Il concerto milanese per Gaza, un successo di pubblico e raccolta fondi, è stata la presa di posizione più forte contro il genocidio della scena musicale italiana.
Musica e resilienza al tempo del coronavirus
La musica è una delle più antiche forme d’arte umana, se non la più antica. Ed è anche un formidabile antidoto per la resilienza contro le guerre, le ingiustizie, le oppressioni, nei momenti di crisi. Lo abbiamo visto lo scorso autunno nelle proteste per strada in Cile, Libano, Catalogna, a Hong Kong e Haiti. Lo osserviamo,
La musica è una delle più antiche forme d’arte umana, se non la più antica. Ed è anche un formidabile antidoto per la resilienza contro le guerre, le ingiustizie, le oppressioni, nei momenti di crisi. Lo abbiamo visto lo scorso autunno nelle proteste per strada in Cile, Libano, Catalogna, a Hong Kong e Haiti. Lo osserviamo, più di recente, come atto liberatorio contro l’isolamento sociale cui milioni di persone in tutto il mondo sono costrette per fronteggiare la diffusione del nuovo coronavirus. Voci e suoni si diffondono e si connettono, virtualmente, per condividere i sentimenti più intimi e profondi di un’esistenza stravolta all’improvviso e mai vissuta prima. Per avvicinarsi, consolarsi, ribellarsi, sperare, o anche solo per sopravvivere.
Dalla resilienza cilena ai balconi italiani
Quando, a fine ottobre, un milione di manifestanti in Cile con migliaia di chitarre intona il brano “El derecho de vivir en Paz (Il diritto di vivere in pace)” di Víctor Jara, un cantante folk e attivista politico torturato e ucciso dalla dittatura militare nel 1973, la protesta è contro l’aumento dei costi della vita e le crescenti disuguaglianze economiche. Contemporaneamente, decine di musicisti cileni espatriati all’estero, ognuno dei quali in un paese diverso, realizzano una toccante versione orchestrale, a distanza, dell’inno di Jara.
L’esperienza corale si ripete a marzo in Italia, in seguito alle restrizioni per il dilagare della pandemia. Con le stesse dinamiche di un flashmob, allo scoccare delle sei di pomeriggio, cittadini e artisti più o meno improvvisati si affacciano sui balconi da nord a sud del paese prodigandosi in performance musicali e canore all’unisono, in segno di resilienza. A Milano, capoluogo della regione più colpita dal covid-19, in un mezzogiorno qualsiasi immerso in una dimensione ormai senza tempo, note nostalgiche di “O mia bela madunina” risuonano da una tromba dietro un’inferriata. Sono quelle del musicista Raffaele Kohler, che per quasi un’ora allieta l’intero quartiere.
L’ondata di esibizioni dai balconi italiani si interrompe dopo circa una settimana di entusiasmo, quando il bollettino delle infezioni e dei decessi si aggrava al punto da far riflettere sulla drammaticità della situazione, sul rispetto dei morti. Interpellato a riguardo dall’Huffington Post, Ennio Morricone confessa: “Non compongo e non ascolto musica, non è questo il momento”, aggiungendo che la musica per lui, e non solo per lui, “ha un valore assoluto e importantissimo” e che “certo, un po’ di leggerezza può aiutare, non c’è alcun dubbio, ma non è che in una situazione del genere mi metto ad ascoltarla così da potermi consolare per quello che accade”.
Se molti, come il maestro Morricone ma anche Nick Cave, preferiscono chiudersi nel silenzio, ce ne sono altri che proprio non ce la fanno a reprimere i propri impulsi creativi ed emotivi. Si aggrappano alla musica per necessità, per quell’alchimia segreta che si instaura tra strumento e musicista, tra voce e cantante, una linea invisibile che solo l’esecutore riconosce. Come il medico Christian Mongiardi del reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Varese che, in pausa con divisa e mascherina, esegue al pianoforte “Don’t stop me now” dei Queen. O il maturando Jacopo Mastrangelo, diciottenne appassionato di chitarra elettrica, che dal terrazzo della sua casa romana con affaccio su piazza Navona – ora più che mai deserta – suona un estratto della colonna sonora del film “C’era una volta in America”, composta proprio da Morricone nel 1984. “Ho scoperto che una piazza vuota fa più paura di una piazza piena”, racconta il ragazzo prima di ripetersi con un pezzo di Pino Daniele.
Inediti, dediche e concerti: gli artisti da casa vanno in streaming
La comunità artistica, particolarmente colpita dal lockdown globale, si reinventa grazie al digitale. Sospesa la programmazione di festival, tour, concerti e djset, gli artisti adesso si esibiscono in diretta streaming dalle proprie case, salotti o camere da letto. Per brevi intervalli o interi show dal vivo, per solidarietà o divertimento. Uno dei primi big a dedicare una canzone ai medici e agli infermieri in prima linea in Italia, ma anche in Irlanda nel giorno di San Patrizio, è Bono. Il cantante degli U2 si riprende con lo smartphone mentre intona (stona?) al pianoforte l’inedita “Let your love be known”, pubblicata sul suo Instagram.
Un’altra dedica speciale, sempre su Instagram, arriva dalla cantante e attivista Joan Baez, che imbraccia la chitarra e attacca, in un ottimo italiano, “Un mondo d’amore” di Gianni Morandi. Non può mancare all’appello Sting, che suona “The empty chair” in un videomessaggio condiviso su Facebook. “Questa canzone – spiega l’ex Police – parla delle persone care che ci mancano, di chi non può tornare a casa e lascia al suo tavolo una sedia vuota per ricordare”. Usando l’hashtag #TogetherAtHome, invece, Chris Martin dei Coldplay regala ai propri fan trenta minuti di successi quali “Trouble”, “A sky full of stars” e “When I ruled the world”.
La sorpresa più emozionante viene da Michael Stipe dei R.E.M. con un brano inedito, scritto insieme ad Aaron Dessner dei The National, che recita: “No time for crazy, No time for arguments, No time for love like now (Non è tempo di pazzie, non è tempo di discussioni, non c’è un tempo migliore di adesso per l’amore)”. Lascia tutti a bocca aperta Bob Dylan il quale, dopo un lungo silenzio, diffonde a sorpresa su Twitter un nuovo brano di diciassette minuti dal titolo “Murder must foul”. Il pezzo più lungo che abbia mai pubblicato, il primo inedito negli ultimi otto anni.
Il leggendario folk-rocker Neil Young pubblica sul suo sito una serie di sessioni acustiche con tanto di video, girati dalla moglie e attrice Daryl Hannah, che lo inquadrano nella tenuta in Colorado mentre esegue canzoni selezionate da tutta la sua discografia, incluse diverse rarità. Potrebbe averla vista anche il produttore Diplo, se in uno dei suoi djset improvvisati in casa fa partire una versione ballabile di “Hey hey, my my” con Rhye alla voce.
Nel frattempo la Third man records, l’etichetta di Jack White, lancia una serie di spettacoli dal vivo su Youtube chiamata Public access, inaugurata da Luke Schneider. Il musicista viene ripreso a suonare le tracce ambient del suo nuovo album con una strumentazione vintage, in particolare con una pedal steel del 1967. Sufjan Stevens pubblica l’uscita del suo ultimo album in anteprima streaming su Youtube, mentre Ben Gibbard dei Death Cab for Cutie posta ogni giorno contributi video da casa suonando canzoni su richiesta con ospiti virtuali.
Il cantautore inglese James Blake si presta per un’ora di diretta, alternando pezzi propri e cover di Joni Mitchell, Frank Ocean, Radiohead e Bill Withers. La cantante soul Erykah Badu sperimenta uno spettacolo interattivo a pagamento, Apocalypse One, in cui i partecipanti pagano un dollaro per assistere alla sua esibizione e mandarle richieste in tempo reale attraverso la funzione sondaggio di Instagram. Questlove dei The Roots si cimenta in un set di sei ore, quattro delle quali interamente dedicate al repertorio, tra classici e rarità, di Stevie Wonder. Il duo svedese Peter Bjorn and John si spinge oltre e lancia su Twitch un mini festival di 36 ore dal proprio studio di Stoccolma.
Ogni giorno crescono le iniziative benefiche a supporto di medici, ospedali e tutti coloro che si stanno battendo contro il coronavirus. L’iHeart Living Room Concert for America, condotto da Elton John in streaming, mostra diversi artisti che si esibiscono dai propri salotti di casa. Tra questi, Billie Eilish in una versione acustica di “Bad guy” col fratello Finneas, Billie Joe Armstrong dei Green Day in “Boulevard of broken dreams”, Dave Grohl impegnato nei versi di “My hero” e Alicia Keys in una toccante preghiera sonora per piano e voce.
Immagine di copertina: Michael Stipe dei R.E.M. canta un brano inedito contro il coronavirus
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