Il 2020 si riconferma come uno degli anni più caldi almeno dalla metà del Diciannovesimo secolo: le temperature hanno continuato a crescere in tutto il mondo, sia in superficie sia negli oceani; i livelli di anidride carbonica hanno raggiunto nuovi record e i ghiacci continuano, inesorabilmente, a sciogliersi. È quanto riporta il nuovo studiorilasciato il 25 agosto dalla Società meteorologica americana (Ams) e supervisionato dall’Agenzia federale per l’amministrazione degli oceani e dell’atmosfera (Noaa).
Il report, intitolato State of the climate 2020, è basato su dati e informazioni raccolte tramite un network di 530 scienziati sparsi su 60 paesi, e considera decine di migliaia di misurazioni tratte da dataset indipendenti. Il risultato è un’analisi esaustiva ed estremamente dettagliata che riflette la situazione climatica attuale, i cambiamenti in corso e le prospettive future.
Dalle temperature agli uragani: gli elementi preoccupanti
Lo studio ha individuato una serie di indicatori inequivocabili che mostrano come il nostro pianeta stia diventando sempre più caldo. I principali parametri messi in evidenza riguardano la concentrazione di gas serra, le temperature in costante aumento e il riscaldamento dei mari.
— American Meteorological Society (@ametsoc) August 30, 2021
Nuovo record per le emissioni di gas serra
Nel 2020, nonostante la chiusura o il rallentamento di molte attività produttive causati dalla pandemia di coronavirus, le emissioni nocive hanno raggiunto un nuovo record: la media annuale per la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è stata di 412,5 parti per milione, in aumento rispetto alle 410 rilevate nel 2019. È il livello più alto sia da quando si effettua questo particolare tipo di misurazione, sia degli ultimi 800mila anni, secondo le analisi dei campioni di ghiaccio.
Le conseguenze toccano anche gli oceani che, nel 2020, hanno assorbito 3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in più rispetto a quanta ne hanno prodotta: il valore più alto dal 1982 e superiore del 30 per cento rispetto alla media degli ultimi due decenni.
Temperature in aumento sia in superficie sia nei mari
Lo scorso anno la temperatura media della superficie terrestre è stata tra gli 0,54 e gli 0,62 gradi centigradi – il valore è leggermente diverso in base ai dataset utilizzati – superiore rispetto ai livelli medi registrati tra il 1981 e il 2010. Il 2020 rientra quindi fra i tre anni più caldi almeno dalla metà del 1800, quando sono cominciate le rilevazioni moderne. La notizia, per quanto preoccupante, non ha sorpreso gli esperti: gli ultimi sette anni, dal 2014, sono sempre stat i peggiori degli ultimi secoli.
Nella troposfera, la regione dell’atmosfera posta immediatamente sopra alla superficie terrestre, la temperatura media è stata uguale al record già registrato nel 2016. Lo strato successivo, detto stratosfera, ha invece continuato a raffreddarsi, un fenomeno considerato naturale e previsto dagli esperti.
Allo stesso tempo anche la situazione degli oceani continua a peggiorare: lo scorso anno è stato il terzo più caldo per la superficie delle acque – superato solo dal 2016 e dal 2019 – mentre le temperature dello strato superiore dei mari, dalla superficie fino a una profondità 2mila metri, sono state le più alte di sempre. Il livello delle acque è aumentato di circa 91 millimetri rispetto ai valori del 1993, quando sono iniziate queste rilevazioni, e sta crescendo di 3 centimetri ogni dieci anni.
L’aumento delle temperature delle acque, specialmente nelle zone più vicine alla superficie, può contribure ad accrescere l’intensità degli uragani e rendere più rapido lo scioglimento dei ghiacci. Nel 2020, infatti, sono state registrate 102 tempeste tropicali, un valore decisamente superiore rispetto alla media del periodo 1981-2010, pari a 85. Tre di queste tempeste hanno raggiunto la categoria 5, l’ultima nella scala Saffir-Simpson che misura l’intensità di venti e uragani.
Dall’Artico all’Antartico, i ghiacci continuano a sciogliersi
Nel 2020 la temperatura media della regione artica è stata la più alta degli ultimi 121 anni, in aumento di circa 2,1 gradi rispetto al periodo 1981-2010. Il record è stato raggiunto il 20 giugno quando a Verkhoyansk, in Siberia, sono stati toccati i 38 gradi centigradi.
L’aumento delle temperature porta con sé un fenomeno inusuale per l’Artico: gli incendi, che nel 2020 hanno rilasciato il 34 per cento di anidride carbonica in più rispetto al 2019. Gli eventi principali hanno avuto luogo nella Siberia nord-orientale, compromettendo la salute dei ghiacci.
Nemmeno l’Antartide, poi, riesce a sfuggire alle conseguenze dei cambiamenti climatici e nell’estate australe – che va da dicembre a marzo (come il nostro inverno) – sono state toccate temperature particolarmente alte per la zona, culminate con i 18,3 gradi centigradi registrati lo scorso febbraio presso la base scientifica di Esperanza, in Argentina.
Europa: l’anno più caldo
Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato in Europa, con temperature complessive superiori alla media per 1,9 gradi centigradi. Una lunga lista di paesi – tra cui Francia, Paesi Bassi, Svizzera, Belgio e Lettonia – hanno raggiunto nuovi record climatici.
Allo stesso tempo in molte regioni – tra cui i Paesi Baltici e la Grecia, ma anche la Francia e la Germania – le precipitazioni sono state notevolmente inferiori alla norma, mentre la tendenza opposta si è verificata nel nord del continente, nella penisola iberica e anche in alcune regioni italiane.
Sia l’inverno che la primavera sono stati generalmente più caldi del solito e l’aumento complessivo delle temperature è continuato nei mesi estivi, caratterizzati anche da precipitazioni improvvise ed eterogenee.
Complessivamente, il rapporto ha messo in evidenza una serie di tendenze che dimostrano come il clima stia cambiando, delineando una situazione sempre più insostenibile per il Pianeta.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.