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Anche nel 2020 i livelli di polveri sottili toccati a Nuova Delhi hanno superato di gran lunga le soglie di sicurezza. Gravissimi gli effetti sulla salute.
Non è di sicuro un record da festeggiare quello di Nuova Delhi. La metropoli e capitale indiana “vince” per il terzo anno consecutivo il titolo di capitale più inquinata al mondo assegnato dall’istituto svizzero IQAir nel suo Report globale sulla qualità dell’aria 2020, basato sulle concentrazioni in atmosfera di pm2,5 (le particelle talmente sottili da penetrare fino ai bronchi).
Ranking | Città | Stato | Concentrazione media PM2,5 |
---|---|---|---|
1 | Nuova Delhi | India | 84,1 |
2 | Dacca | Bangladesh | 77,1 |
3 | Ulan Bator | Mongolia | 46,6 |
4 | Kabul | Afghanistan | 46,5 |
5 | Doha | Qatar | 44,3 |
6 | Bishkek | Kirghizistan | 43,5 |
7 | Sarajevo | Bosnia-Herzegovina | 42,5 |
8 | Manama | Bahrein | 39,7 |
9 | Giacarta | Indonesia | 39,6 |
10 | Kathmandu | Nepal | 39,2 |
Impossibile non notare che, scorrendo i primi cinquanta posti della classifica delle città più inquinate, 49 si trovano in Bangladesh, Cina, India e Pakistan. Clamorosi i livelli di particolato atmosferico rilevati in India. Sebbene tutte le città monitorate abbiano visto un miglioramento rispetto al 2018 e il 63 per cento rispetto al 2019, sono indiane 22 delle 30 città più inquinate al mondo.
Nell’anno appena trascorso gli agricoltori hanno fatto ricorso in modo particolarmente assiduo alla pratica – formalmente vietata – di bruciare le stoppie per convertire più rapidamente le piantagioni nella fase di passaggio da una stagione all’altra. Proprio dai campi del Punjab arriva una quota compresa tra il 20 e il 40 per cento dell’inquinamento atmosferico che soffoca Nuova Delhi, la capitale più inquinata al mondo. A novembre i livelli di pm2,5 hanno raggiunto una media giornaliera di 144 μg al metro cubo, a dicembre addirittura di 157; per avere un termine di paragone, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stabilisce un obiettivo medio annuo di 10 μg al metro cubo.
Secondo uno studio condotto sempre da IQAir insieme a Greenpeace Southeast Asia, si possono ricollegare all’esposizione al pm2,5 addirittura 54mila decessi prematuri registrati nella capitale indiana nel 2020. Considerando anche Città del Messico, San Paolo, Shanghai e Tokyo, si arriva a un totale di 160mila persone.
Sui dati del 2020 hanno inciso in modo rilevante le misure di contenimento della pandemia da coronavirus. Rispetto all’anno precedente infatti si nota un miglioramento della qualità dell’aria nel 65 per cento delle città monitorate. Considerato però che si tratta di circostanze assolutamente eccezionali, sottolineano i ricercatori, questi progressi saranno effimeri.
Oltretutto, mentre le autostrade e gli uffici si svuotavano, incendi senza precedenti – influenzati anche dai cambiamenti climatici – divampavano in California, Australia, Siberia e Sudamerica. Nel frattempo, le foreste indonesiane e africane venivano date alle fiamme per fare spazio ai terreni agricoli. Il risultato sono altissimi livelli di polveri sottili che si sono diffusi nelle aree circostanti, vanificando almeno in parte gli effetti del lockdown
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