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La nonna del death metal che canta per la libertà e per l’ambiente
Ci sono nonne carine e nonne fantastiche. Poi c’è Inge Ginsberg, scrittrice sopravvissuta all’Olocausto ed ex spia che, superati i 90 anni, si è rimessa in gioco come cantante di una band death metal per urlare contro le ingiustizie sociali e i soprusi ambientali. Il documentario Death Metal Grandma di Leah Galant, presentato lo scorso
Ci sono nonne carine e nonne fantastiche. Poi c’è Inge Ginsberg, scrittrice sopravvissuta all’Olocausto ed ex spia che, superati i 90 anni, si è rimessa in gioco come cantante di una band death metal per urlare contro le ingiustizie sociali e i soprusi ambientali. Il documentario Death Metal Grandma di Leah Galant, presentato lo scorso anno al SXSW, racconta la sua incredibile storia.
Death metal, quando la musica estrema non ha età
Le persone anziane, nella società moderna e in particolare in quella occidentale, non sono prese in considerazione. Anzi, gran parte delle volte, sono ritenute un peso se non un problema. Per fortuna non tutte sono disposte ad accettare la propria condizione di marginalità e cercano di lottare, nei modi più creativi, per rivendicare un ruolo. Ad alzare letteralmente la voce in merito è Inge Ginsberg, la 97enne protagonista di Death Metal Grandma, che ha trovato in questo genere musicale estremo una perfetta sintonia e una valvola di sfogo letterario.
Inge Ginsberg & The TritoneKings si esprime come qualsiasi altro gruppo death metal, caratterizzato da ritmiche veloci, cambi di tempo repentini e testi cupi, seppur nei limiti gutturali (growling) della voce quasi centenaria di Inge e nell’approccio autoironico agli stereotipi del genere: “Non puoi evitare la morte, quindi ridici sopra”, spiega nel cortometraggio.
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Quello che conta è il messaggio, un messaggio diverso in ogni canzone scritta dalla donna, che parla di libertà, di lotta al fascismo e di impegno per salvare l’ambiente (“Non distruggere quello che non puoi sostituire”), come nel brano Trümmer dove recita in tedesco: “Avveleniamo i fiori e tagliamo gli alberi” oppure “Distruggiamo la cultura e annientiamo la natura”.
Dall’Olocausto allo spionaggio, una vita all’insegna dell’avventura
“Il mio talento non è cantare, ma sopravvivere”. Così Ginsberg si presenta alle audizioni della versione svizzera di America’s Got Talent, quando spiega di essere motivata da vitalità e coraggio. Nata a Vienna nel 1922 col nome Ingeborg Neufeld, cresce in una ricca famiglia ebraica finché, nel pieno della seconda guerra mondiale, è costretta a scappare dai nazisti. Senza padre, deportato nel campo di concentramento di Dachau, si rifugia in Svizzera con la madre e il fratello dopo aver attraversato le Alpi e rischiato di morire per assideramento.
Finisce in un campo profughi dove incontra il suo primo marito, Otto Kollmann, che nel 1944 le trova un impiego come governante in una villa. In realtà, lavora come spia per i servizi segreti americani e, come descrive nel documentario italo-svizzero del 2006 Il Ritorno di Inge e nel suo libro Die Partisanen Villa, viene coinvolta nel contrabbando di armi e di feriti tra l’Italia e la Svizzera. Terminata la guerra, emigra negli Stati Uniti dove compone musica per alcuni celebri cantanti come Nat King Cole, Doris Day e Dean Martin.
Dopo l’esperienza di Hollywood Inge torna a Zurigo, si separa da Otto, lavora come giornalista e viaggia a Tel Aviv. Qui conosce il suo secondo marito, ma anche questa relazione non dura a lungo. Secondo il Times of Israel, la donna ha avuto diversi compagni di vita, talvolta quattro contemporaneamente. Fino all’arrivo di Kurt Ginsberg, il suo terzo e ultimo marito. Con lui vive in Ecuador e poi si trasferisce a New York. Persi tutti i suoi cari, familiari, marito, amici, inizia a scrivere poesie. Ne mostra alcune al musicista incontrato per caso Pedro da Silva, il quale a sua volta le fa scoprire il death metal.
Inge & the TritoneKings partecipano a vari talent show musicali. Ad America’s Got Talent l’anziana cantante ha un blackout e non ricorda i testi. Ma non importa, perché è ancora viva. E non deve fare altro per dimostrarci che non è mai troppo tardi per il cambiamento.
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