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Nigeria, la Shell costretta a rimborsare con 111 milioni di dollari le comunità del delta del Niger
La Shell rimborserà 111 milioni di dollari alle comunità del sudovest della Nigeria per gli sversamenti di greggio avvenuti tra il 1967 e il 1970.
Dopo tredici anni di procedimento giudiziario c’è un numero: 111 milioni di dollari, o in valuta locale 45,9 miliardi di Naira. Sarà questo il totale che Shell Nigeria dovrà rimborsare alla comunità di Ejama-Ebubu nell’Ogoniland nigeriano per gli sversamenti di petrolio avvenuti tra il 1967 e il 1970, in piena guerra del Biafra.
Secondo la Shell petroleum development company of Nigeria limited, le fuoriuscite furono causate da terzi durante la guerra civile nigeriana, indicando quindi nei sabotaggi di gruppi locali la vera causa del disastro ecologico. Inoltre l’azienda olandese ha sempre affermato di aver completamente risanato i siti nelle comunità impattate.
Shell rimborserà il popolo Ogoni
“È una conferma delle questioni che abbiamo sollevato sulla devastazione ambientale di Ogoni da parte della Shell e sulla necessità di un’adeguata bonifica del terreno”, ha invece affermato, in risposta alla difesa di Shell, un rappresentante dell’organizzazione Mosop, il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni.
La decisione è l’ultima che coinvolge la Nigeria, membro dell’Opec, dove le comunità hanno combattuto a lungo battaglie legali per fuoriuscite di petrolio e danni ambientali. “L’ingiunzione per il pagamento di 111 milioni di dollari è per la piena e definitiva soddisfazione della sentenza”, ha affermato un portavoce locale della Shell petroleum development company della Nigeria, chiudendo così il capitolo.
“Hanno finito i trucchi e hanno deciso di venire a patti”, ha affermato Lucius Nwosa, un avvocato che rappresenta la comunità Ejama-Ebubu, al The Guardian, chiudendo: “La decisione è una rivendicazione della risolutezza della comunità per la giustizia”.
La situazione nelle regioni del Niger
Ma sebbene ci sia un primo responsabile per i disastri maturati nell’area, la situazione per la Nigeria rimane complicata. Economicamente il Paese perde ogni anno circa 1 miliardo di dollari a causa del gas flaring, causato dalle compagnie petrolifere, e dell’aumento dell’inquinamento ambientale nella regione del Delta del Niger. Un totale a cui bisogna aggiungere i furti di greggio che avvengono quotidianamente nella regione e che valevano nel 2019 più di 2,7 miliardi di dollari.
Non è però l’aspetto economico a preoccupare maggiormente. La situazione di profonda instabilità politica e sociale dell’area si è incancrenita nel corso del tempo. Le comunità del delta del Niger si trovano isolate ad affrontare gruppi armati, mentre la fiducia verso le forze di sicurezza è incrinata da anni di violenza e dal sospetto, e in alcuni casi certezza, di pratiche corruttive.
I nuovi asset di Shell
Ed è forse in questo senso che va letta la decisione di Shell Nigeria di chiudere il caso e vendere le proprie partecipazioni dei giacimenti petroliferi onshore. “Non possiamo risolvere i problemi della comunità nel delta del Niger, forse spetta al governo nigeriano risolverli”, ha affermato l’amministratore delegato Ben van Beurden. Un cambiamento di rotta che probabilmente sposterà soltanto gli asset della compagnia verso i giacimenti offshore al largo delle coste nigeriane.
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