi scomparsa, una clamorosa eccezione è rappresentata dagli Stati Uniti. Nel 1990, segnala il World Economic Forum, si sono segnalati 17 decessi su 100mila donne incinte: nel 2015 invece sono stati 26. Ciò vuol dire, in altri termini, che oggi le donne americane hanno il 50 per cento di probabilità in più di morire durante la gravidanza o il parto rispetto alle loro madri.
Contrariamente a quanto vuole l’immaginario comune, quattro episodi su cinque avvengono nelle settimane precedenti e successive al parto. Ma come si può spiegare una situazione del genere? Prevalentemente, secondo il Wef, con il venire meno del supporto sociale e sanitario. Secondo uno studio pubblicato da Health Affairs, tra il 2004 e il 2014 il 9 per cento delle contee rurali degli Stati Uniti ha visto chiudere i servizi ostetrici ospedalieri. Un altro 45 per cento di non ne aveva affatto.
Un report della campagna Review to Action sottolinea il fatto che il tasso di mortalità materna delle donne afroamericane è fra tre e quattro volte superiore rispetto a quello delle donne bianche. Tra le 193 raccomandazioni proposte dallo studio, c’è quella di favorire l’accesso ai servizi di prevenzione e assistenza, lavorare di più sulla comunicazione (anche intervenendo sulle barriere linguistiche) e migliorare gli standard relativi a diagnosi e trattamento.
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