Lo stilista giapponese Kenzo Takada, fondatore di Kenzo, è morto a Parigi di Covid-19. La pandemia ci priva, così, del suo sorriso e della sua creatività.
Lo stilista giapponese Kenzo Takada, conosciuto semplicemente come Kenzo, è morto il 4 ottobre a Parigi a 81 anni dopo avere contratto il coronavirus alcune settimane prima. Verrà ricordato per essere stato l’artefice di un’estetica eclettica e gioiosa mischiando influenze culturali da tutto il mondo: uno stile diventato iconico grazie al successo del marchio di moda Kenzo che Takada fondò negli anni Settanta a Parigi, sua città di adozione.
A dare notizia della morte è stata l’azienda che porta il suo nome. “È con grande tristezza che Kenzo ha appreso della morte del suo fondatore”, si legge in un post su Instagram. “Per mezzo secolo, Takada è stato uno degli emblemi della moda – infondendo colore e creatività nel mondo. Il suo ottimismo, il suo amore per la vita e la sua generosità continueranno a essere i pilastri della nostra maison. Lascia un grande vuoto dietro di sé e verrà ricordato per sempre”.
Chi era Kenzo Takada, una vita avventurosa
La sua incredibile energia, la sua gentilezza, il suo talento e il suo sorriso erano contagiosi. Il suo spirito continuerà a vivere per sempre. Riposa in pace, maestro.
Nato a Himeji, vicino a Osaka, nel 1939, Kenzo era figlio di albergatori e uno di sette fratelli. Il futuro stilista si interessò al design leggendo le riviste di moda delle sorelle. Intraprese gli studi in letteratura all’università di Kobe per compiacere i genitori, ma dopo la morte del padre cambiò indirizzo, diventando uno dei primi uomini a iscriversi all’istituto di moda Bunka a Tokyo.
Iniziò la sua carriera in Giappone disegnando abbigliamento per bambine per un grande magazzino. Quando il suo condominio venne demolito per fare spazio a nuove strutture per i Giochi olimpici di Tokyo del 1964, Kenzo utilizzò i soldi della compensazione per comprare un biglietto di sola andata per Parigi, dove aveva in programma di rimanere solo sei mesi.
Durante il suo viaggio in nave verso la Francia visitò molti paesi come la Cina, l’India e la Spagna prima di approdare nella capitale francese nel 1964. Senza conoscere nessuno e senza parlare la lingua, l’unico lavoro per cui riuscì a farsi assumere fu in un negozio di toelettatura per cani.
Raccolse abbastanza fondi per aprire il suo primo negozio nel 1970. “Quando ho aperto il negozio sapevo che non avrebbe avuto senso fare quelle che stavano facendo gli stilisti francesi, perché non ero in grado di farlo”, Kenzo raccontò al South China Morning Post nel 2019. “Per cui ho fatto le cose a modo mio per essere diverso, ad esempio utilizzando i tessuti dei kimono e ispirandomi ad altre influenze”.
La moda non è per pochi, ma per tutti. Non dovrebbe prendersi troppo sul serio.
Fu qui che tenne la sua prima sfilata, davanti a un pubblico di sole venti persone. Tra queste c’era la direttrice di Elle, che apprezzò a tal punto la collezione da decidere di metterla sulla copertina della rivista. E Kenzo diventò subito una star.
La rivoluzione di Kenzo, una nuova estetica
L’estetica di Kenzo fu rivoluzionaria a suo tempo; un collage esuberante di tante influenze diverse – non solo dalla sua terra natale, infatti Takada non si considerava uno stilista “giapponese”, ma da ogni angolo del globo. Stampe e colori ispirati alla natura, come l’iconica tigre, per creazioni giocose che lasciano libero spazio al corpo e alla personalità.
La moda è come il cibo. Non bisogna scegliere sempre lo stesso menù.
Kenzo Takada
Il suo marchio divenne un impero grazie anche al lancio della linea maschile, di Kenzo Jeans e Kenzo Jungle, e del primo di tanti profumi – Kenzo Kenzo – nel corso degli anni Ottanta. In seguito ad alcune difficoltà personali, come la morte del compagno Xavier de Castella, lo stilista decise di vendere l’azienda al gigante del lusso LVMH nel 1993, ritirandosi dal mondo della moda alcuni anni dopo.
Negli anni successivi, Kenzo – proclamato Cavaliere dell’Ordine nazionale della Legion d’onore francese nel 2019 – si immortalò nei panni di stilista solo per alcuni progetti speciali, come la creazione dell’uniforme per la squadra olimpica giapponese nel 2004 e dei costumi per la produzione dell’opera Madama Butterfly a cura della fondazione Tokyo Nikikai nel 2019. Si dedicò anche al mondo del design, con il lancio, quest’anno, della linea per la casa K3 insieme ad altri designer.
Immense tristesse d’appendre la disparition de Kenzo. Quel créateur ! Il avait donné à la couleur et à la lumière toute leur place dans la mode. Paris pleure aujourd’hui un de ses fils. Pensées à sa famille, ses proches et toutes celles et ceux qui l’ont aimé. https://t.co/Im2WtVoTZE
“Parigi ha perso uno dei suoi figli”, ha scritto in un tweet la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, omaggiando il creativo per aver “dato al colore e alla luce un ruolo centrale nella moda”. Ma il lascito di Kenzo va oltre al mondo dello stile perché la sua storia e la sua creatività sono una celebrazione senza tempo dell’incontro tra culture. Così la pandemia ha privato al mondo la fantasia, la spontaneità e il sorriso del grande artista.
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