
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
In dieci anni la comunità rurale di Samsø ha trasformato l’isola da una realtà in crisi a un paradiso ecologico che vive di turismo sostenibile e rinnovabili
L’isola danese di Samsø ha trasformato la propria economia dipendente dai combustibili fossili in una realtà fondata sulle energie rinnovabili. Un percorso durato una decina d’anni e reso possibile solo grazie a un forte impegno locale. Oggi l’isola è alimentata al 100% da fonti rinnovabili. Un’avventura che ha dimostrato come dedizione, convinzione e una progettazione a medio-lungo termine siano gli ingredienti per realizzare il passaggio alle fonti rinnovabili. Ora Samsø può diventare un modello replicabile per le economie di tutto il mondo.
Samsø è un’isola danese nel Mar Kattegat, un piccolo comune di poco più di 4 mila abitanti. Nel 1998, la Danish Energy Agency era alla ricerca di una comunità in cui poter realizzare un piccolo paradiso ambientale dove la produzione di energia fosse interamente ricavata da fonti rinnovabili. Era appena stato definito il protocollo di Kyoto e la Danimarca aveva annunciato il suo impegno a ridurre le emissioni di gas serra del 21 per cento. Per dare concretezza all’annuncio, il governo danese aveva bisogno di dimostrare che l’obiettivo era raggiungibile, e così venne lanciato un concorso nazionale e Samsø risultò vincitrice: un’occasione importante per un isolotto di 114 chilometri quadrati che soffriva gli effetti della globalizzazione e stava vedendo i propri giovani andarsene per trovare lavoro altrove.
Il concorso non ha portato con sé fondi per finanziare la transizione energetica ma ha dato la possibilità di stipendiare una persona del posto perché facesse diventare realtà il master plan delle cose da fare nei successivi dieci anni per trasformare Samsø in una comunità basata solo sulle energie rinnovabili. Quella persona era Søren Hermansen, un agricoltore locale che è riuscito nell’impresa di dare una svolta ecologista all’isola. “Non è stato un processo di una notte”, ha detto Hermansen, che ora dirige l’ Energy Accademy, l’organizzazione per l’energia e l’ambiente di Samsø ed è stato in Australia per parlare al Community Energy Congress svoltosi a Melbourne a fine febbraio, dove ha invitato le comunità di tutto il mondo a seguire l’esempio di Samsø e realizzare la loro svolta verde.
Samsø ha completato la sua trasformazione in “carbon neutral” in un decennio. Nel 2000, i 22 villaggi dell’isola erano autosufficienti grazie all’energia prodotta dalle turbine eoliche installate. Nel 2002, sono state innalzate altre 10 turbine eoliche offshore: i 23 megawatt di energia elettrica che generano serve a compensare le emissioni prodotte dalle automobili, dagli autobus e dai traghetti che collegano Samsø alla terraferma.
La produzione di elettricità non è stata l’unico obiettivo della “rivoluzione verde” dell’isola. Tra il 2002 e il 2005 sono stati costruiti tre sistemi di teleriscaldamento. Attraverso un reticolato di condutture lungo migliaia di chilometri, i tre quarti delle case dell’isola ricevono l’energia per il riscaldamento e l’acqua calda da caldaie centralizzate a biomassa alimentate con paglia di produzione locale. Nel frattempo, le case al di fuori dei distretti raggiunti da questo riscaldamento hanno sostituito i vecchi impianti a petrolio con pannelli solari o piccole caldaie a biomassa.
La chiave del successo dell’esperienza di Samsø è stata la partecipazione dei cittadini, la popolazione locale ha fatto proprio il progetto. Un entusiasmo mosso dal desiderio di diventare una comunità autosufficiente dal punto di vista energetico, ridurre le emissioni e dare nuova linfa all’economia dell’isola in chiave di turismo sostenibile. Oggi gli impianti eolici danno lavoro alla popolazione locale, così come il costante flusso di eco-turisti.
Entro il 2030 Samsø si è posta un altro obiettivo ambizioso: eliminare tutti i combustibili fossili, trasformando il trasporto sull’isola con mezzi a basso impatto ambientale. Due anni fa il comune ha sostituito i suoi traghetti diesel con quelli a gas, ma il piano è quello di convertirli a biocarburante autoprodotto o alimentarli con batterie ricaricate grazie all’energia eolica. Gli altri veicoli a benzina saranno eliminati sostituendoli con auto elettriche o a biocarburante.
Lo scetticismo iniziale è stato spazzato via anche grazie a un nuovo modello di definizione della proprietà delle infrastrutture energetiche. “Viviamo in una piccola comunità, quindi è molto importante condividere insieme la proprietà” ha detto Hermansen. La proprietà delle turbine eoliche, per esempio, è distribuita tra gruppi di investitori, governo municipale, cooperative locali e proprietari privati. L’idea era che se si poteva vedere la turbina dalla finestra, si potesse anche diventarne co-investitore. Secondo Hermansen, questo approccio ha bloccato sul nascere qualsiasi malcontento latente che avrebbe potuto sorgere se i benefici fossero andati solo a qualcuno, a scapito degli altri. Inoltre, l’investimento del Comune che ha acquistato 5 delle turbine offshore erette in mare ritorna a beneficio dei cittadini: il reddito prodotto dalla vendita dell’energia è reinvestito in progetti di sostenibilità locali.
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