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Al via lo sviluppo della prima nave al mondo a metanolo e ammoniaca
Siglato un accordo per lo sviluppo della prima nave alimentata con metanolo o ammoniaca. Ridurre le emissioni del trasporto navale è una priorità.
Una nave interamente alimentata con metanolo o ammoniaca: è il progetto che il Rina, la società di classificazione navale con sede a Genova ma conosciuta a livello mondiale, sta sviluppando insieme con lo Shanghai merchant ship design & research institute (Sdari) mettendo a disposizione le rispettive competenze.
Lo Sdari si occuperà infatti dello sviluppo del concept design della nave, mentre il Rina, mettendo in campo anche l’esperienza nell’utilizzo di carburanti alternativi, accerterà il rispetto delle normative internazionali. Il progetto offrirà la possibilità di comprendere l’utilizzo sia dell’ammoniaca sia del metanolo su una nave cisterna, gettando potenzialmente le basi per applicare la stessa tecnologia ad altri tipi di nave. Al progetto collabora anche Man energy solutions, specializzata nella tecnologia dual fuel, ossia quella che prevede l’uso di più carburanti.
“La progettazione delle navi è già all’avanguardia in tema di efficienza energetica e, con l’utilizzo di carburanti alternativi, l’industria dello shipping potrà raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’International maritime organization (Imo) 2030 e 2050 per la riduzione delle emissioni – ha dichiarato Giosuè Vezzuto, executive vice president Marine del Rina – Una nave progettata appositamente per l’utilizzo di ammoniaca e metanolo come combustibili è una soluzione che guarda al futuro. Questo è un traguardo che si inserisce tra le iniziative del Rina dedicate alla transizione energetica”.
Ammoniaca e metanolo, nuovi alleati per ridurre le emissioni?
Wang Gang Yi, vicepresidente di Sdari, ha confermato l’intenzione di collaborare con il Rina per raggiungere gli obiettivi di riduzione di emissioni fissati dall’Imo per il 2030 e il 2050, mentre Brian Østergaard Sørensen, vicepresidente e responsabile della Man energy solutions Copenhagen, ha chiarito che “nel prossimo futuro riteniamo che l’utilizzo della tecnologia dei motori a due tempi continuerà a essere utilizzata in alcuni contesti di navigazione, ma l’ammoniaca e il metanolo, che conosciamo bene, sono combustibili dal grande potenziale ‘green’ e non vediamo l’ora di poter contribuire anche con la nostra competenza in questo progetto”.
Trasporto marittimo, serve un approccio integrato
Gli obiettivi Imo cui fa riferimento il Rina seguono i provvedimenti già entrati in vigore a partire dal primo gennaio 2020 con il cosiddetto “Sulphur cap”, che ha abbassato il limite delle emissioni di zolfo delle navi da 3,5 per cento allo 0,5 per cento.
Per gli armatori, l’entrata in vigore del Sulphur cap ha comportato necessariamente il ricorso a tre differenti soluzioni: l’adozione di scrubber, “filtri” che posso essere installati sulle singole navi per diminuire la percentuale di zolfo emessa nell’aria; l’installazione di nuovi motori alimentati da combustibili “puliti” (gas naturale liquefatto, metano, idrogeno o elettrico); o l’utilizzo di speciali carburanti prodotti proprio per diminuire le emissioni.
Non stupisce dunque che molte compagnie abbiano portato avanti piani di ricerca e sviluppo per individuare nuovi carburanti più sostenibili, e c’è anche chi – come la compagnia Viking line – ha messo in acqua un traghetto alimentato a energia eolica che sfrutta vele a rotore in grado di “catturare” il vento e trasformarlo in elettricità.
Sulla progettazione delle navi la ricerca accelera
L’International maritime organization ha però annunciato obiettivi ancora più ambiziosi, fissando per il 2030 la riduzione delle emissioni di gas serra del 40 per cento rispetto al 2008, e per il 2050 l’ulteriore riduzione del 50.
Una transizione molto complessa, che procede però in modo inesorabile e che costringe gli armatori ad aumentare la velocità in termini di ricerca e sviluppo per poter di fatto progettare costruire nuove navi alimentati con carburanti alternativi. Tra questi c’è il gas naturale liquefatto, indubbiamente più costoso in termini di produzione (il gas naturale va depurato e disidratato) ma in grado di alimentare una nave per lunghe distanze, ma anche l’idrogeno (su cui il Rina, ancora una volta, si sta concentrando con una partnership con Axpo) e appunto ammoniaca o metanolo.
Nuovi carburanti, nuove rotte
Nuovi carburanti che influenzeranno inevitabilmente le rotte e i tipi di nave utilizzati, proprio come accade per le auto, tenendo conto di una “autonomia” necessariamente ridotta. Ed è qui che entra in gioco la doppia alimentazione, magari a batteria, che consentirebbe secondo gli esperti di raggiungere quantomeno l’obiettivo del 2030.
A oggi stando alle stime dell’Imo, le navi traghetto utilizzano una media di 40 tonnellate di carburante al giorno, con emissioni di 120 tonnellate di CO2, equivalenti a 400mila chilometri percorsi da un’auto. E i trasporti via mare nel 2018 hanno rappresentato il 2,89 per cento delle emissioni globali di gas serra prodotte dall’uomo.
“È chiaro che l’introduzione globale di combustibili alternativi o fonti di energia per il trasporto marittimo internazionale sarà parte integrante del raggiungimento degli obiettivi generali stabiliti nella strategia iniziale dell’Imo per la riduzione delle emissioni di gas serra – chiariscono dall’Imo – C’è spazio per considerare tutte le opzioni, compresa elettrico e ibrido, l’idrogeno e altri tipi di carburante. C’è anche molto che può essere fatto per migliorare l’efficienza energetica delle navi attraverso misure operative – spiegano – L’alleanza Imo-industria (Gia) sta studiando come mitigare gli ostacoli al funzionamento delle navi just-in-time. Attualmente, molte navi trascorrono ore o giorni in attesa fuori dai porti con i loro motori diesel in funzione: le operazioni just-in-time potrebbero ridurre significativamente le emissioni”.
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