Diritti umani

Muhammad Yunus, la banca dei poveri

Sconfiggere la povertà, questo è il nobile ideale che ha spinto Muhammad Yunus a fondare la “banca dei poveri” e a creare il concetto di microcredito.

La storia ha dell’incredibile e nasce da un’idea geniale, anzi, da un tarlo che, insinuatosi nella mente di un piccolo grande uomo, ha lentamente cominciato a far scricchiolare la fede nelle dottrine economiche che egli aveva appreso all’Università. Se la si dovesse tradurre in poche parole, quest’idea potrebbe essere riassunta così: sconfiggere la povertà creando una banca che concedesse prestiti solo ai più poveri delle zone rurali a fronte di un progetto minimo. Prestiti che non fossero assistiti da alcuna garanzia e che richiedessero interessi soltanto nella misura minima necessaria perché la banca fosse autosufficiente. Il protagonista di questa storia, Muhammad Yunus, racconta che un giorno prestò 27 dollari a contadini poverissimi di un villaggio. La cifra agli occhi di noi occidentali può sembrare ridicola, ma fu sufficiente per strappare 42 famiglie dalle mani degli usurai. A questo punto, il finale incoraggiante e inatteso: i prestatari non solo restituirono la somma ricevuta con incredibile puntualità, ma diedero vita ad una piccola attività commerciale che garantì loro sussistenza e dignità. Un risultato entusiasmante che dava agli ultimi della Terra un’opportunità di mettere in piedi minuscole attività redditizie della più diversa natura. Il concetto di microcredito era nato.

Lavoratori Bangladesh
Lavoratori in Bangladesh. Foto © Zakir Hossain Chowdhury/NurPhoto/Corbis via Getty Images

Chi è Muhammad Yunus

L’uomo dei miracoli, il genio buono, si chiama Muhammad Yunus ed è nato nel 1940 a Chittagong, in Bangladesh. Dopo la laurea in Economia presso l’Università di Chittagong e il dottorato di ricerca all’università di Nashville, in Tennessee, dal 1969 al 1972 è stato professore di economia presso la Middle Tennessee State University (Usa), per poi tornare nella sua città natale nel ruolo di direttore del Dipartimento di Economia presso l’Università di Chittagong, che ricopre fino al 1989.

La sua idea viene battezzata il 2 ottobre 1983 col nome di Grameen Bank (banca del villaggio, in bengalese) ma ha iniziato ad operare informalmente già nel 1977 quando, incoraggiati dal primo prestito, Muhammad Yunus e i suoi collaboratori iniziano a battere a piedi centinaia di villaggi bengalesi, dialogando con le loro comunità e prestando di volta in volta i pochi dollari necessari per avviare micro-attività imprenditoriali.

 

Donne Bangladesh Microcredito
Sharifun Begeum, Bangladesh. Donne in coda per incontrare il rappresentante locale dell’istituto di microcredito. Foto John van Hasselt/Sygma via Getty Images

 

La Grameen Bank oggi

Oggi questo modello di banca è la più importante istituzione mondiale nel campo del microcredito. È presente in 81.393 villaggi del Bangladesh con 2.568 filiali, tutte informatizzate, per servire più di 8,8 milioni di clienti: il 96,5 per cento di loro è costituito da donne. Un modello che ha preso slancio in aree economicamente svantaggiate, soprattutto rurali ma anche nelle periferie e nei ghetti delle grandi metropoli dei cinque continenti.

Secondo l’ultimo report mensile, pubblicato il 6 ottobre 2016, a partire dal giorno della fondazione sono stati erogati in tutto 19,9 miliardi di dollari: 18,2 sono stati restituiti. I micro-prestiti concessi nell’ultimo mese hanno raggiunto un volume di oltre 261 milioni di dollari. Complessivamente, il tasso medio di recupero è pari al 98,96 per cento. Grazie al microcredito sono state costruite più di 700.000 case e oltre 53.000 persone hanno potuto accedere a percorsi di alta formazione.

 

Grameen Bank di Muhammad Yunus Bangladesh
La Grameen Bank di Muhammad Yunus inizia la sua storia nei villaggi più poveri del Bangladesh. Foto © Ata Mohammad Adnan / Getty Images

 

Le voci e i volti della Grameen Bank

Dietro a questi numeri, ci sono altrettante storie. Come quella di Rokeya Akhter Bristy, una ragazza nata in una zona rurale, che grazie a un prestito è riuscita a studiare per diventare infermiera. O come quella di Fahmida Zaman, nata nel piccolo paese di Bahadurpur. I suoi genitori le avevano sempre trasmesso l’importanza e il valore dello studio, ma la situazione economica non era certo facile, con una famiglia di dieci persone da mantenere. Con un prestito concesso dalla Grameen Bank, la madre di Fahmida è riuscita ad avviare un piccolo allevamento di pollame e a fornire un telefono al marito, che invece si occupava di vendere fertilizzanti. Grazie a questa stabilità economica, Fahmida ha potuto portare avanti i suoi studi di Economia, Politica e Filosofia alla Asian University for Women di Chittagong, dove è entrata in contatto con un contesto internazionale che sarebbe stato irraggiungibile dal suo piccolo villaggio d’origine.

 

Le accuse a Muhammad Yunus

Quando si vive una storia così importante e nota, è difficile – anzi, quasi impossibile – non avere mai a che fare con critiche e controversie. Muhammad Yunus non fa eccezione. La miccia dello scandalo è l’inchiesta “Intrappolato nel microcredito”, trasmessa dalla televisione norvegese alla fine del 2010. Muhammad Yunus, secondo l’inchiesta, avrebbe sottratto poco meno di 100 milioni di dollari donati alla Grameen Bank per alimentare altre banche del gruppo. Tutto ciò all’insaputa di chi aveva elargito quel denaro. Pochi mesi dopo, Muhammad Yunus è stato estromesso dalla sua Grameen Bank su ordine della banca centrale del Bangladesh. Ufficialmente, per raggiunti limiti di età; a detta sua, invece, per motivi politici.

Nella primavera del 2011, la principale accusa formale contro Yunus è ufficialmente caduta. Il ministro delle finanze bengalese infatti ha seguito le orme del governo norvegese, che lo aveva già discolpato, affermando di non aver trovato prove di un’eventuale distrazione di fondi.

 

Muhammad Yunus premio nobel per la pace
10 dicembre 2006: Muhammad Yunus e Mosammat Taslima Begum, rappresentante della Grameen Bank, ricevono il premio Nobel per la pace. Foto © Daniel Sannum Lauten/AFP/Getty Images

 

Perché credere nel microcredito

Ma cosa ha spinto Muhammad Yunus a lanciarsi in un progetto umanitario così ambizioso e pieno di rischi? La sua risposta è “la speranza di un mondo basato su comprensione, empatia e cooperazione, dove la dignità non sia solo un concetto ma un diritto. La fiducia nel potenziale creativo e lavorativo e nella buona volontà dei poveri, offrendo loro gli strumenti per uscire dalla miseria, non da ultimo dimostrare che il senso di responsabilità dei poveri è molto più alto e sentito di quello dei clienti “normali” delle banche tradizionali”.

Una filosofia che gli è valsa il premio Nobel per la pace nel 2006, che ha accolto con queste parole:

La povertà è una minaccia alla pace. La distribuzione del reddito su scala globale ci racconta una storia davvero rivelatrice. Il 94 per cento del reddito globale va al 40 per cento della popolazione, mentre l’altro 60 per cento della popolazione si deve accontentare soltanto del 6 per cento delle risorse. La metà della popolazione globale vive con due dollari al giorno. Più di un miliardo di persone con meno di un dollaro al giorno. Questa non è una ricetta per la pace.

Il nuovo millennio era cominciato con un grande sogno globale. I leader del mondo nel 2000 si erano trovati alle Nazioni Unite e avevano adottato, tra gli altri, un obiettivo storico: dimezzare la povertà entro il 2015. Non era mai successo nella storia umana che l’intero Pianeta, parlando con una voce sola, si impegnasse per un obiettivo così coraggioso, con tempistiche e dimensioni così precise.

Ma poi sono arrivati l’11 settembre e la guerra in Iraq e d’improvviso il mondo è stato sviato da questo sogno, con l’attenzione dei leader che è passata dalla guerra alla povertà alla guerra al terrorismo. Finora, gli Usa da soli hanno speso 530 miliardi di dollari per la guerra in Iraq. Io credo che il terrorismo non si possa vincere soltanto con l’intervento militare. […] Dobbiamo mirare alle radici del terrorismo, se vogliamo fermarlo definitivamente. Ciò che intendo è che impiegare risorse per migliorare la vita delle persone più povere è una strategia migliore che spenderle in armi.

La pace dovrebbe essere intesa dal punto di vista umano – in un senso ampio, sociale, politico ed economico. La pace è minacciata da un ordine economico, sociale e politico ingiusto, dall’assenza di democrazia, dal degrado ambientale e dall’assenza di diritti umani.

La povertà corrisponde all’assenza di ogni diritto umano. La frustrazione, l’ostilità e la rabbia che sono generate da una miseria degradante non possono sostenere la pace in nessuna società.

 

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