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L’Organizzazione mondiale della sanità ha imposto dei limiti più stringenti alle sostanze responsabili dell’inquinamento atmosferico.
L’inquinamento atmosferico è uno dei più grandi rischi ambientali per la salute umana, insieme ai cambiamenti climatici. È quanto affermato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in un comunicato rilasciato il 22 settembre 2021.
A distanza di sedici anni dall’ultimo aggiornamento risalente al 2005, l’Oms ha pubblicato le nuove linee guida sulla qualità dell’aria valide a livello globale, grazie al lavoro di decine di scienziati che hanno esaminato più di 500 studi. I limiti agli agenti inquinanti sono più stringenti rispetto al passato, poiché “l’inquinamento atmosferico è capace di provocare danni alla salute persino a concentrazioni più basse di quelle considerate in precedenza”.
Le indicazioni riguardano sei sostanze inquinanti: due tipi di particolato (PM₁₀ e PM₂,₅), l’ozono (O₃), il diossido di azoto (NO₂), l’anidride solforosa (SO₂) e il monossido di carbonio (CO). La concentrazione massima consentita nell’atmosfera è diminuita per ciascuno di essi. In particolare, il livello massimo consentito di PM₂,₅ è stato dimezzato, passando da 10 a 5 microgrammi per metro cubo. Quello del diossido di azoto è stato ridotto del 75 per cento, da 40 a 10 μg/m3.
L’Oms avverte che il mancato rispetto delle linee guida comporta un grave rischio per la salute umana, mentre attenersi alle nuove indicazioni può salvare “milioni di vite”. Si stima che ogni anno, infatti, l’inquinamento atmosferico provochi 7 milioni di morti premature. Uno studio pubblicato all’inizio del 2021 da ricercatori britannici e statunitensi ha rivelato che nel 2018 i combustibili fossili hanno causato circa 8,7 milioni di vittime.
Nei bambini, l’aria inquinata può ridurre la crescita dei polmoni e alternarne il funzionamento; può provocare infezioni delle vie respiratorie e gravi forme di asma. Negli adulti, la cardiopatia ischemica e l’infarto sono considerate le cause più comuni di morte legata all’inquinamento atmosferico, ritenuto un fattore di rischio al pari del fumo e di una cattiva alimentazione.
Nel 2019, oltre il 90 per cento della popolazione mondiale viveva in aree dove le concentrazioni di PM₂,₅ superavano i limiti fissati dall’Oms nel 2005. Nel 2020, secondo le analisi di Greenpeace, tutte le cento città più popolose del mondo non sarebbero state in grado di rispettare le limitazioni fissate ora per il particolato.
Quasi l’80 per cento dei decessi legati al PM₂,₅ potrebbe essere evitato se gli attuali livelli di inquinamento atmosferico scendessero come suggerito dall’Oms che sottolinea quanto le politiche di prevenzione risulterebbero benefiche sia per la salute pubblica sia per il clima.
Proprio come i cambiamenti climatici, “l’inquinamento atmosferico rappresenta un rischio per la salute in ogni paese del mondo, ma colpisce soprattutto gli abitanti dei paesi più poveri”, ha dichiarato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. In quelle nazioni lo sviluppo economico e l’urbanizzazione su larga scala sono dipesi largamente dai combustibili fossili. Se in media l’inquinamento abbassa di due anni l’aspettativa di vita della popolazione globale, nelle nazioni più inquinate, come l’India, si può arrivare fino a nove anni.
“L’aria pulita dovrebbe essere un diritto umano fondamentale e una condizione imprescindibile per società sane e produttive”, ha commentato il dottor Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Oms per l’Europa.
Le fonti rinnovabili di energia sono spesso più economiche di quelle fossili, senza nemmeno tenere in considerazione i costi sanitari delle ultime. A dirlo è Avinash Chanchal di Greenpeace India. “Abbiamo tutti gli strumenti necessari per risolvere questa crisi. A questo punto, non dipende più dalla tecnologia, ma dalla volontà politica”. La pandemia di Covid-19 ci ha fatto capire ancora una volta che la salute – quella fisica come quella mentale – non è una cosa che possiamo dare per scontata. Ed è troppo preziosa per permetterci di perderla.
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