Cosa si sa del naufragio della barca di migranti nelle acque di Crotone

Una barca ha fatto naufragio vicino alla costa di Crotone: decine di migranti morti. L’appello di Mattarella, Caritas e società civile: più corridoi e pattugliamenti.

  • Una barca colma di migranti si è spezzata al largo delle coste calabrese: ci sono decine di morti.
  • Ieri era stata individuata da Frontex, ma il mare avverso ha impedito il salvataggio.
  • Era partita dalla Turchia, seguendo una rotta non coperta dalle ong.

Aggiornamento del 27 febbraio.

Sale a 64 il numero delle vittime, tra cui una ventina di bambini, e 80 le persone messe in salvo, nel naufragio di una piccola imbarcazione carica di migranti avvenuta questa mattina al largo di Steccato di Cutro, una località marittima vicino a Crotone. Ai soccorsi e alle ricerche hanno partecipato anche i carabinieri, la polizia, la guardia di finanza, i Vigili del fuoco, la Croce rossa, la Capitaneria di porto, la Protezione civile: secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, infatti, è possibile che a bordo del natante, lungo appena 20 metri, vi fossero fino a 250 persone. Secondo il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, “ci sono ancora almeno 30-40 corpi dispersi da recuperare”.

Le scene raccontate dai primi testimoni sono agghiaccianti: i corpi delle vittime sarebbero affiorati improvvisamente in acqua, trasportati verso la spiaggia dalla corrente. Un migrante che era a bordo ha riferito che sull’imbarcazione c’è stata una improvvisa esplosione, e poi il naufragio. Le persone a bordo erano soprattutto di nazionalità irachena, pakistana e afgana.

Se il cordoglio per le vittime ha immediatamente unito tutti, il governo e partiti di maggioranza, che proprio in settimana hanno trasformato in legge dello stato il decreto che regolamenta le operazioni delle navi delle organizzazioni non governative, tornano ad accusare i trafficanti di esseri umani, soprattutto libici: “è criminale mettere in mare una imbarcazione lunga appena 20 con ben 200 persone a bordo (ma il numero come detto è ancora da verificare, ndr) e con previsioni meteo avverse – ha scritto la premier Giorgia Meloni – Il Governo è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”.

Era possibile salvarli?

La Guardia costiera ha reso noto che il barcone era partito quattro giorni fa da Smirne, in Turchia, e che ieri era stato avvistato a circa 40 miglia dalla costa crotonese da un velivolo dell’agenzia europea Frontex. Una motovedetta della Guarda costiera era partita da Crotone e un pattugliatore del gruppo aeronavale da Taranto, in Puglia, ma a causa delle pessime condizioni del mare erano dovute rientrare. Condizioni del mare che hanno letteralmente spezzato in due il barcone.

La rotta seguita dalla barca partita dalla Turchia (immagine a scopo illustrativo)

Non è possibile, in questo caso, assegnare responsabilità dirette al decreto ong, che per esempio tiene bloccata in porto la Geo Barents: le navi umanitarie delle ong, infatti, non coprono la tratta di mare percorsa dal barcone in questione, che si è mosso tra mar Egeo e Ionio in direzione Crotone e non attraverso il Mediterraneo centrale. Il che però, allo stesso tempo, non fa che dimostrare l’importanza della presenza di un pattugliamento e di un soccorso in mare.

Corrodoi e pattugliamenti europei

In queste ore, in molti tornano a chiedere anche l’apertura di corridoi umanitari, ad esempio don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana: “L’accoglienza delle persone che arrivano e arriveranno sul nostro territorio è per noi un fatto importante, che ci impegna, al di là della discussione sull’opera delle Ong e del loro ruolo nel mare Mediterraneo. Caritas Italiana, per conto della Chiesa che è in Italia e in collaborazione con altre organizzazioni e il Governo, col progetto dei corridoi umanitari pone un “segno”: si possono, dunque si devono, organizzare vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi per mare e che diano prospettive reali alle persone migranti”. Anche secondo Mediterranea Saving Humans, “chi, al governo, chiude le frontiere e non apre canali legali e sicuri d’ingresso in Europa, dovrebbe solo tacere”.

 

Dove tutta la politica italiana, questa mattina, trova un punto di caduta comune è nella richiesta all’Unione europea di approntare non solo una politica migratoria comune, ma anche una missione di ricerca e soccorso: Frontex, ovvero la Guardia costiera europea come stabilito anche dalla Corte dei conti europea, e come dimostrato nel caso di oggi, in cui si è limitata a segnalare la presenza di una barca, “non ha pienamente adempiuto al mandato ricevuto nel 2016” e “non ha svolto efficacemente il nuovo ruolo operativo che le è stato assegnato”; lo stesso dicasi dela operazione Irini, che di fatto non si occupa di soccorso.

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, questa mattina, è intervenuto sulla questione, giudicando “indispensabile che l’Ue assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie”. Altro che ostacolare le ong, dunque: serve un pattugliamento rafforzato, gestito direttamente dalle istituzioni europee, e corridoi per accessi sicuri.

Sono passati quasi 10 anni dal 3 ottobre 2013, quando un barcone libico utilizzato per il trasporto di migranti naufragò a poche miglia da Lampedusa provocando la morte di 368 persone. Nel frattempo oltre 20mila. secondo i dati Oim persone hanno perso la vita sulla rotta del Mediterraneo centrale.

Storie tragiche e il bisogno di sostegno psicologico 

C’era un sedicenne afgano che ha perso una sorella e non sa come dirlo alla famiglia, rimasta in patria. Un papà che è riuscito a salvare solo uno dei suoi figli, ma non la moglie e gli altri tre e da ieri non smette di colpevolizzarsi. Un ragazzo siriano che ha visto morire il fratellino di 6 anni per ipotermia. Ma ognuno, ogni singolo superstite del naufragio di ieri notte a pochi chilometri dalla costa crotonese, ha perso almeno un famigliare nel disastro. Non di sole cure mediche, cibo e un tetto hanno bisogno gli 80 sopravvissuti, ma anche (forse soprattutto) di sostegno psicologico. L

Lo sottolinea Medici senza Frontiere che a questo scopo è giunto a Crotone con un proprio staff, e ha fatto il punto della situazione in un punto stampa in cui Sergio Di Dato, responsabile dell’intervento di Medici Senza Frontiere, ha raccontato: “La barca era fatiscente e non ha retto né il peso delle persone né le onde alte. Le persone che sono state soccorse non ci hanno parlato di navi della Guardia di finanza o della guardia costiera nei paraggi, hanno raccontato di aver sentito una sorta di esplosione, però nessuno dei soccorsi ha ferite da ustioni”. Per quanto riguarda la famiglia afgana, spiega Di Dato, “erano scappati dal regime dei talebani. La loro vita era in grave pericolo, per questo hanno deciso di intraprendere questo viaggio”.

Una risposta indiretta alle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ieri ha detto e oggi ribadito che “la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”.  Parole che vengono respinte al mittente da Msf: “Abbiamo di fronte persone che lasciano il proprio Paese perché non hanno alternative, e invece sentiamo dire che occorre impedisce le partenze e che le persone si spostano in cerca di una vita migliore”.

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