Quando l’arte trova “casa” nel paesaggio, possono nascere luoghi di racconto che vanno al di là delle opere stesse. Il risultato è spesso sorprendente.
Museo della follia, la pazzia che è diventata arte
Al Museo di Salò è stato allestito “Museo della Follia. Da Goya a Bacon” la mostra itinerante che fino al 16 novembre indagherà il tema della follia nell’arte. L’inquietante che affascina.
Un museo in movimento il Museo della Follia. Una mostra itinerante, visitabile a Salò fino al 16 novembre, che si compone di oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e istallazioni multimediali sul tema della follia. Un viaggio cupo e inquietante che affascina perché, come diceva Bertrand Russel, “L’equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante.”
Museo della follia. Da Goya a Bacon
Se ne è parlato parecchio, soprattutto perché è esposto un quadro, una piccola tela dipinta a olio, di Adolf Hitler, ma in realtà le cose da mettere in luce in questo museo itinerante son ben altre. La prima è forse il carattere sociale, quasi sociologico e informativo di quest’esposizione che sembra essere un reportage di cosa è stata la follia nell’arte, ma non solo.
Così non è strano trovare all’inizio della rassegna il cassetto del comodino della poetessa Alda Merini, che dalla sua “pazzia” ha tratto splendide e toccanti parole diventate versi e poesie, mentre le foto dei pazienti ricoverati nei manicomi salutano tristemente il visitatore. La mostra, che sta percorrendo un viaggio – la precedente tappa è stata Catania – propone in questo nuovo allestimento alcuni disegni e quadri di Francis Bacon, un Goya (da cui il titolo ufficiale del progetto) e l’opera di Hitler mai esposta prima.
Una delle novità espositive a Salò si scorge già sul lungolago, dove si trova una vera e propria anteprima del museo fuori dalle pareti del MuSa: il container “L’Intonapensieri” – alla cui entrata è scritto “Entrate ma non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento” – che ospita al suo interno 9 installazioni interattive sul tema della follia, testimonianze di Antonio Ligabue, Franco Basaglia, Alda Merini, Nietzche, Pino Roveredo, ma anche voci di chi i manicomi li ha vissuti in prima persona.
Documentare la follia
Tra i “momenti” più toccanti, e a volte strazianti, due video installazioni intitolate “Franco Basaglia” e “O.P.G” che mostrano i documenti dell’inchiesta, condotta dal Senato della Repubblica, sugli ospedali psichiatrici giudiziari. Nella stanza de “Gli Stereoscopi” invece il visitatore viene trasportato in un’altra dimensione, che sembra magica ma è riferita a un luogo reale, precisamente all’ex ospedale psichiatrico di Mombello, dove ha trascorso diversi anni della sua vita l’artista Gino Sandri, al quale è dedicata questa sezione, e le cui opere si alternano in un corridoio di emozioni.
Altre testimonianze sono quelle di Telemaco Signorini ne “la Stanza delle agitate”, grazie alle sue fotografie degli ospedali psichiatrici giudiziari e dei manicomi di Teramo e Palermo. Ancor più emozionanti le lettere degli internati, che scrivono ai loro cari di andarli a prendere, di farli uscire da quelle quattro mura e da quell’incubo.
Visitare questo museo significa gettarsi in un tunnel buio – come le sue sale – per qualche ora, ma anche trovare la via d’uscita grazie alla luce dell’arte.
Il Museo della follia è visitabile a Salò, presso il MuSa; il biglietto costa 14€. La mostra è aperta sino al 19 novembre. Per gli orari, diversi a seconda del mese, consultate questa pagina del sito.
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