Quale futuro per dad, la didattica a distanza, dopo oltre un anno di pandemia? Con Marco Vassallo, psicologo scolastico e relazionale, capiamo l’impatto su studenti e genitori.
La spinta gentile del nudging, cos’è e come può essere applicato alla scuola
Arriva la guida su nudging ed economia comportamentale: “Una spinta gentile per far ripartire la scuola” pensata per tutti, studenti, genitori e insegnanti.
Cogito ergo sum, diceva Cartesio. Sono e dunque prendo delle decisioni. Grandi o piccole che siano. Giuste o sbagliate, aggiunge adesso l’economia comportamentale, interdisciplina nata nella seconda metà del Novecento che unisce psicologia da un lato ed economia dall’altro. Con un duplice obiettivo: studiare il modo in cui le persone prendono determinate decisioni e, più recentemente, influenzare a fin di bene il processo decisionale. Quest’ultimo è l’ambito del nudging, tradotto in italiano come spinta gentile. Ma cos’è, in pratica, il nudge?
Nudging, un esempio
Facciamo un esempio concreto. Vogliamo far smettere di mangiare le merendine a nostro figlio, ma a nulla servono i rimproveri o le punizioni. La spinta gentile a fare la cosa giusta, in questo caso, potrebbe essere quella di favorire come libera scelta un’opzione più sana e più a portata di mano, soprattutto. Come ad esempio della frutta sbucciata proprio sul tavolo, in bella vista, o un dolce fatto in casa e decisamente più salutare.
Diverse teorie e diversi esperti di scienze comportamentali sottolineano l’effetto benefico di questi colpetti in avanti, del nudging appunto, inteso come una ristrutturazione dell’architettura del contesto decisionale. Una teoria, un concetto che può essere applicato davvero a qualsiasi ambito della nostra vita, dal marketing in primo luogo oppure ancora alla scuola.
“Nudging significa gentilezza, anche se sarebbe forse meglio tradurlo con rispetto – spiega Francesco Pozzi, professore di Behavioral economics, direttore finanziario dell’Istituto europeo per lo studio del comportamento umano e co-founder di aBetterPlace – si tratta di interventi che aiutano e sostengono le decisioni senza però manipolarle, anzi, rispettando la libertà della persona di decidere secondo la propria coscienza, secondo i propri valori. È questo il concetto di gentilezza”.
Cos’è il nudging, a scuola
Gentilezza, psicologia e comportamento consapevole: è da queste parole chiave che la scuola al tempo della Covid-19 può ripartire. Una ripartenza non solo intesa come l’apertura fisica delle scuole con l’avvio del nuovo anno scolastico, quanto piuttosto come forma mentis e metodo di approccio.
La Covid-19 ha cambiato definitivamente il nostro modo di andare a scuola. Fino a qualche mese fa, pensare di poter usufruire in modo così massiccio della didattica a distanza (la dad), ci sembrava cosa lontanissima e irrealizzabile. Eppure, la tecnologia era già arrivata a questi livelli, le applicazioni per le videolezioni o videoriunioni esistevano già. Abbiamo avuto bisogno di un azzeramento totale delle nostre abitudini per diventare consapevoli di alcune risorse che avevamo messo in cantina, tra le cose da conservare senza un vero utilizzo.
Adesso, siamo costretti a utilizzarle. La crisi sociosanitaria che stiamo vivendo ci impone un cambiamento, una “evoluzione sociale” che per alcuni studiosi passa anche per l’economia comportamentale e più in generale per le scienze del comportamento.
È questo il caso del documento “Una spinta gentile per far ripartire la scuola” realizzato da aBetterPlace e Nudge Italia, soggetti che applicano la behavioral economics per la scuola. E che hanno individuato in questa guida sul nudging dieci sfide per la scuola e altrettanti suggerimenti pratici per superarle. Ma prima, facciamo un passo indietro.
Tra gentilezza e psicologia
Essere gentili, in questo mondo che va sempre più veloce, sembra davvero una qualità “vecchio stampo”. Proiettati come siamo verso il futuro e verso il raggiungimento degli obiettivi personali, sono rimasti in pochi ad avere tempo per la gentilezza. Un valore che può salvarci invece, insieme anche all’ottimismo, al perdono, alla gratitudine e alla felicità. Che per gli autori della Biologia della gentilezza, Daniel Lumera e Immaculata De Vivo, sono dei veri e propri rimedi – quasi delle medicine naturali – in grado di influire sulla nostra salute.
Anche le scienze del comportamento hanno messo in evidenza l’importanza di questa rivoluzione gentile. Che avviene proprio tramite il nudging, uno dei programmi per la modifica comportamentale più influenti a livello globale nell’ultimo decennio, nato dal lavoro dell’economista Richard Thaler e del giurista Cass Sunstein.
Ci sono due momenti fondamentali che segnano lo sviluppo, l’evoluzione di questo percorso. Il primo risale al 2002, con il premio Nobel per l’Economia a Daniel Kahneman, grazie alle sue scoperte in merito alle cosiddette “scorciatoie mentali” che mettiamo in atto per prendere decisioni rapide a partire da poche informazioni. Il secondo momento fondante della behavioral economics, dell’economia comportamentale, invece, è di qualche anno fa, del 2017, con il premio Nobel per l’Economia a Richard Thaler, cioè proprio all’ideatore del nudge.
C’è poi da considerare un ulteriore aspetto. Il nostro prendere decisioni è quotidianamente e costantemente soggetto a bias, a condizionamenti, a degli errori sistematici prevedibili che ci inducono a prendere decisioni poco razionali. “Tutte le persone tendono costantemente a metterli in atto – aggiunge il professore Pozzi – uno di quelli che sta emergendo di più in questo periodo di seconda ondata Covid è il cosiddetto bias del senno di poi”.
In pratica, ci succede di cadere in questa trappola quando a posteriori – con il senno di poi, per l’appunto – e con tutte le informazioni a nostra disposizione, giudichiamo delle decisioni che abbiamo preso in passato. “In questo momento, a causa della Covid, siamo costantemente in un contesto di incertezza. Dobbiamo metterci nell’ottica che le decisioni che prendiamo oggi sono particolari, sono molto diverse da quelle che prendiamo quando abbiamo tutte le informazioni e si può pesare matematicamente il vantaggio dell’una o dell’altra opzione. Col senno di poi, a mesi di distanza da oggi, sarà necessariamente diverso giudicare cosa si è scelto di fare e come si è operato”.
Gli studenti e la lezione sul digitale
Dalla teoria alla pratica: ma in che modo questi concetti possono essere applicati alla scuola al tempo del coronavirus? “In questo momento ci stiamo rendendo conto che tanti comportamenti che ci sono richiesti non sono poi così immediati – commenta Pozzi – l’equazione ci sono le regole e vanno rispettate manca, da un punto di vista comportamentale, di un fattore essenziale quanto complesso: il fattore umano”. Ed è proprio a scuola che questo problema si sente maggiormente: “Abbiamo ricevuto un appello dai nostri contatti scolastici, quasi una richiesta di aiuto, perché tanti insegnanti e dirigenti si sono trovati carichi di indicazioni su cosa dovevano fare ma non su come farlo”.
Da qui, l’impegno per trovare strumenti adatti non solo per gli insegnanti, ma anche per gli studenti e le loro famiglie. Tutti soggetti attivi in questo cambiamento: “La scuola è un punto di incontro per tutte le famiglie che la vivono, è un contesto che può fare da modello per il comportamento della società – prosegue il professore – da questo punto di vista, oggi gli istituti scolastici hanno preso quasi il ruolo che aveva un tempo la chiesa”.
Se infatti prima era la chiesa il principale polo aggregatore delle famiglie – anzi, di quartieri interi – tramite il catechismo o il doposcuola, adesso questa funzione è svolta maggiormente dalla scuola: è qui che bambini e adulti si incontrano. Si danno consigli, scambiano opinioni e informazioni. Diventano anche loro, in qualche modo, soggetti attivi della scuola. E oggetto di formazione da parte degli insegnanti, che si trovano ora a dover fare i conti con una duplice sfida: insegnare a scuola ai ragazzi e insegnare anche ai loro genitori come mettere in atto sempre, e quindi anche a casa, determinate regole comportamentali. Come quelle anti-Covid, ad esempio.
“Ma non possiamo chiedere ai nostri professori di essere dei tuttologi e di farsi carico di tutte queste responsabilità, anzi: la spinta gentile che possiamo dargli è un aiuto per utilizzare al meglio l’opportunità che la scuola rappresenta”. In quest’ottica diventa fondamentale anche creare un’alleanza con gli studenti di ogni età: “Tendiamo molto a concentrarci su quello che dobbiamo insegnargli e trasmettergli ma forse dovremmo pensare che il ruolo degli studenti è più attivo – spiega ancora Pozzi – loro possono mostrarci come si può coesistere e convivere con queste regole”.
Non solo: se pensiamo alla sfera del digitale, c’è un forte squilibrio tra quello che la scuola è stata chiamata a fare senza avere tempo di formare i propri insegnanti e le competenze invece dei ragazzi stessi, dei nativi digitali. “Può essere uno scambio biunivoco: l’educatore deve trasmettere allo studente la giusta coscienza e consapevolezza con cui usare questi strumenti, e viceversa gli studenti ci possono insegnare come usare al meglio la tecnologia in questo nuovo contesto che stiamo affrontando tutti insieme”.
Una convivenza difficile
Iniziare il cambiamento significa dunque iniziare a convivere in questa “nuova normalità” imposta dalla pandemia. Si può fare in mille modi diversi e in tutti gli ambiti possibili, ma si può fare – anche e soprattutto – con una spinta gentile verso comportamenti consapevoli e rispettosi.
L’economia comportamentale ci insegna che le abitudini possono essere costruite. “Così come un architetto progetta con conoscenze tecnico-scientifiche e con una componente quasi artistica – tira le somme Francesco Pozzi, co-founder di aBetterPlace – si possono progettare contesti per favorire il cambiamento e le buone decisioni”. Serve però una figura professionale ad hoc, una persona che si è formata in economia comportamentale e nelle sue applicazioni. In poche parole, serve un architetto delle scelte. “Oggi si sta fondando in Italia un’associazione di architetti delle scelte, ma all’estero ce ne sono già molte. La scuola ha bisogno che gli insegnanti stessi abbiano dimestichezza con questo approccio e che possano essere loro stessi i primi a saper ragionare in questi termini”.
Intanto, il team di aBetterPlace e Nudge Italia ha già messo in atto il primo step, costituito appunto da questa guida sul nudging e sull’economia comportamentale per la scuola. Gli altri passi saranno andare nelle scuole che ne fanno richiesta per formare il personale e quindi, per ultimo, accompagnarle nel cambiamento. Un cammino che faremo anche noi, passo dopo passo, per spiegarvi meglio come funziona questa rivoluzione gentile.
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