Dopo giorni di proteste che hanno causato morti e feriti, la Nigeria ha sciolto la Squadra speciale anti-rapine (Sars), responsabile di abusi e omicidi.
A ottobre le strade delle principali città nigeriane si sono riempite di manifestanti, soprattutto giovani. La protesta è stata contro la Squadra speciale anti-rapina (Sars), un corpo di polizia speciale che è accusato di violenze, abusi ed estorsione. A far scendere la gente in piazza è stato un video di qualche settimana fa in cui si vedono gli agenti uccidere un uomo, ma già da diversi anni questo corpo di polizia è al centro delle polemiche. Ora il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, e il capo della polizia nigeriana, Mohammed Abubakar Adamu, hanno proclamato lo scioglimento della Sars.
Una storia di abusi della polizia in Nigeria
La Squadra speciale anti-rapina (Sars) è stata istituita nel 1992, dopo che l’uccisione di un colonnello a un posto di blocco aveva causato uno scontro tra militari e polizia che di fatto aveva lasciato il paese senza forze dell’ordine per diversi giorni. La Sars doveva dunque agire come polizia ombra, ma nel corso degli anni è poi diventata un organismo più strutturato, impegnato a combattere la criminalità dilagante e, in particolare, la mafia nigeriana.
Alla fine dei primi anni Duemila diverse ombre si sono però abbattute sulla Sars. La cronaca ha riportato numerosi casi di violenze e abusi sulle persone arrestate dal corpo di polizia, mentre hanno cominciato a circolare notizie su pratiche di estorsione da parte degli agenti. Ci sono stati diversi processi, grazie anche all’intervento di alcune organizzazioni non governative. È proprio un rapporto pubblicato a giugno da una di esse, Amnesty international, a raccontare come opera la Sars.
Dal gennaio 2017 al maggio 2020 ci sarebbero stati almeno 82 casi di tortura, maltrattamenti ed esecuzioni extragiudiziali da parte degli agenti della Squadra speciale anti-rapina. In altre 15 situazioni, i poliziotti avrebbero operato sequestri arbitrari di beni. Le vittime sono prevalentemente maschi di età compresa tra i 18 e i 35 anni, provenienti da ambienti a basso reddito e da gruppi vulnerabili. Nel rapporto vengono passati in rassegna alcuni episodi, come quello di un ragazzo accusato di aver rubato un computer e tenuto in stato di prigionia, torturato e malnutrito per 40 giorni, o quello di un altro ragazzo accusato di rapina, torturato in cella per cinque settimane e ricoverato con diverse ossa rotte.
L’ira dei manifestanti
Già nel 2017 in Nigeria era nata la campagna #EndSars, iniziativa di alcuni attivisti per i diritti umani per fare pressione sulle istituzioni affinché accendessero i riflettori sulla violenza della Squadra speciale anti-rapina. Con l’approvazione di una legge sulla tortura e la creazione di un’apposita commissione giudiziaria che indagasse sull’operato della Sars, le proteste erano rientrate. Oggi, però, la gente è tornata in piazza.
Un video dei primi di ottobre mostra alcuni agenti della polizia anti-rapina trascinare due uomini fuori da un hotel di Lagos, per poi sparare a morte a uno di essi. Le immagini hanno provocato molta indignazione nella popolazione, a cui sono tornate in mente le proteste degli scorsi anni. E nelle principali città nigeriane sono state organizzate nuove manifestazioni, che sono state sponsorizzate e a cui hanno partecipato diverse celebrità locali, ma non solo.
Il movimento, divenuto popolare in poche ore sui social con l’hashtag #endSARSnow, ha sfilato per le strade chiedendo lo scioglimento della Squadra speciale anti-rapina, la liberazione delle persone arrestate arbitrariamente negli scorsi mesi, l’istituzione di un organo di vigilanza indipendente sull’operato dei corpi di polizia nigeriani e un risarcimento per le vittime. In molti casi gli agenti hanno usato idranti, manganelli e proiettili per disperdere le persone, in un paradossale utilizzo della violenza per sedare dei cortei contro la violenza di polizia. Due ragazzi sono morti durante gli scontri, colpiti dagli spari di un agente. Anche un poliziotto ha perso la vita.
Una svolta incerta
Dopo alcuni giorni di proteste e di scontri, il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha annunciato una svolta. L’attività della Squadra speciale anti-rapina è stata abolita in tutte le regioni. Oltre a questo, il capo della polizia nigeriana, Mohammed Abubakar Adamu, ha dichiarato che verranno prese tutta una serie di altre misure “in risposta alle richieste del popolo nigeriano”. Tra queste, l’istituzione di un nuovo corpo di polizia meglio addestrato e la rimozione degli agenti della Sars.
Si tratta di una vittoria per i manifestanti, ma la soddisfazione è solo a metà. Il timore è che si possa trattare solo di un cambiamento di facciata, incapace però di modificare quell’attitudine violenta e repressiva che caratterizza la polizia nigeriana. “I nigeriani vogliono un’accusa nei confronti degli agenti che hanno ucciso e brutalizzato la popolazione del paese. Sciogliere l’unità Sars senza comminare sanzioni contro coloro che hanno perpetrato questi atti, significa che nel momento in cui verranno trasferiti a un’altra unità potrebbero replicare le stesse atrocità”, ha sottolineato Auwal Musa Rafsanjani, direttore esecutivo del Civil society legislative advocacy center. Quello che si chiede è allora una vera e propria rivoluzione culturale nella polizia nigeriana, che possa portare a fare un passo oltre a quella che l’avvocato nigeriano Abdul Mahmud ha definito “un’attitudine a operare al di fuori della legge”.
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