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A che punto siamo con gli Obiettivi di sviluppo del Millennio
Gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, i Millennium development goals (Mdg), non sono ancora stati raggiunti. Sono stati fatti grossi passi avanti ma, a soli nove mesi dalla loro scadenza, siamo ben lontani dal loro ottenimento. Cosa sono gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Gli Mdg sono i target più ambiziosi mai stabiliti
Gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, i Millennium development goals (Mdg), non sono ancora stati raggiunti. Sono stati fatti grossi passi avanti ma, a soli nove mesi dalla loro scadenza, siamo ben lontani dal loro ottenimento.
Cosa sono gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Gli Mdg sono i target più ambiziosi mai stabiliti dalle Nazioni Unite per migliorare le condizioni di vita della popolazione mondiale. Sono stati scritti nel 2000, a seguito delle discussioni che si sono tenute al Summit del Millennio delle Nazioni Unite, con scadenza fissata per la fine del 2015. Gli otto obiettivi spaziano dall’eradicazione della fame e la povertà, all’accesso a educazione e sanità, fino a uno sviluppo sostenibile e democratico. Due, in particolare, sono rivolti al miglioramento della condizione delle donne nel mondo. Ecco a che punto siamo con questi target.
Gli Obiettivi rivolti alle donne. Il numero 3 mira all’eliminazione delle disparità di genere a tutti i livelli d’istruzione, all’aumento del numero di donne impiegate fuori dal settore agricolo e della rappresentanza femminile nei parlamenti del mondo. Il traguardo dell’obiettivo numero 5 è di “diminuire per tre quarti, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna” e fornire accesso universale a servizi di salute riproduttiva.
L’incremento nell’accesso femminile all’istruzione è stato un successo, benché parziale. Il successo maggiore degli Mdg per l’uguaglianza tra sessi è aver raggiunto la parità tra numero di bambine e bambini che frequentano la scuola primaria (ex elementare). I miglioramenti più consistenti si sono verificati in Asia meridionale, tra cui l’India, visto che, nel 1990, la disparità in questa regione era la più alta al mondo. Dal 2012, frequentano la scuola primaria lo stesso numero di maschi e di femmine. Inoltre, in alcune regioni, come Caucaso, Nordafrica e Sudest asiatico, si è raggiunta la parità d’accesso all’istruzione anche nella scuola secondaria e nelle università. In Asia meridionale e Africa subsahariana, però, le ragazze che accedono a livelli di istruzione superiore rimangono una minoranza.
Più donne sono impiegate in lavori non agricoli. L’accesso delle donne a lavori fuori dal settore agricolo è aumentato globalmente. Nel 1990, solo il 35 per cento di questi lavori veniva fatto da donne. Questa proporzione ha raggiunto il 40 per cento entro il 2012. Nonostante un miglioramento generale, per raggiungere la parità tra uomini e donne c’è bisogno di politiche che supportino le donne ad accedere ad impieghi retribuiti al di fuori del settore agricolo. Uno degli ostacoli principali è che, spesso, la responsabilità primaria delle donne è quella di occuparsi della casa e della famiglia. Questo toglie a loro tempo ed energia perché intraprendano lavori fuori dal contesto domestico.
È migliorata la rappresentanza femminile in politica. La proporzione di rappresentanti parlamentari femminili è aumentata: nel 2014, le donne hanno occupato quasi il 22 percento di posti nei parlamenti del mondo, dal 20 percento dell’anno precedente. Il Ruanda si è distinto con una rappresentanza femminile nella Camera dei deputati del 64 percento. Benché la percentuale di parlamentari donna in Italia sia ben al di sotto di quella del Ruanda, superando di poco la soglia del 30 percento, rimane al di sopra della media dei paesi dell’Unione europea. Mentre nei parlamenti del mondo sono statti fatti progressi verso la parità di genere, sono ancora pochi i capi di stato donna.
Le morti per maternità sono diminuite. La proporzione di morti per maternità è diminuita del 45 percento dal 1990 al 2013, ma siamo ben lontani dal target del 75 per cento da raggiungere entro il 2015. La maggior parte di queste morti si possono prevenire, sostiene l’Onu. Basterebbe che il parto si svolgesse in presenza di personale sanitario qualificato e venga seguita la raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) secondo la quale andrebbero effettuate almeno quattro visite di controllo prenatale. Mentre più di due terzi delle nascite nei paesi in via di sviluppo avviene in presenza di personale sanitario qualificato, da poco più della metà nel 1990, solo la metà delle donna fa le quattro visite raccomandate dall’Oms.
Il mondo guarda ora all’agenda post-2015, ovvero i Sustainable development goals (Sdg), gli obiettivi Onu che sostituiranno gli Mdg. Nel dar forma al loro contenuto bisogna riflettere su come gli sforzi fatti in nome degli Obiettivi di sviluppo del Millennio hanno avuto un impatto sulle condizioni di vita delle donne e altre fasce a rischio. Ovvero chi nel mondo non ha accesso adeguato a educazione, nutrizione, sanità e lavoro.
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