Il procuratore Khan chiede di arrestare il comandante delle forze armate del Myanmar, Min Aung Hlaing, per crimini contro la minoranza rohingya.
Semi di speranza: a Bergamo la mostra sulla vita in Myanmar in epoca di crisi climatica
Fondazione Cesvi organizza una mostra fotografica e denuncia il dramma della popolazione del Myanmar colpita dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Il Myanmar è il secondo paese al mondo più colpito da eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica. Nel mondo negli ultimi 20 anni si sono susseguiti 11mila disastri climatici che hanno provocato la morte di oltre 475mila persone, secondo il Global Climate Risk Index 2021 e a pagarne le conseguenze più gravi sono tuttora i paesi poveri e più vulnerabili, ancora oggi impreparati ad affrontare e reagire a tali catastrofi. Proprio come la ex Birmania. A Bergamo, fino al primo maggio all’Ex ateneo in città alta, una mostra fotografica con le immagini di Gianfranco Ferraro e organizzata da Fondazione Cesvi, racconta con cruda immediatezza la quotidianità degli abitanti della dry zone, la vasta area al centro del Myanmar dove vive circa un quarto della popolazione. Nella speranza, come spesso accade, che la fotografia sia in grado di destare coscienze.
Semi di speranza. Voci e volti dal Myanmar
Parliamo molto dei cambiamenti climatici. Forse soffermandoci troppo su ciò che non viene fatto per contrastarli. E su quel che accadrà, a tutti noi, se non si invertirà la rotta. Ma cosa avviene nella vita di tutti i giorni adesso alle popolazioni che sono già gravemente vittime di questi eventi, non lo diciamo abbastanza. Anche per questo, Fondazione Cesvi, che dal 2001 lavora in quest’area, ha organizzato la mostra Semi di speranza. Voci e volti dal Myanmar. Il fotografo Gianfranco Ferraro ha documentato ciò che accade nella dry zone, la vasta regione al centro del paese e uno dei principali poli agricoli del Myanmar. Qui gli effetti dell’emergenza climatica, e in particolare inondazioni violente, lunghi periodi di siccità e bassissimi livelli di precipitazione durante tutto l’arco dell’anno, stanno mettendo a dura prova la produzione agricola e il sostentamento della popolazione. Cesvi qui ha raggiunto in oltre 20 anni più di 4,6 milioni di beneficiari attraverso interventi nei settori della salute e dell’igiene, della lotta alla fame, dello sviluppo agricolo e della protezione dell’ambiente. Ma serve di più.
Il Myanmar è stato colpito nel 2008 dal ciclone Nargis, responsabile della morte di 140mila persone e della perdita o del danneggiamento delle proprietà di circa 2,4 milioni di abitanti. Numeri ancora più impressionanti se si considera che la condizione di sofferenza in cui versa ancora oggi il Paese è dovuta per il 95 per cento proprio alle conseguenze del ciclone. È stato il picco di una tendenza che pesa sulla nazione, così come su molte altre. L’intensità e frequenza dei cicloni è aumentata: prima del 2000 toccavano la costa birmana ogni tre anni, da allora vi arrivano ogni anno. Sono aumentati anche siccità, temperature estreme e allagamenti. L’impatto di questi drastici fenomeni climatici, in particolare sulla produzione agricola, ha provocato anche una diminuzione di reddito e di sicurezza alimentare delle famiglie, in cui i più colpiti sono i bambini.
Il fotografo Gianfranco Ferraro racconta il suo Myanmar
Il fotografo di Semi di speranza, Gianfranco Ferraro, ha parlato dei viaggi in Myanmar e della sua collaborazione con Cesvi: “È importante dire che le foto esposte sono state scattate tutte pre-Covid. Da allora non è stato più possibile andare in Myanmar. Io ci sono stato dal 2014, anno in cui ho iniziato la mia collaborazione con Cesvi. Ho visitato il paese e documentato fotograficamente diversi loro progetti aperti tutt’oggi. La maggior parte dei quali si svolge nella dry zone“.
Forse quelli che vedrete in mostra non sono gli scatti che ci si immagina possano documentare gli effetti dei cambiamenti climatici. Lo sguardo di Gianfranco Ferraro infatti si sofferma molto sulla quotidianità, sulle vite della popolazione. “Le foto raccontano l’ordinario che per noi diventa straordinario se si considerano le condizioni in cui vivono queste persone. La mia scelta è quella di concentrarmi su ritratti che apparentemente non hanno nulla a che fare con l’esprimere la difficoltà della terra. Ma in realtà, non è così. Tutto, per la gente del Myanmar e della dry zone in particolare, dipende dalla terra”.
Il lavoro che ha fatto negli anni e che sta facendo tutt’oggi Cesvi permette a questi uomini e queste donne di avere un’esistenza dignitosa. Di continuare a vivere. La situazione è difficilissima. E da molto tempo. I progetti portati avanti dal Cesvi, specie in ambito agricolo, hanno portato quasi un benessere. Se così si può definire. Molta parte dei birmani ha investito in semina ma ora i cambiamenti climatici hanno modificato il loro lavoro in modo significativo: molte delle culture che hanno coltivato, hanno bisogno di parecchia acqua che ora manca. Cosa fare? Si tratta di agricoltori resilienti che non si sposterebbero mai dalla propria terra”. Resistono con enormi fatiche. “Nessuno capisce sino in fondo cosa accada lì. Chi parla del Myanmar? Ciò che è poco noto è anche la situazione politica: è un paese sempre in allarme, con conflitti interni non indifferenti”. È infatti in atto una guerra civile e vengono denunciati crimini contro l’umanità.
Non è semplice andarci, in pochi entrano nel paese con facilità. Si corrono gravi rischi. Le stesse ong non sono sicure. Quel che però non dimentico è l’accoglienza riservataci dalla popolazione birmana: una dolcezza infinita nell’offrire ciò che hanno.
Consiglio di visitare la mostra perché a mio parere dovremmo staccarci un po’ tutti dallo schermo del cellulare e dedicare un po’ di tempo in più alle immagini, per entraci dentro. Per vivere ciò che vuole comunicare il fotografo. E creare un rapporto con un luogo, un popolo che non conosci attraverso gli occhi di chi ne ha avuto esperienza. La fotografia ha ancora questo potere, questa forza”.
Cosa fa Fondazione Cesvi in Myanmar
In Birmania Cesvi, grazie a un progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e implementato in partnership con la Ong birmana Nag e l’Associazione microfinanza e sviluppo onlus, sta combattendo contro queste criticità con interventi mirati a mitigare gli effetti negativi della crisi climatica sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza della popolazione, riducendone il livello di vulnerabilità e accrescendone la resilienza. Concentrandosi sulla promozione delle buone pratiche agricole, Cesvi coinvolge i piccoli agricoltori nella coltivazione del sesamo, delle arachidi e del fagiolo mungo verde, colture che rappresentano la principale fonte di reddito nella regione, perché non necessitano di molta acqua e ben si adattano all’aridità della zona. Per aumentare la qualità e la quantità della produzione, vengono messe a loro disposizione migliori varietà delle sementi, sono forniti loro una formazione e un accompagnamento costanti per promuovere l’adozione di tecniche agricole innovative, vengono favorite le vendite collettive a livello regionale per aumentare l’accesso ai mercati ed è promosso il loro accesso al credito per assicurare l’acquisto di fattori produttivi adeguati.
Infine, Cesvi è al fianco della popolazione civile colpita dalle forti instabilità interne e dalle conseguenze della pandemia di Covid-19 che ha comportato un fortissimo rallentamento dell’economia e, di conseguenza, un aumento del tasso di disoccupazione. Le fasce più vulnerabili vengono sostenute con la fornitura di kit alimentari, mentre giovani e donne prima impiegati nel settore turistico sono supportati nell’avvio di attività generatrici di reddito in campo agricolo e non, come coltivazione di orti domestici, allevamento, attività commerciali. È inoltre particolarmente importante il programma di educazione informale rivolto ai bambini e alle bambine che, per colpa delle instabilità, non hanno più accesso alla scuola.
Dal 1 aprile al 1 maggio la mostra sarà aperta da martedì a venerdì dalla 14:00 alle 18:00, sabato, domenica e festivi dalle 10:00 alle 18:00. L’ingresso è gratuito.
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