Le vele telescopiche testate dalla nave mercantile Pyxis Ocean ci mostrano come potrebbe viaggiare il commercio marittimo del futuro. Ma per renderlo presente serve perfezionare le tecnologie e stimolare un cambiamento su vasta scala.
A guardarla viene in mente quella vecchia storia, di formulazione ignota e attribuita erroneamente perfino ad Albert Einstein, secondo cui, per le leggi della fisica, la struttura alare del calabrone sarebbe insufficiente a consentirne il volo. Ciononostante, lui vola. Negli anni Trenta l’entomologo francese Antoine Magnan scoprì che i suoi calcoli erano sbagliati: natura e scienza dimostravano che il calabrone fosse in grado di volare. Ora, con il progresso tecnologico i dilemmi sono cambiati, ma la scienza continua a sovvertire ciò che sembra improbabile: è possibile costruire una nave cargo da oltre 42 tonnellate in grado di navigare grazie a due vele capaci di ridurne le emissioni di oltre il 30 per cento? Ebbene, la Pyxis Ocean, una nave mercantile di progettazione britannica – attualmente impegnata nel suo viaggio inaugurale da Shanghai al Brasile – conferma che è possibile.
Il viaggio inaugurale della Pyxis Ocean
A inizio agosto la portarinfuse Pyxis Ocean è salpata dal porto di Shanghai diretta verso il porto di Pranagua, in Brasile. Di proprietà della Mitsubishi, è stata noleggiata dal colosso alimentare Cargill, specializzato nel commercio su vasta scala di cereali e sementi. Ma il viaggio della Pyxis Ocean segna un potenziale punto di svolta nel campo della navigazione green, dal momento che la nave cargo sta utilizzando due grandi vele telescopiche che le consentiranno di unire la spinta del vento alla propulsione tradizionale a combustione. Le vele sono in grado di ripiegarsi quando la nave è in porto, mentre in mare aperto posso essere spiegate raggiungendo 37 metri di altezza per 20 metri di lunghezza. Sono state realizzate con lo stesso materiale delle turbine eoliche, in modo da renderle più resistenti e in grado di resistere all’usura dettata dalle lunghe esposizioni all’aperto durante le traversate. Un vero e proprio miracolo di ingegneria navale.
Le vele della Pyxis Ocean non sono il frutto di qualche visionario inventore. Rientrano in un progetto denominato Windwings, che ha beneficiato dei finanziamenti del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea. Questo tipo vele è progettato per ridurre il consumo di carburante e quindi il crescente livello di emissioni generate soprattutto dalle navi cargo durante la navigazione. Jan Dieleman, presidente di Cargill ocean transportation, ha affermato che il settore sta intraprendendo un “viaggio verso la decarbonizzazione”. Ha ammesso che non esiste “una soluzione miracolosa”, ma ha affermato che questa tecnologia ha dimostrato che le cose stiano cambiando.
L’impatto ambientale della navigazione tradizionale
Attualmente sono circa 50mila le navi commerciali operanti negli oceani. Lungo le rotte marittime transita oltre il 90 per cento delle merci che in circolazione, alimentando un’industria che si aspetta possa raggiungere i 12 miliardi di dollari – oltre 11 miliardi di euro – entro il 2027. Per decenni il trasporto marittimo ha continuato ad affidare questo gigantesco volume di affari a flotte di navi tradizionali, che sversano grandi quantità di combustile direttamente in mare, contribuendo all’aumento globale di emissioni di CO2. Soi stima infatti che l’intero comparto sia responsabile di 837 milioni di tonnellate di CO2 prodotte ogni anno, che rappresenta il 2,1 per cento del totale.
Un dato che nuove modalità di navigazione – sebbene ancora in fase di lancio – potrebbero contribuire a ridimensionare. L’installazione delle due vele a bordo della Pyxis Ocean dovrebbe diminuire del 30 per cento le emissioni prodotte dalla nave mercantile durante fino alla sua dismissione. Una linea a cui stanno aderendo alcune società attive negli oceani, ma che fatica a diventare un requisito strutturale della flotta di navi commerciali del futuro. Stephen Gordon, amministratore delegato della società di dati marittimi Clarksons Research, ha riferito alla Bbc di aver “raddoppiato il numero di navi che utilizzano questa tecnologia negli ultimi dodici mesi. Tuttavia, si tratta di un dato di partenza basso. Nella flotta marittima internazionale e nel portafoglio ordini di nuova costruzione di oltre 110mila navi, meno di 100 oggi dispongono di tecnologia eolica. L’industria marittima non ha ancora un chiaro percorso di decarbonizzazione e, data l’entità della sfida e la diversità della flotta marittima mondiale, è improbabile che esista un’unica soluzione per l’industria a breve o medio termine”, ha concluso Gordon.
Decarbonizzare il trasporto marittimo
Un dato che fa capire come non si tratti che dell’inizio di un processo lungo ancorché necessario. A rallentare le cose si somma il fatto che il sistema delle grandi navi merci sia da sempre uno dei più difficili da trasformare. Nonostante i tanti e positivi esperimenti attualmente in essere in giro per il mondo, la decarbonizzazione del settore appare come una traversata lunga e tortuosa. Negli anni si è parlato di introdurre nuovi combustibili come i biocarburanti, la cui disponibilità appare limitata per soddisfare in grande fabbisogno del settore. L’associazione tedesca Nabu molto attiva su questi temi propone l’adozione dei Rfnbo (combustibili rinnovabili di origine non biologica) come l’ammoniaca. Si studia il metanolo e anche l’applicazione di sistemi a idrogeno dove però esistono problemi di costo e di stoccaggio.
Difficoltà a cui le vele telescopiche Pyxis Ocean potrebbero fornire una mano. Secondo quanto riferito alla Bbc da John Cooper, capo di bar Technologies, “una sola vela su è in grado di far risparmiare circa una tonnellata e mezzo di carburante al giorno”. Tuttavia, la tecnologia è installabile su una percentuale ancora esigua di navi di produzione più recente. Un altro dato che rende lontana l’ipotesi di estendere questa tecnologia non solo alle flotte più moderne e dal maggior ricambio, ma soprattutto alle nutrite schiere di navi dei paesi in via di sviluppo. Anche in questo caso, l’efficacia di una tecnologia pulita risiede nella facilità di replicarla. Una dilemma che, questa volta, non può essere lasciato alla scienza, ma che necessita di visione politica.
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