La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Nutrie in Italia, un massacro annunciato
Le nutrie sono simpatici e innocui roditori che somigliano al castoro, la cui presenza viene però considerata dannosa. E per loro si annuncia la strage.
Vicino all’area cani dove porto di solito Mirtillo – un incrocio di cocker spaniel – c’è un laghetto immerso nella vegetazione. Vi abita una famiglia di nutrie che convive amabilmente con anatre e anatroccoli. Si tratta di animali simili a piccoli castori, simpatici e decisamente non aggressivi. Arrivano appena li chiami e aspettano fiduciosi che venga dato loro qualcosa. Non avevo mai visto prima uno di questi roditori e devo dire che credevo che la loro esistenza fosse serena come quella di anitre e uccelli acquatici presenti nella mia zona. Mi sbagliavo. Le nutrie, purtroppo, nel nostro paese sono considerate animali invasivi e pericolosi e vanno sterminate. Con metodi cruenti, ovviamente, dolorosi e pericolosi anche per gli animali che vivono intorno a loro. Ma cerchiamo di fare un po’ di storia di questi animali e cerchiamo di capire come siamo arrivati a decretarne la morte.
Nutrie in Italia, una storia lunga
La nutria (Myocastor coypus) è un roditore originario dell’America meridionale e pertanto è una specie da considerare alloctona in Europa e in Italia. “Al momento le nutrie si trovano su una gran parte delle pianure italiane e sono particolarmente presenti nella pianura Padana. Potenzialmente sono animali che portano malattie ad altri mammiferi domestici e selvatici, come del resto avviene per tutti i roditori. Il rischio, comunque, che possano costituire un problema sanitario aumenta con la crescita della sua popolazione e con la promiscuità e la vicinanza all’uomo”, spiega Mauro Belardi, biologo e presidente della cooperativa Eliante.
“La crisi del mercato delle pellicce di ‘castorino’ ha portato alla diminuzione e chiusura degli allevamenti di nutrie, a cui sono seguite fughe e rilasci intenzionali in natura. Per mancanza di predatori naturali e la facile adattabilità di questo animale al nostro territorio, è stata agevolata la diffusione e l’insediamento di numerose popolazioni lungo i corsi d’acqua di molte regioni italiane. Al momento non vi è una stima precisa del numero di nutrie presenti in Italia, ma le cifre della regione Veneto dicono che sono presenti circa 150mila esemplari solo per quello che riguarda i confini regionali”, racconta Margherita Carretti, etologa e naturalista del gruppo Selvatiche armonie di Armonie animali.
Esiste un piano di gestione nazionale della nutria aggiornato al 2018 e prodotto dall’allora ministero dell’Ambiente (l’odierno ministero della Transizione ecologica) anche in risposta a direttive europee. Questo piano prevede attività di contenimento tra cui la cattura e la successiva soppressione, oppure l’uccisione diretta. Non si tratta, comunque, di attività venatoria, ma di piani operati dagli enti pubblici, in quanto la specie non è cacciabile. Ciò significa che i cacciatori non sono coinvolti negli abbattimenti e che, contrariamente ad altre specie come il cinghiale, non hanno responsabilità nella sua introduzione e diffusione. “Al momento gli abbattimenti hanno portato ad alcuni risultati incoraggianti, ma solo a livello locale. Da tempo si propongono metodi alternativi come la sterilizzazione, ma la totalità degli esperti li ritiene del tutto inapplicabili con le attuali dimensioni della popolazione, nonché estremamente costosi”, conclude Belardi.
Una pelliccia di nutrie
Le nutrie non sono quindi originarie dell’habitat italiano, ma è indubbio che hanno trovato nel nostro paese un terreno favorevole alla vita e alla riproduzione. “Quando quel pelo rigido, ma tanto morbido, non andò più di moda, se ne fecero interni di giacconi e poi via via neanche quello piacque più. Si sceglievano le volpi, i castori, i visoni, il lapin. Il castorino, e cioè la povera nutria, non si vendeva. Aprirono le gabbie e le buttarono, alcuni disperdendole in prossimità di fiumi, altri uccidendole, forse ignari, sicuramente noncuranti, di che tipo di animale fosse la nutria, roditore americano che con l’Italia non doveva averci nulla a che fare”, delucida l’Oipa in un suo recente comunicato.
Un problema annunciato per l’habitat metropolitano, quindi, visto il modo in cui queste bestiole si riproducono e vivono. Ma anche una problematica per zone agricole. L’impatto ecologico principale delle nutrie è relativo alla distruzione degli habitat e alle modifiche alla composizione delle comunità di piante acquatiche, oltre a un’azione specifica sugli uccelli acquatici. Questi animali usano, infatti, i loro nidi come piattaforme galleggianti per la sosta, rompendo o affondando le uova. Le perdite economiche principali calcolate sono associate ai danni alle colture e alla manutenzione degli argini, nei quali vengono scavate le tane, e ai costi del controllo delle popolazioni di questi roditori.
“Come tutte le specie considerate invasive, ogni regione interessata alla convivenza con questo animale è tenuta a decidere e applicare un piano di gestione della popolazione. I piani di gestione e controllo del numero dei soggetti possono prevedere azioni di ‘eradicamento’, cioè abbattimento di tutti gli individui presenti in un determinato territorio, o azioni di controllo e contenimento del numero di animali. Il tutto è regolamentato dalla legge quadro nazionale sulla caccia n. 157/1992, secondo la quale “solo nel caso in cui i metodi non cruenti non abbiano avuto l’effetto sperato le regioni possono emanare piani di abbattimento che vengono affidati alle province e ai comuni che aderiscono agli stessi”, aggiunge Carretti. Per prima cosa si dovrebbe affrontare il problema delle nutrie in modo non cruento quindi. Ma è davvero così?
La realtà è diversa, e più crudele
Le associazioni che si occupano di diritti animali in Italia si sono mosse in vari modi per scongiurare il massacro delle nutrie, ma per il momento grandi novità non si intravedono all’orizzonte. “Fin dal 2018 abbiamo fornito numerose osservazioni e critiche per evitare il ricorso a metodi cruenti e letali”, spiega Lav in un comunicato. “Ma nessuna delle nostre proposte è stata recepita. Le nutrie possono essere catturate con speciali trappole e poi avviate alla camera a gas o uccise direttamente. Le sterilizzazioni sono liquidate da Ispra come ‘alternativa gestionale non applicabile al caso in esame’, nonostante i numerosi casi di successo che hanno visto protagoniste le sedi della nostra associazione impegnate in progetti localizzati di controllo numerico delle nutrie, e che hanno consentito di salvare la vita a centinaia di animali”. Tutte le regioni devono perciò predisporre un piano di gestione che determinerà un vero e proprio massacro a livello nazionale. Centinaia di migliaia di nutrie ogni anno continueranno a essere uccise nonostante la loro presenza sul territorio sia di esclusiva responsabilità di tutti coloro che per decenni si sono arricchiti sfruttando la loro pelliccia.
“La nutria è stata spesso accusata di provocare gravi danni all’agricoltura, ma in realtà è provato che questi sono marginali, perché la specie non pascola mai lontano dall’acqua e non si addentra quindi per molti metri nei terreni coltivati. Le tane scavate negli argini possono creare dissesti solo qualora sia stata rimossa la vegetazione arborea e arbustiva. Infatti, le radici di alberi e cespugli che crescono sulle rive di canali e corpi acquatici disturbano lo scavo del roditore, che predilige le sponde spoglie. La dissennata consuetudine di tagliare a raso le siepi e la vegetazione naturale ha favorito, in realtà, la diffusione di questi animali”, commenta Edgar Meyer di Gaia animali & ambiente.
Senza dimenticare che gli interventi di rimozione parziale rischiano piuttosto di destrutturare le popolazioni inducendo sostanziali alterazioni e creando le condizioni per un successivo incremento della capacità di crescita delle nutrie. “Le pratiche possono anche provocare notevole disturbo alla fauna locale, soprattutto qualora si agisca nell’ambito di aree protette o parchi. In questo senso le azioni appaiono tutt’altro che risolutive rischiando, in una prospettiva di medio termine, di creare più problemi di quanti ne risolvano e di fungere da volano biologico all’incremento del tasso di crescita delle popolazioni”, aggiunge Edgar Meyer. I piani di abbattimento potrebbero inoltre aumentare il rischio di diffusione di patologie all’interno delle popolazioni animali.
Le possibili soluzioni
Le soluzioni al problema ci sono. E sono molte, anche senza ricorrere a torture e crudeltà. Spiega ancora Meyer: “L’impiego di un filo elettrificato posto a un’altezza da terra di 15 cm con cui perimetrare gli appezzamenti suscettibili di subire danneggiamento può rappresentare una valida soluzione al problema in contesti spazialmente localizzati. Dove il danno risulta ricorrente ed economicamente rilevante questa misura può rappresentare un’utile soluzione. Recentemente sono stati messi anche a punto sistemi di protezione degli argini dall’attività di scavo delle nutrie che, pur essendo attualmente ancora in una fase sperimentale, hanno tutte le caratteristiche per rivelarsi un mezzo efficace e duraturo. In pratica, dopo poche settimane, la rete viene completamente inglobata nella parte dal cosiddetto cotico erboso (cioè l’insieme di graminacee e altre erbe che formano un tappeto), il che permette di attuare senza problemi le normali operazioni di sfalcio che caratterizzano l’ordinaria manutenzione di questi manufatti. Poiché la durata della rete è stimata di diverse decine d’anni, i costi di questo intervento, di per sé rilevanti, possono essere ampiamente ammortizzati, tenendo conto che gli argini così protetti non necessitano delle frequenti operazioni di manutenzione”.
Anche nel caso delle simpatiche nutrie, allora, molto si può fare per preservare la vita degli abitanti del nostro pianeta, soprattutto se le situazioni, come in questo caso, sono state create dall’uomo e dalla sua volontà di sfruttamento e guadagno delle risorse naturali. Sembra tanto difficile da capire? Pare proprio di sì allo stato attuale delle cose.
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