L’aspettativa di vita cala ancora, a pagarne il prezzo maggiore le comunità di nativi colpiti da povertà e limitato accesso all’assistenza sanitaria.
Negli Stati Uniti i nativi americani e dell’Alaska vivono, in media, meno del resto della popolazione. 65 anni i componenti delle comunità indigene, 76 anni gli altri. Questo è quanto emerge dalle ultime rilevazioni condotte dal National center for health statistics relative all’aspettativa di vita per l’anno 2021, scesa per il secondo anno consecutivo.
Un dato preoccupante, acuito da due anni di pandemia, soprattutto se si pensa che dietro a quei numeri si nascondono delle storie. Come quella di Carol Schumacher ̶ riportata dal quotidiano New York Times cresciuta nella remota comunità di Chilchinbeto nella riserva Navajo a cavallo tra Arizona, Nuovo Messico e Utah, nel sudovest degli Usa. Ha perso ben 42 familiari a causa della Covid-19.
Tra le cause: povertà e limitato accesso all’assistenza sanitaria
I ricercatori si sono chiesti cosa abbia reso le comunità native così vulnerabili alla Covid-19, delineando i contorni di un quadro complesso e non del tutto esaustivo. Di certo a concorrere a questo primato negativo ci sono una lunga storia di povertà, accesso inadeguato all’assistenza sanitaria, infrastrutture scadenti in gran parte eredità di promesse governative non mantenute. Una questione che pone l’accento non solo sullo stato dei diritti dei nativi, ma su quello di tutte le minoranze nel paese.
Già nel corso del 2021 l’Apm research lab aveva pubblicato uno studio sul legame tra le morti per Covid-19 e l’etnia negli Stati Uniti. I numeri rimarcavano come i nativi americani avessero fatto registrare un tasso di mortalità di 1 su 475, valore che scendeva a 1 su 646 per gli afroamericani e 1 su 825 per i bianchi.
Anche discriminazione e razzismo incidono
Department of health and human services. E come se non bastasse, sempre secondo gli studi, la discriminazione e il razzismo incidono negativamente sulla salute mentale e fisica dei componenti della comunità.
“Non c’è nulla di strano o insolito nella nostra popolazione”, ha dichiarato la dottoressa Ann Bullock, ex direttrice prevenzione del diabete presso l’Indian health servicese membro della tribù Chippewa del Minnesota. “È semplicemente ciò che accade biologicamente alle popolazioni che sono cronicamente e profondamente stressate e private di risorse”.
La Covid però è stata solo la punta dell’iceberg, andandosi a inserire in quadro generale aggravato anche da abuso di alcol e droghe, oltre a malattie epatiche croniche che hanno avuto un ruolo paragonabile a quello del coronavirus nell’aumentare i decessi nel 2021.
Per quanto i dati non siano rincuoranti, le coscienze degli americani non sono indifferenti alla questione dei nativi. Proprio qualche settimana fa Academy of motion picture arts and science si è formalmente scusata con l’attrice e attivista nativa americana. Nel 1973 era stata fischiata per aver rifiutato l’Oscar per conto di Marlon Brando, determinato a boicottare la cerimonia come protesta verso la rappresentazione dei nativi a Hollywood.
Sarebbe utile che la vicinanza dimostrata con gesti simili a questo, si traducesse poi in un concreto miglioramento delle condizioni di vita delle comunità native.
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