Aung San Suu Kyi è stata condannata per aver ricevuto tangenti da un magnate legato in passato al narcotraffico.
La sua pena è così aumentata di tre anni dai 23 già subiti, raggiungendo un totale di 26 anni.
Per gli osservatori stranieri, così come per l’Ue, le accuse a Aung San Suu Kyi sono infondate.
L’ex leader politica del Myanmar e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi ha ricevuto due nuove condanne da parte di una corte militare. La donna, in carcere dal febbraio del 2021 dopo il colpo di stato dei militari, ha visto ora allungarsi la sua pena a 26 anni. Le ultime due condanne riguardano la corruzione ma osservatori politici indipendenti continuano a parlare di incriminazioni politiche.
Nuove condanne per corruzione
Il primo febbraio 2021 i militari hanno rovesciato il governo del Myanmar e instaurato un regime autoritario nel paese. La popolazione è scesa in piazza per mesi contro il golpe e le proteste sono state represse con la violenza: il bilancio del primo anno è stato di 1.500 morti e quasi 9mila arresti.
Tra gli arrestati c’è stata anche la leader politica Aung San Suu Kyi, che dal 2016 guidava il governo poi destituito dai militari. In questi mesi è stata processata più volte e ha subito condanne di vario tipo, che finora avevano portato a una condanna totale per 23 anni. Si va dall’accusa di aver importato illegalmente walkie-talkie, alla frode elettorale, fino alla violazione delle norme sul coronavirus.
Nella giornata del 12 ottobre è arrivata una nuova doppia condanna, comminata da una giunta militare. Suu Kyi è stata incriminata per corruzione, con i capi di accusa per violazione della legge sul tema che sono saliti a 12. Il caso riguarda una presunta mazzetta da 550mila dollari ricevuta dal magnate Maung Weik, condannato nel 2008 per narcotraffico. La pena complessiva per l’ex leader politica del Myanmar, che si trova in isolamento nel carcere della capitale Yangoon, è così aumentata di altri tre anni, arrivando a 26 anni.
Per gli osservatori stranieri Aung San Suu Kyi è innocente
La donna ha sempre respinto le incriminazioni a suo carico, così come hanno fatto diversi osservatori stranieri indipendenti e gran parte della comunità internazionale. Come ha sottolineatoBrad Adams, Asia director dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch, le accuse a Aung San Suu Kyi sono infondate: “La giunta militare sta usando questo procedimento giudiziario fittizio per spazzare via ogni opposizione alla dittatura militare”.
"We call for the immediate release of all journalists, as well as of Aung San Suu Kyi and others. At the same time, we call for concerted international cooperation on #Myanmar, incl. further sanctions. We will not accept or tolerate that democracy dies in darkness," @karstenluckepic.twitter.com/PYQNuy6lEa
Sul tema si è espressa negli scorsi mesi anche l’Unione Europea per voce di Josep Borrell, Alto rappresentante per gli affari esteri: “L’Ue chiede al regime in Myanmar di rilasciare lei e tutti i prigionieri politici”, il suo appello, “condanniamo le sentenze ingiustificate a suo carico”. Intanto la giunta militare ha promesso le elezioni per il 2023, già definite dall’Onu una “frode”, con tanto di richiesta alla comunità internazionale di non offrire un sostegno che possa legittimarle.
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