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Quando voce e cuore cambiano la vita, la musicoterapia nelle carceri e negli ospedali
Dalle carceri agli ospedali la musicoterapia ha il potere di abbattere le barriere e ridare speranza. In prima linea c’è Mozart 14, l’associazione che ha raccolto l’eredità del maestro Claudio Abbado.
Tutti abbiamo sentito parlare dei benefici della musicoterapia in contesti di sofferenza o disagio sociale. Ma non tutti abbiamo avuto occasione di scoprire e approfondire quale enorme ripercussione questa attività possa avere su tutta la società e quindi su ciascuno di noi. A lavorare proprio nel solco di questa consapevolezza è Mozart 14, associazione con sede a Bologna, che porta la musica nelle carceri, nei reparti di pediatria e neonatologia, e nei contesti segnati da disabilità. Tante attività portate avanti con passione e determinazione da operatori e volontari, con un potere terapeutico capace di influenzare positivamente tutti i soggetti coinvolti. A godere dell’effetto benefico di note e armonie vocali non sono, infatti, soltanto i diretti interessati ma tutti i soggetti coinvolti o toccati dall’esperienza. A raccontarcelo proprio loro: i responsabili e i musicoterapeuti della Mozart 14.
Cos’è Mozart 14
Nata nel 2014, l’associazione porta avanti la missione sociale ed educativa avviata da Claudio Abbado, il grande maestro d’orchestra scomparso nello stesso anno. A guidarla oggi è sua figlia Alessandra Abbado, un compito che lei assolve con passione e convinzione: “Nella mia vita ho avuto la fortuna di stare affianco a persone che hanno dato molto alla società: i miei genitori”, ci ha detto nel corso della conferenza stampa, organizzata a lo scorso 7 novembre presso Anteo Spazio Cinema a Milano, per raccontare le iniziative di musicoterapia portate avanti dall’associazione. “Con Mozart 14 desidero continuare a restituire dignità alla sofferenza e al disagio sociale attraverso i valori musica. L’obiettivo è farlo donando speranza, cultura e bellezza a chi non ce l’ha davanti agli occhi o a chi, magari, non l’ha mai vista”.
“La musica cambia la vita di tutti”, Ezio Bosso
Ambasciatore internazionale e grande sostenitore di Mozart 14 è il pianista e compositore Ezio Bosso, presente all’incontro di Milano. “Io vivo e credo nella musica”, ha detto Bosso, il quale dal 2011 convive con una sindrome neurodegenerativa che però non gli ha mai impedito di continuare a suonare. “La musica è capace di salvarti e cambiarti la vita. Non è un fenomeno consolatorio o d’intrattenimento, ma è parte della nostra vita. Qui non si tratta solo di ‘carcerati che suonano’ perché i carcerati siamo tutti noi. Il primo imprigionato sono io in tanti momenti e ne sono testimone anche per questo”. Profondamente legato all’associazione e ad Alessandra Abbado che considera “come una sorella”, Bosso ha sottolineato con forza la responsabilità di tutti i soggetti coinvolti a sostenere e divulgare realtà e iniziative come quelle promosse da Mozart 14, perché “la musica migliora la vita di tutti”.
Coro Papageno, la musicoterapia in carcere
Una delle espressioni più note dell’impegno dell’associazione è il Coro Papageno, primo coro composto da detenuti e detenute della Casa circondariale Dozza di Bologna, inaugurato nel 2011 proprio per iniziativa di Claudio Abbado e oggi diretto dal maestro Michele Napolitano. Da qualche anno è lui a svolgere le lezioni settimanali con i coristi. “È un amalgama bellissimo quello che si crea durante le prove d’assieme, che coinvolgono carcerati, carcerate e coristi volontari” ci spiega la coordinatrice dei laboratori Matilde Davoli, “non solo dal punto di vista musicale, ma anche da quello umano”.
I momenti clou di questa attività sono i due concerti annuali, uno dei quali aperto al pubblico. Un’occasione d’incontro unica, in cui tutta la società può partecipare e godere di quegli effetti benefici generati dalla musicoterapia. Una sorta di catena virtuosa di bellezza che genera bellezza, che prende vita in un contesto dove le barriere più invalicabili sono, spesso, proprio quelle del pregiudizio culturale e dell’incomunicabilità. Qui la musica diventa più che mai, sempre nelle parole della coordinatrice, “esercizio all’ascolto dell’altro”, quale “fondamento della convivenza civile”.
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Shalom! La musica viene da dentro. Il documentario
E proprio la grande umanità che la musicoterapia riesce a tirare fuori dalle persone è al centro del documentario Shalom! La musica viene da dentro. Viaggio nel Coro Papageno diretto dalla regista Enza Negroni e presentato al 13esimo Biografilm Festival di Bologna. Un film commovente, in grado di raccontare con sensibilità il percorso personale delle carcerate e dei carcerati coinvolti nel coro.
Dalle prove settimanali fino al concerto conclusivo, il documentario ripercorre i momenti cruciali di un anno eccezionale segnato dall’incontro con la pop star Mika (entrato in carcere per registrare con i coristi l’Ave Verum di Mozart per la sua trasmissione Casa Mika), dall’esibizione in Senato in occasione della festa europea della musica, e da quella nella Basilica di San Pietro in Vaticano davanti a Papa Francesco al giubileo dei carcerati. Oltre alla musica e ai canti che accompagnano tutto il documentario sono le testimonianze dirette dei detenuti e delle detenute ad accorciare le distanze con contesto così lontano dalla nostra esperienza quotidiana. Il velo del pregiudizio viene lacerato dai racconti a cuore aperto.
La musicoterapia in ospedale, accanto ai più piccoli
Le attività corali e di musicoterapia di Mozart 14 proseguono con i laboratori di “songwriting”, scrittura delle canzoni, nell’Istituto penale minorile di Bologna e con gli incontri di gruppo nei reparti di chirurgia, oncologia ed ematologia pediatrica. Qui l’intento è di “creare un luogo in cui i bambini possano sentirsi sicuri e protetti e in cui possano esprimere le loro ansie”, nelle parole della coordinatrice Anna Savini.
Ma i luoghi più “nascosti” in cui arrivano le note di Mozart 14 sono i reparti di terapia intensiva neonatale e neonatologia accanto ai bimbi prematuri o affetti da patologie dalla nascita. “I bambini ricoverati qui spesso sono sottoposti a cure continuative e invasive nelle incubatrici che spesso non prevedono il contatto corporeo con la mamma – spiega Savini –. Ecco perché la voce diventa fondamentale in quanto unico mezzo di comunicazione. Il ruolo delle nostre pedagogiste e musiciste qui è prendersi cura delle famiglie e delle mamme in particolare per sensibilizzarle all’uso della voce”. Ma non solo: “Un altro obiettivo è valorizzare la presenza della mamma e contrastare il senso di impotenza e inadeguatezza in cui spesso ci si trova in queste circostanze”.
Anche qui, come per tutte le iniziative dell’associazione, viene svolto un lavoro di voce e di cuore fatto in sordina ma con un’eco capace di cambiare la vita a chiunque arrivi a sentirla.
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