Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Martedì 19 novembre circa 40.000 persone si sono radunate davanti al Palazzo del parlamento di Wellington, la capitale della Nuova Zelanda. La voce collettiva che si è levata da questo gigantesco ritrovo ha chiesto al governo di fermare un disegno di legge che vorrebbe rivedere il trattato fondativo della nazione, che dal Diciannovesimo secolo regola, non senza controversie, i rapporti tra la popolazione di origine britannica e la comunità Maori, che costituisce circa il 20 per cento dei 5,3 milioni di abitanti della Nuova Zelanda.
Cos’è il Trattato di Waitangi, pomo della discordia in Nuova Zelanda
La mobilitazione che per alcune ore ha visto sfilare tantissimi appartenenti alla comunità Maori – molti dei quali hanno eseguito danze e esibito abiti tradizionali – ha segnato la fine di una marcia di protesta durata nove giorni, che ha raccolto migliaia di partecipanti lungo il percorso. Questo tipo manifestazione pacifica – hīkoi in lingua maori – non è una novità, ma un evento ben radicato nella storia della Nuova Zelanda e dei rapporti tra la popolazione di origine britannica discendente dai colonizzatori del Regno Unito e i Maori. L’hīkoi più famoso fu la Marcia della terra maori del 1975, nella quale sostenitori e manifestanti percorsero tutta l’Isola del Nord, da Te Hāpua al parlamento di Wellington. La marcia lunga oltre 1000 chilometri era stata organizzata da Whina Cooper, una delle più famose attiviste maori del Novecento che all’epoca aveva 79 anni. Quella marcia si concluse con una petizione presentata all’allora primo ministro che chiedeva di porre fine alle monocolture e riconoscere i diritti degli indigeni sulle proprie terre. Nel 2004 fu la volta di un altro famoso hīkoi contro la nazionalizzazione dei fondali marini e delle coste.
La protesta di questi giorni riguarda invece il Trattato di Waitangi, documento istitutivo della nazione firmato nel 1840 tra la Corona britannica e 500 capi Maori. Il trattato ha sancito la nascita della Nuova Zelanda come colonia britannica e avrebbe dovuto disciplinare i rapporti tra coloni e nativi. Tuttavia, le due versioni del documento – redatto in inglese e in te Reo Maori – si sono rivelate spesso discordanti e hanno causato numerose controversie tra le due componenti etniche principali della grande isola oceanica. I Maori sostengono che il trattato sancisca la loro autodeterminazione, mentre la traduzione inglese stabilisce che i capi maori “cedono a Sua Maestà la Regina d’Inghilterra in modo assoluto e senza riserve tutti i diritti e i poteri di sovranità”, senza fare menzione dell’autogoverno. Per redimere le controversie nel 1975 è stato creato il Tribunale di Waitangi, incaricato di giudicare le questioni legate ai trattati. Negli anni questo organo è stato interpellato su moltissimi casi riguardanti le riparazioni richieste dai Maori a seguito dell’epoca coloniale, diventando un attore fondamentale per numerosi negoziati da miliardi di dollari, in particolare in relazione al sequestro diffuso di terre Maori.
La posizione del partito Act New Zealand che ha proposto la modifica
Le manifestazioni degli ultimi giorni seguono la discussione di un disegno di legge che vorrebbe reinterpretare il Trattato di Waitangi. La proposta di riforma è stata presentata da Act New Zealand, partito del centrodestra neozelandese e parte della coalizione di governo che si descrive come “liberista, liberale e libertario”. Act è guidato dal deputato David Seymour, attuale ministro alla Regolamentazione. Negli anni Seymour, che è egli stesso di discendenza maori, è diventato un politico molto popolare per via di posizioni spesso nette e controverse, che hanno spaziato in molti ambiti della vita del paese. Nel 2015 è entrato a far parte di un gruppo interpartitico creato per sostenere i diritti della comunità Lgbtiqia+, mentre nel 2019 fu il solo membro del parlamento neozelandese a opporsi all’Arms Amendment Act portato avanti dalla coalizione laburista di governo, che ha vietato tutte le armi da fuoco semiautomatiche utilizzate durante la sparatoria alla moschea di Christchurch avvenuta il 15 marzo 2019.
A partire dalle elezioni generali del 2023 ha invece condotto una campagna per istituire un referendum per la modifica del Trattato di Waitangi. Secondo quanto ribadito in più occasioni da Seymour, all’interno del trattato la suddivisione del popolo fra discendenti dei colonizzatori e Maori dovrebbe essere sostituita dall’espressione “tutti i neozelandesi”. Come molti politici del paese, anche Seymour è critico nei confronti del doppio sistema di diritti affermatosi in virtà del trattato. Nel caso del leader di Act, però, l’esistenza di diritti specifici per i nativi sarebbe contrario al principio di uguaglianza, ed è proprio su questo punto che Act ha fatto leva nel proprio progetto di riforma. Per esempio, Seymour è stato più volte critico nei confronti delle quote etniche nelle istituzioni pubbliche. Il disegno di legge cerca dunque di introdurre linguaggio più specifico e meno soggetto a interpretazioni, da applicare senza distinzione etnica a “tutti i neozelandesi”.
L’opposizione dei Maori e non solo in Nuova Zelanda
Ciò che ha spinto decine di migliaia di sostenitori della comunità maori a protestare per lungo le strade del paese è il timore che una revisione del trattato possa erodere i diritti dei nativi, che ancora oggi denunciano gravi disparità e disuguaglianze riguardo al diritto alla terra, alla salute e all’istruzione. Il disegno di legge è fortemente osteggiato dai partiti politici neozelandesi sia di sinistra che di destra, mentre gli attivisti di ActionStation Aotearoa – organizzazione non governativa che si occupa, tra le altre cose di giustizia climatica e diritti dei popoli indigeni – affermano che i principi del disegno di legge sono diametralmente opposti rispetto al Trattato di Waitangi.
è tuttavia molto difficile che il disegno di legge possa trovare il sostegno necessario in parlamento, dal momento che i vertici del National Party – il partito di governo che detiene il maggior numero di seggi in parlamento – compreso il primo ministro Christopher Luxon hanno già detto che non voteranno a favore. Ovviamente, a condurre la battaglia politica più dura nei confronti del disegno di legge sono proprio i deputati maori. Quando il provvedimento è stato ascoltato per la prima volta in parlamento la scorsa settimana, la deputata del partito Maori Hana-Rawhiti Maipi-Clarke ha strappato la sua copia del provvedimento e ha guidato la danza cerimoniale della haka, iniziando una protesta istituzionale parallela a quella civile che ha raggiunto milioni di utenti in tutto il mondo.
La proposta di Symour sembra quindi destinata a fallire. Tuttavia, le proteste hanno visto nella discussione attuale un momento ideale per manifestare tutto il dissenso verso una serie di politiche volte a rimuovere questo doppio sistema giuridico basato sull’appartenenza etnica. A febbraio 2024, per esempio, il governo ha anche abolito l’Autorità sanitaria Maori, che era stata creata nel 2022 per migliorare le condizioni di salute delle tribù aborigene. L’ente è confluito all’interno del sistema sanitario nazionale, ma molti lamentano il fatto che questo impedirà di ridurre il divario sociale che si manifesta anche attraverso l’accesso alle cure. Diversi studi hanno infatti evidenziato disuguaglianze tra gli aborigeni e il resto della popolazione: i Maori vivono circa sette anni in meno, il loro tasso di mortalità per malattie cardiovascolari è due volte più alto, i giovani hanno quasi il doppio delle probabilità di essere ricoverati per asma, e anche l’incidenza dei tumori è significativamente più alta tra i maori, secondo i dati del ministero della Salute.
La fine dell’era di Jacinda Ardern
è evidente che il clima politico in Nuova Zelanda è radicalmente cambiato dopo le dimissioni della premier Jacinda Ardern, leader laburista a capo di un governo di coalizione. A Ardern è toccato l’arduo compito di scortare il paese attraverso numerose crisi, dal trauma collettivo degli attentati di Christchurch alla pandemia da Covid-19, fino alla complicata gestione dell’inflazione che ha alimentato le divisioni popolari riguardanti il suo operato da prima ministra.
Ardern ha lasciato a inizio 2023, e la coalizione di centrodestra subentrata dopo le elezioni ha messo in discussione molte delle sue politiche. Per quanto riguarda la convivenza tra popolazione bianca e Maori, il governo di Christopher Luxon ha permesso alle istanze dei gruppi politici più identitari e critici delle protezioni nei confronti dei nativi di alzare la voce. Partiti conservatori come New Zealand First hanno più volte preso di mira il Trattato di Waitangi e il suo tribunale, considerato espressione di una linea ideologica appartenente alla sinistra d’élite. Sebbene Luxon abbia preso le distanze da questa linea, la contrazione della politica in difesa dell’ambiente verificatasi sotto il suo governo ha finito per saldare il suo operato a rivendicazioni più reazionarie, dal momento che la questione della terra e i diritti dei Maori sono da sempre stati un binomio inscindibile nella politica della Nuova Zelanda.
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