L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
In Myanmar non si potranno più tagliare alberi fino al 2017
La nuova legge voluta per impedire il taglio indiscriminato delle foreste del paese. Per il teak, il divieto sarà di 10 anni.
È una svolta per il paese asiatico. Uno dei più colpiti dalla deforestazione dopo Brasile e Indonesia. Il Governo del Myanmar ha deciso di vietare il taglio di legname per un’intera stagione, quindi fino alla fine di marzo 2017, per ridurre la perdita di copertura forestale. Non solo, ma nelle montagne Pegu Yoma il taglio del teak è stato vietato per i prossimi 10 anni.
Una boccata d’ossigeno per le foreste del Myanmar, che dal 2010 hanno perso più di 546.000 ettari in media ogni anno (fonte: Fao), circa il 5 per cento dell’intera copertura forestale del paese.
Il Myanmar vuole fermare la deforestazione
Il controllo ora passa al Myanmar timber enterprise, ente governativo che gestirà le riserve accumulate negli anni, che dovrebbero comunque assicurare l’accesso al legname sia a livello nazionale che internazionale per i prossimi 3 anni.
“Il commercio del legname in Myanmar ha creato seri problemi per decenni, promuovendo anche il conflitto armato in territori appartenenti alle minoranze etniche, e una riforma era estremamente necessaria per rendere il settore ambientalmente ed economicamente sostenibile”, ha dichiarato Kerstin Canby, direttore delle politiche forestali di Forest Trends. “Questa moratoria potrebbe rappresentare una buona misura di ripiego, se venisse utilizzata per dare il tempo al Governo nazionale per fare le necessarie riforme istituzionali”.
Lotta alla corruzione
“Questa è una decisione che dimostra chiaramente la volontà di combattere le corruzione nel settore forestale, da parte del National legue for democracy-led, salito al Governo dallo scorso marzo”, ha dichiarato Faith Doherty dell’Environmental investigation agency (Eia). “Evidentemente non c’è una sola soluzione al problema e molto lavoro rimane ancora da fare, ma questo è un punto di partenza estremamente incoraggiante e ottimista”.
Immagine di copertina Ruben Salgado Escudero / Getty
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