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Caucaso. Si alza la tensione tra il Nagorno Karabakh e l’Azerbaigian
Dopo i violenti scontri che hanno avuto luogo nel Nagorno Karabakh, una regione che esige l’autodeterminazione, gli armeni chiedono all’Azerbaigian di porre fine alle ostilità.
La Repubblica montuosa del Nagorno Karabakh, nel Caucaso, è una democrazia presidenziale abitata da persone di etnia armena. Nel 1923 Stalin cedette il territorio all’Azerbaigian seguendo una politica di divisione per indebolire le aspirazioni nazionali dei gruppi minoritari. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, tra il Nagorno Karabakh e gli azeri scoppiò una guerra che culminò con un armistizio nel 1994. Dal primo aprile di quest’anno, però, “ci sono stati cinque giorni di lotte violente”, ha detto Bedo Demirdjian, rappresentante della federazione euro-armena per la giustizia e la democrazia, “le lotte più violente mai viste dall’armistizio del 1994”.
Dopo lo scioglimento dell’Urss non passò molto tempo quando gli armeni cristiani del Nagorno Karabakh si organizzarono tra di loro e si schierarono contro gli azeri musulmani che erano a capo dei pogrom, le persecuzioni etniche e religiose contro gli armeni cristiani. Questi ultimi si dichiararono indipendenti e formarono la Repubblica del Nagorno Karabakh, altrimenti detta Artsakh.
20mila morti
Ciò portò a una guerra su vasta scala che causò la morte di 20mila persone e l’evacuazione di altre 800mila che terminò con l’armistizio del 1994 e con nessun accordo di pace. Anche se negli ultimi 25 anni l’Azerbaigian non ha esercitato alcun potere sulla regione del Nagorno Karabakh, la comunità internazionale non ha ancora riconosciuto la sovranità di quel territorio.
Gli scontri violenti si riaccendono
Le tensioni nell’area si sono intensificate negli ultimi due anni e sono state documentate molte violazioni dell’armistizio, tutte senza conseguenze. Questo stato di inattività da parte della comunità internazionale ha provocato la ripresa della lotta.
La sera del primo di aprile, le forze armate azere appoggiate dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sono entrate nel territorio con elicotteri militari, carri armati, armi e droni per ristabilire i confini che erano stati fissati arbitrariamente non rispettando il diritto di autodeterminazione degli abitanti del luogo.
Gli armeni hanno risposto agli attacchi degli azeri che hanno causato molti morti. Secondo il ministero della Difesa 97 tra soldati, civili e volontari armeni hanno perso la vita durante gli scontri, mentre nello schieramento azero sono morti 31 soldati e 4 civili, dati che non sono però stati più aggiornati dal 5 aprile. Demirdjian racconta che quando gli azeri hanno sferrato gli attacchi su vasta scala c’è stata un’iniziale reazione di stupore ma gli armeni hanno presto ripreso le posizioni perdute nel sudest e nel nordest del Nagorno Karabakh. “I paesi si sono accordati per un cessate il fuoco bilaterale mediato dalla Russia”, raggiunto il 5 aprile. “Questo ci riporta indietro all’inizio di tutto”, ha detto Demirdjian.
Gli attacchi ai civili
“L’Azerbaigian ha aperto le ostilità non solo contro il Nagorno Karabakh ma anche contro gli armeni. I civili armeni sono stati i primi a essere stati colpiti a sangue freddo a Martakert”, ha aggiunto Demirdjian. Invece i testimoni degli scontri nella provincia di Martakert hanno dichiarato che la battaglia non sembra essere stata condotta contro un unico territorio: due anziani armeni sono stati uccisi e gli sono state tagliate le orecchie e alcuni soldati armeni sono stati decapitati e mutilati.
La richiesta degli armeni di essere ascoltati
“Siamo qui di fronte all’ambasciata azera come molte altre comunità armene in tutto il mondo”, ha commentato Demirdjian durante una protesta tenutasi a Bruxelles il 10 aprile in cui gli armeni facevano sentire la propria voce all’Azerbaigian e alla comunità internazionale.
Gli armeni si stanno facendo sentire prendendo parte a proteste nelle città di tutto il mondo, da Los Angeles a Bruxelles, da Parigi a Yerevan, firmando petizioni, offrendosi come volontari e raccogliendo fondi per aiutare le famiglie delle vittime e dei soldati. “Vogliamo che l’Azerbaigian ponga fine alle ostilità. Vogliamo che si radunino attorno al tavolo delle trattative e che rispettino il diritto di autodeterminazione degli armeni,” conclude Demirdjian. Gli armeni di tutto il mondo si stanno riunendo per combattere per una causa comune: il diritto della gente del Nagorno Karabakh ad autogovernarsi.
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