Il Nicaragua è stato colpito da due potenti uragani nel giro di due settimane. Il primo ad abbattersi sulla nazione dell’America Latina è stato battezzato Eta. Il 3 novembre ha raggiunto la categoria 4 su un massimo di 5, sulla scala di Saffir-Simpson. Nel continente, si è abbattuto anche su Panama, Honduras e Costa Rica, provocando nel complesso più di 200 morti e colpendo a vario titolo 2,5 milioni di persone.
Smottamenti, inondazioni e decine di migliaia di persone isolate in Nicaragua
Il secondo – Iota, di categoria 5 – ha raggiunto il territorio del Nicaragua il 18 novembre. Il passaggio ha provocato numerosi morti (almeno una ventina, compresi alcuni bambini) e enormi danni causati principalmente da smottamenti e inondazioni. Decine di migliaia di persone sono rimaste inoltre isolate e prive di elettricità e acqua potabile.
VIDEO: 🇳🇮 Residents of #Bilwi, Nicaragua survey the damage from #HurricaneIota after the storm made landfall on November 17 as a maximum Category 5 hurricane, leaving homes smashed, trees uprooted and roads swamped pic.twitter.com/QNYPFxhL4X
Le autorità hanno inviato centinaia di persone nelle zone più colpite dai fenomeni meteorologici estremi. E sul posto sono presenti, tra gli altri, anche gli operatori di Terre des Hommes: “In questi giorni – spiega l’organizzazione umanitaria – sta emergendo la vera entità della devastazione portata dal passaggio successivo dei due uragani sulla stessa zona del Nicaragua a distanza di pochi giorni, con venti che hanno toccato i 250 km/h”.
L’impegno degli operatori dell’associazione Terre des Hommes
Secondo l’associazione si tratta di “un fatto senza precedenti che ha causato un’emergenza umanitaria di vastissime proporzioni. Decine di migliaia di famiglie che si sono ritrovate senza più niente a causa delle frane e del crollo delle loro abitazioni. Le piogge torrenziali e i venti hanno sradicato alberi, spazzato via i raccolti e contaminato migliaia di pozzi d’acqua potabile”. Il risultato è che “la popolazione colpita (almeno 63mila persone) ha bisogno di tutto: acqua, alimenti, letti, vestiti”.
Malgrado le difficoltà logistiche, gli operatori di Terre des Hommes sono riusciti a raggiungere dieci comunità rurali nella zona di Tola, sulla costa del Pacifico: “Abbiamo distribuito alle famiglie sfollate quindici quintali di riso e fagioli, medicine, materassi e bidoni di acqua potabile. Purtroppo molti villaggi sono isolati a causa delle strade interrotte e dei ponti distrutti. Nonostante questo, cercheremo di raggiungere la zona settentrionale del Caribe, la più devastata, e arrivare al porto di Bilwi, con un carico di acqua, alimenti, materassi e coperte per dare soccorso ai bambini e le loro famiglie”. Proprio nella regione secondo il governo del Nicaragua, i danni risultano particolarmente ingenti. Sono 110mila le abitazioni prive di elettricità e 47mila quelle che non hanno acqua potabile.
L’uragano Iota ha colpito duramente anche l’Honduras, uccidendo quattordici persone. Due morti sono stati registrati anche in Guatemala, e altre quattro tra Caraibi, Panama e El Salvador. I governi delle nazioni vittime degli uragani hanno puntato il dito contro il riscaldamento dei mari, causato dai cambiamenti climatici, che rende i fenomeni più violenti e frequenti. Nel corso di questa stagione, in effetti, sono 30 gli uragani registrati tra Caraibi, America centrale e Stati Uniti meridionali: un numero record.
Per questo, gli stati interessati hanno chiesto ai paesi industrializzati (considerati responsabili dei cambiamenti climatici), nonché ad una serie di organismi finanziari internazionali, di offrire aiuti per la ricostruzione.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.