La Nuova Zelanda ha proclamato lo stato di emergenza climatica. L’annuncio è arrivato direttamente dal primo ministro Jacinda Ardern, che ha preso la parola di fronte al Parlamento della propria nazione, sottolineando la necessità di agire in modo rapido ed efficace, nell’interesse nelle future generazioni.
“Siamo di fronte ad una minaccia per la vita”, ha affermato la dirigente. Aggiungendo che “se non reagiremo ai cambiamenti climatici, continueremo a dover fronteggiare situazioni di emergenza sulle nostre coste”. Per questo, prima del voto, Jacinda Ardern ha esortato i deputati a “stare dalla parte giusta della storia. Per far parte della soluzione che occorre trovare collettivamente”.
Il testo che proclama l’emergenza climatica è stato approvato, alla fine, con 76 voti favorevoli e 43 contrari. A schierarsi per il “no” sono stati i membri del Partito nazionale neozelandese, l’opposizione di centro-destra ai progressisti che sostengono il primo ministro. Secondo la loro opinione, infatti, la dichiarazione potrebbe risultare controproducente, perché – ha spiegato a Radio New Zealand la leader conservatrice Judith Collins – “potrebbe far credere alle persone che sia stato già fatto qualcosa di concreto, quando in realtà non è così”.
Le critiche delle ong alle politiche climatiche della Nuova Zelanda
Va detto però che la nazione insulare si è impegnata anche a raggiungere la carbon neutrality, ovvero l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra, entro il 2050. Il governo ha inoltre promesso di effettuare una transizione energetica che porti ad una produzione basata al 100 per cento su fonti rinnovabili, entro il 2035.
Dieci nazioni nel mondo hanno dichiarato l’emergenza climatica
Ciò nonostante, le dichiarazioni di “emergenza climatica” – per quanto simboliche – rappresentano un modo per ricordare quanto la crisi legata al riscaldamento globale sia grave. Secondo The Climate Mobilisation, gruppo di pressione americano che spinge affinché i Parlamenti adottino dichiarazioni, sono ad oggi una decina quelli che lo hanno fatto. Il primo caso, in ordine di tempo, è stato quello della Gran Bretagna, con una votazione che risale al 1 maggio del 2019.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
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