Niente più crediti all’esportazione per nuovi progetti di sfruttamento delle energie fossili. La Francia ha deciso di mantenere una promessa avanzata alla Cop 26 di Glasgow, la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. Si tratta, in termini concreti, di non concedere più garanzie da parte dello stato: strumenti simili ad assicurazioni che intervengono, ad esempio, nel caso in cui un partner straniero non onori gli impegni finanziari assunti.
Stop parziale alle garanzie pubbliche: il travagliato iter della svolta in Francia
La novità è stata inserita nel Progetto di legge finanziaria per il 2023 che è stato presentato lunedì 26 settembre al consiglio dei ministri di Parigi. La Francia aveva annunciato per la prima volta l’iniziativa nel mese di ottobre del 2020, ma all’epoca aveva indicato due date particolarmente lontane nel tempo: il 2025 per quanto riguarda i progetti petroliferi e il 2035 per quelli sul gas.
#Ecologie : à part la fin des garanties export pour les nouveaux projets d’exploitation d’énergies fossiles, saluée par les ONG, le #PLF2023 «penche encore un peu trop du côté des énergies fossiles», comme l’a reconnu lui-même @BrunoLeMaire. https://t.co/xL82q2qGca
Ci fu, di conseguenza, una sollevazione da parte delle organizzazioni non governative, che avevano stigmatizzato la mancanza di ambizione del piano, proprio a causa della lentezza dell’azione governativa. Dopo un anno di pressioni, la Francia aveva dunque ceduto, alla Cop 26, decidendo di aderire ad una coalizione di nazioni che avevano promesso di introdurre lo stop a partire dalla fine del 2022.
Anche in quel caso, però, non mancarono le eccezioni. Il progetto prevedeva ad esempio che, nel caso in cui i progetti di sfruttamento delle fossili fossero accompagnati da tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (il cosiddetto Ccs) allora le garanzie avrebbero potuto essere concesse. La Francia ha deciso di non introdurre tale “salvacondotto” per le fossili, ma a far storcere il naso c’è altro.
Il ministro dell’Economia ammette: “La finanziaria punta ancora troppo sulle fossili”
La legge finanziaria per il 2023 indica ad esempio che saranno esentate dal divieto le centrali o petrolio, nei casi in cui queste vengano giudicate necessarie per far abbandonare il carbone ai paesi in via di sviluppo. Una scelta insensata, secondo Les Amis de la Terre.
Inoltre, si continuerà a concedere garanzie alle nuove centrali a gas. “In questo modo – ha spiegato l’associazione – non si fa altro che imporre per decenni una dipendenza dalle fossili alle nazioni che costruiranno gli impianti. Il che non è utile né per il clima, né per la transizione energetica dei paesi del Sud del mondo”. Anche perché “così si distolgono risorse che potrebbero essere investite in vere soluzioni e si rallenta lo sviluppo delle rinnovabili”.
D’altra parte, al di là della questione dei crediti all’esportazione, la finanziaria francese per il 2023 “si basa ancora un po’ troppo sulle energie fossili”. A dichiararlo non è stato un gruppo di ambientalisti ma lo stesso ministro dell’Economia Bruno Le Maire. E se lo dice lui – conservatore, proveniente dal partito di centro-destra Les Républicains e mai stato ecologista – c’è da crederci.
Via libera dell’Assemblea Nazionale all’articolo che prevede lo stop alle nuove esplorazioni petrolifere. Per la Francia è una scelta soprattutto simbolica.
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