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Nel 2014 Ibm ha riciclato il 97% dei propri prodotti
L’azienda informatica statunitense, lo scorso anno, ha aumentato il riciclo degli apparecchi e l’impiego di energie rinnovabili.
Lo smaltimento dei rifiuti elettronici, composti da centinaia di materiali tossici, rappresenta un enorme problema ambientale e sociale. Computer, notebook e smartphone diventano obsoleti un battito di ciglia dopo l’immissione sul mercato, stimolando il desiderio dei consumatori, se poi si guastano “costa meno comprarne uno nuovo”.
La maggior parte degli apparecchi che noi occidentali gettiamo però finisce, in maniera spesso illegale, in discariche incontrollate in Africa o in Asia. Qui gli abitanti cercano di recuperare i metalli preziosi contenuti nei rifiuti elettronici, riempiendosi i polmoni di gas cancerogeni e la terra di veleni come piombo, arsenico e cadmio.
Rappresenta quindi una buona notizia l’attenzione che Ibm, colosso statunitense dell’informatica, dedica al recupero dei propri prodotti. Secondo l’annuale rapporto di sostenibilità dell’azienda, nel 2014 Ibm ha riciclato, riutilizzato o rivenduto quasi il 97 per cento degli apparecchi.
L’azienda ha inoltre destinato al riciclaggio l’86 per cento dei rifiuti non pericolosi che ha generato a livello mondiale nel 2014 e ha acquistato plastica riciclata, dalla quale ha ricavato il 12,1 per cento delle componenti plastiche utilizzate.
Dal 25esimo rapporto di sostenibilità di Ibm emerge anche che l’azienda nota come Big Blue lo scorso anno ha aumentato l’acquisto di energia rinnovabile del 17,9 per cento.
Buone notizie anche sul fronte della riduzione delle emissioni inquinanti, tra il 2013 e il 2014 Ibm ha ridotto le emissioni di CO2 associate al consumo di combustibile e di energia elettrica del 6,1 per cento (equivalente a oltre 80mila tonnellate di CO2).
Oltre a ridurre il proprio impatto l’azienda informatica ha collaborato con diverse organizzazioni impegnate in iniziative di sostenibilità, come il Progetto Jefferson presso il Lago George.
Il progetto, realizzato in collaborazione con il Rensselaer Polytechnic Institute e il Fondo per il Lago George, è uno dei progetti di ricerca più ambiziosi che vede dispiegati Big Data e tecnologia di analisi nella gestione e protezione di un importante bacino di acqua dolce.
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