Secondo il rapporto Mai Dati! sono ben 31 le strutture sanitarie in Italia con il 100 per cento di medici obiettori di coscienza.
- Sono ben 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100 per cento di obiettori di coscienza
- Le più inadempienti sono la Sardegna e la Sicilia, con più dell’80 per cento
- L’Associazione Luca Coscioni chiede che tutte le regioni offrano realmente possibilità di abortire
In Italia è davvero così facile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza? Anche se la legge la consente assolutamente, nei fatti molto spesso, e in alcune regioni più che in altre, gli ostacoli ci sono, eccome.
Troppi obiettori di coscienza
Sono infatti ben 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100 per cento di medici ginecologi, anestesisti, infermieri o operatori sociosanitari (Oss) obiettori di coscienza. Quasi 50 strutture invece hanno una percentuale superiore al 90 per cento e oltre 80 un tasso di obiezione superiore all’80 per cento.
È questo, nel 2022, lo stato di applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, secondo l’indagine “Mai Dati!” condotta da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina all’Università La Sapienza, e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, e diffusa con l’appoggio dell’Associazione Luca Coscioni.
Una mappa che, spiega l’associazione, nasce dal fatto che “nella relazione di attuazione del Ministero della salute ci sono solo i dati nazionali e regionali in pdf. Cioè dati chiusi, aggregati solo per regione e aggiornati al 2019. Ci servono invece i dati aperti e per ogni struttura ospedaliera. Solo se i dati sono aperti sono utili e ci offrono informazione e conoscenza. Solo se i dati sono aperti hanno davvero un significato e permettono alle donne di scegliere in quale ospedale andare, sapendo prima qual è la percentuale di obiettori di coscienza nella struttura scelta”.
Al Sud il problema è più grave
Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha mandato una richiesta di accesso civico generalizzato alle singole Asl e ai presidi ospedalieri chiedendo i numeri specifici per struttura. Ne è emerso che sono 11 le regioni in cui c’è almeno un ospedale con il 100 per cento di obiettori: Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. Le più inadempienti sono la Sardegna e la Sicilia, con più dell’80 per cento di mancata risposta all’accesso civico generalizzato. Ad Andria (Puglia) sono obiettori al 100 per cento sia i ginecologi e sia il personale non medico. Sempre in Puglia, nel polo ospedaliero di Francavilla Fontana, più del 90 per cento di medici ginecologi, anestesisti e infermieri sono obiettori.
Ma il quadro che emerge non è purtroppo così sorprendente: non è la prima volta che l’Italia finisce nel mirino per la sua scarsa applicazione del diritto all’aborto.
Secondo Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni “la legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro paese. Oggi chiediamo con urgenza al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia che i dati sull’applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati. Che si sappia quanti sono i non obiettori che eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza. Che tutte le regioni offrano realmente la possibilità di eseguire l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale”.
E infine, che venga inserito nei livelli essenziali di assistenza un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere alla interruzione di gravidanza in ciascuna regione; e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell’articolo 16 della stessa 194″. Altrimenti sarà inutile continuare a festeggiare le aperture di altri Stati sul tema, o preoccuparsi quando altri fanno invece dei passi indietro.
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