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Quante morti in bici ancora? A Milano la violenza stradale è un’emergenza
“Basta morti in bici”: la comunità ciclistica milanese chiede interventi immediati dopo l’uccisione della 28enne travolta da un mezzo pesante, la sesta vittima negli ultimi mesi.
Milano e le morti in bici. Nella città italiana dell’avanguardia, dove si costruisce il futuro a colpi di grattacieli, boschi verticali e nuovi cantieri, si muore per strada una mattina di fine estate, mentre si pedala sotto il sole nelle vie del centro, travolti da un mezzo pesante che senza accorgersi aggancia, mastica e sputa l’ennesimo corpo, l’ennesima vittima di violenza stradale. Questa volta la tragedia è toccata a una giovane donna. È quanto accaduto ieri, 29 agosto, a Francesca Quaglia, 28enne bolognese, traduttrice specializzata in lingue scandinave.
Di oggi invece la notizia di una donna in bicicletta colpita da un palo della luce abbattuto da un’auto che si è ribaltata in Corso XXII marzo, sempre in centro città. La donna di 42 anni è stata soccorsa dal personale del 118 e si trova in condizioni gravi all’ospedale Niguarda.
Di fronte a questa situazione, le associazioni che si occupano di mobilità attiva ribadiscono l’assenza delle istituzioni e le mancate misure per fermare quella che è una strage continua. Dal primo di ottobre 2023 scatterà l’obbligo per i mezzi pesanti di installare sensori anti-angoli ciechi. Anche su questo raccogliamo il punto di vista delle associazioni che esprimo perplessità: serve un cambio di rotta immediato per rendere le strade più sicure, ridisegnare lo spazio pubblico, invertire la scala delle priorità. E forse è anche questo che fa riflettere e lascia sgomenti: vedere Milano andare veloce, costruendo, ingrandendosi, mentre le persone vengono schiacciate e dimenticate. Noi qui le vogliamo ricordare ancora una volta queste “morti in bici”. Oltre a Francesca Quaglia, negli ultimi mesi sono state uccise Veronica d’Incà (1 febbraio), Cristina Scozia (20 aprile), Tianjiao Li (8 maggio), Alfina D’Amato (22 giugno), Silvia Salvarani e Luca Marengoni (novembre).
Milano, la sesta vittima di mezzi pesanti negli ultimi mesi
Secondo il racconto di una testimone, Francesca Quaglia sarebbe stata agganciata dal veicolo mentre ripartiva al passaggio dal rosso al verde. Si trovava quindi nei pressi del semaforo alla sinistra del mezzo in via Caldara, nella centralissima zona di Porta Romana. La ragazza, stando alla testimonianza, avrebbe anche compiuto un ultimo disperato tentativo di fermare la marcia del camion, dando dei colpi con la mano sulla fiancata sinistra, ma l’autista non si sarebbe accorto di nulla. Una tragedia “annunciata”, la sesta avvenuta negli ultimi dieci mesi per la stessa causa: la presenza in strada di mezzi pesanti, grandi, troppo grandi per una città che dovrebbe essere a misura di persone. Betoniere o mezzi d’opera utilizzati per muovere materiali nei cantieri, difficili da spostare, dove l’autista guida ad un’altezza di due metri con una visuale ridotta da punti “ciechi”, risultano letali quando si mescolano con ciclisti, pedoni, persone in carrozzella, gente in motorino, utenti della strada più vulnerabili. Per questo ancora una volta non possiamo parlare di “incidenti” ma di una strage che scuote la cittadinanza e in particolare la comunità ciclistica milanese che da mesi organizza manifestazioni per chiedere il rispetto di un diritto fondamentale: muoversi in sicurezza nello spazio pubblico.
Basta morti in strada, basta morti in bici. La voce delle associazioni
La comunità ciclistica milanese ieri si è radunata in un presidio informale sul luogo dell’evento per poi pedalare fino a Palazzo Marino e gridare in coro “Basta!” sotto le finestre del comune dove è comparsa la scritta “Quante morti ancora?“.
La FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta locale fa riflettere sul fatto che i cittadini milanesi oggi provano quasi paura a pedalare per le strade della città. Laura Russo, vicepresidente Fiab Milano Ciclobby, afferma che “il numero delle vittime è allarmante e incute timore a chi ogni giorno decide di utilizzare la bicicletta per gli spostamenti urbani” e poi aggiunge: “Ricordiamo che Fiab Milano chiede da anni dei provvedimenti alle istituzioni per garantire che la strada sia un luogo sicuro. Come? Attraverso la realizzazione di piste ciclabili che non abbandonino il ciclista negli incroci, investendo nell’educazione stradale e soprattutto limitando la velocità delle automobili in città. Per noi bici e sicurezza non devono essere un ossimoro”.
Sul tema dei sensori obbligatori dal primo ottobre si esprime l’associazione Sai che puoi?, una delle promotrici della campagna Città delle persone che da oltre un anno chiede al comune una svolta nella mobilità sostenibile. Tommaso Goisis e Paola Bonini al riguardo evidenziano un problema: “Prima di gennaio 2025 e 2026 l’obbligo non sarà realmente in vigore, ma basterà dimostrare di aver ordinato i sensori. La nuova tragedia ci conferma che non si può aspettare così tanto ma servono provvedimenti immediati da parte sia del Ministero dei Trasporti e sia del Comune: formazione obbligatoria per i conducenti, limite di velocità a 30 chilometri orari in tutta Milano, limitazioni orarie. Altrimenti nelle strade di Milano le persone a piedi e in bicicletta continueranno a rischiare la vita nella inquietante sensazione di assenza delle istituzioni”.
Anche l’associazione Genitori Antismog, attraverso le parole della presidente Lucia Robatto, ribadisce il ritardo di Milano sul tema della mobilità sostenibile: “Questo imperdonabile ritardo ci sta presentando il conto con una serie di incidenti mortali a danno di pedoni e ciclisti, un numero che non si registra in nessuna città europea. È necessario quindi individuare delle misure provvisorie per permettere di superare il 2024 senza altre tragedie. Chiediamo al sindaco Beppe Sala, all’assessora alla Mobilità Arianna Censi e all’assessore alla Sicurezza Marco Granelli un intervento pubblico che presenti un piano di emergenza da attuare in tempi brevissimi con date e soluzioni immediate come limitazioni di orari, mappature dei cantieri per stabilire delle rotte di passaggio che siano segnalate e che non interferiscano con la viabilità leggera, insieme a qualsiasi altra soluzione efficace”. E poi conclude: “Nessuna attività economica può prevalere su una vita umana”.
Per oggi, mercoledì 30 agosto, le associazioni hanno indetto un nuovo presidio in Corso XXII marzo all’angolo con Piazzale Emilia alle ore 19.
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