La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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La vita di migliaia di elefanti di savana è in pericolo a causa della ricerca di nuovi pozzi di petrolio nell’area del delta dell’Okavango, tra Namibia e Botswana.
Sono decine di migliaia gli elefanti africani (Loxodonta africana) minacciati dalle ricerche per i pozzi esplorativi del giacimento petrolifero scoperto tra Namibia e Botswana, in Africa, di cui avevamo raccontato qui.
L’area della licenza per il giacimento si estende per più di 34mila chilometri quadrati di terreno di cui circa il 70 per cento si trova in Namibia, il resto in Botswana, e comprende parte dell’area vitale del delta dell’Okavango, uno dei più grandi delta interni del mondo. Il territorio è ricchissimo di flora e fauna, tanto che nel 2014 è entrato a far parte dei siti dell’Unesco. Tra le tante specie che abitano l’area – leoni, ippopotami, giraffe, antilopi, aquile – ci sono anche 130mila elefanti di savana che costituiscono la più grande popolazione di elefanti di savana d’Africa. L’elefante di savana, che insieme all’elefante di foresta costituisce una delle due specie di elefante africano, è a rischio d’estinzione. La popolazione di entrambe le specie ha subìto un forte calo dal 2008 a causa di un aumento significativo del bracconaggio che ha raggiunto il picco nel 2011 ma continua, ancora oggi, a minacciare le popolazioni. Il cambio d’uso del suolo costituisce un’altra minaccia significativa. Inoltre, in alcune parti del Botswana, il conflitto tra elefanti e comunità locali è in aumento poiché la perdita di habitat costringe gli animali ad avvicinarsi sempre di più ai raccolti. Secondo i dati dell’International union for conservation of nature, su un periodo di 31 anni, il numero di elefanti di foresta è diminuito di oltre l’86%, mentre quello degli elefanti di savana è diminuito di almeno il 60% negli ultimi 50 anni.
La compagnia che sta esplorando l’area per gas e petrolio è ReconAfrica, una società canadese, quotata in borsa in Canada, Stati Uniti e Germania.
“Meno di 450mila elefanti sopravvivono in Africa, rispetto ai milioni di anni fa: 130mila di questi hanno stabilito questa regione come casa, e i piani illegittimi di ReconAfrica li mettono direttamente a rischio”, ha detto al Guardian Rosemary Alles della Global march for rhinos and elephants. E ha aggiunto: “C’è una profonda ironia qui. Abbiamo centinaia di elefanti che muoiono a causa di una fioritura di alghe causata dal cambiamento climatico, e a pochi chilometri di distanza vogliono iniziare a trivellare per ottenere ancora più petrolio”.
Inoltre, sembra che le vibrazioni emesse durante i lavori d’esplorazione petrolifera disturbano notoriamente gli elefanti, e l’aumento dei lavori di costruzione delle strade e il traffico non solo allontanerebbe gli animali, ma aprirebbe anche la zona ai bracconieri.
“Soprattutto quando hanno dei piccoli, evitano le zone dove c’è un’attività umana, dove c’è rumore e ciò che percepiscono come un pericolo. Questo può allontanarli dalle loro antiche rotte migratorie e avvicinarli ai villaggi e alle aree agricole, portando a più conflitti uomo-elefante”. Secondo gli esperti, dunque, il giacimento potrebbe avere effetti devastanti sugli ecosistemi, sulla fauna selvatica e sulle comunità locali.
Il Delta dell’Okavango, poi, è tra le più frequentate destinazioni per quanto riguarda l’eco turismo. Le trivellazioni hanno il potenziale di risultare in perdite ingenti non soltanto da un punto di vista ecologico, ma anche economico – soprattutto per le comunità locali il cui sostentamento si basa anche sulle entrate fornite dall’eco turismo.
Il governo namibiano ha fatto sapere che i pozzi esplorativi non sono situati in nessuna “area protetta o sensibile dal punto di vista ambientale e non avranno un impatto significativo sulla nostra fauna selvatica”, secondo quanto riportato dal Guardian. Ma gli scienziati, gli ambientalisti e le comunità locali dicono che il progetto potrebbe mettere in pericolo le forniture d’acqua e minacciare l’enorme area incontaminata del delta dell’Okavango in Botswana.
National Geographic ha riferito che la società, tra l’altro, sta smaltendo le acque reflue senza permessi, secondo un ministro del governo: le perforazioni per il primo pozzo di prova sono iniziate a gennaio e i fluidi di scarto vengono immagazzinati in quello che sembra essere uno stagno non rivestito, dove potrebbero essere assorbiti dal terreno e contaminare la fornitura d’acqua.
Il mese scorso l’Agenzia internazionale per l’energia ha pubblicato il rapporto 2021 nel quale delinea la rotta del settore energetico globale per arrivare allo zero netto di emissioni entro il 2050. Dal rapporto non solo è chiaro che gli impegni dei governi sono ben al di sotto di ciò che è necessario per azzerare le emissioni di gas serra del settore energetico entro il 2050 e mantenere l’aumento della temperatura media globale sotto i 1,5 gradi, ma anche che lo sfruttamento e lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas, e più in generale di combustibili fossili, deve fermarsi quest’anno se il mondo vuole rimanere entro i limiti di sicurezza posti dalla comunità scientifica. Non esiste più “la necessità” di nuovi investimenti fossili.
Questo giacimento petrolifero è solo la più recente delle minacce per gli elefanti della regione, centinaia dei quali sono morti misteriosamente nell’ultimo anno. Un gruppo di elefanti morti è stato segnalato per la prima volta nel delta dell’Okavango all’inizio di maggio 2020, con 169 individui morti entro la fine del mese. A metà giugno, il numero era più che raddoppiato, con il 70 per cento delle morti intorno alle pozze d’acqua.
Gli scienziati stanno cercando di trovare la causa delle morti, ma credono che possano essere legate ad una quantità crescente di alghe tossiche, i cianobatteri, comparse nelle pozze d’acqua dove gli animali vanno ad abbeverarsi e a lavarsi. Secondo gli esperti, la loro comparsa sarebbe una conseguenza del riscaldamento globale.
In dosi sufficientemente elevate, i cianobatteri possono uccidere i mammiferi interferendo con la capacità del sistema nervoso di inviare segnali in tutto il corpo. Questo può risultare nella paralisi e nell’insufficienza cardiaca o respiratoria. Molti degli elefanti morti in Botswana sono stati visti camminare in cerchio prima di crollare improvvisamente, ha riferito il Guardian.
In un momento in cui la biodiversità è gravemente minacciata dagli effetti della crisi climatica e dalla perdita di habitat, i governi dovrebbero agire con urgenza per tutelare il più possibile le popolazioni, soprattutto le specie che sono più a rischio e quelle aree che sono cruciali per la loro sopravvivenza, proprio come l’Okavango.
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