Grazie alla legge Salvamare, i pescatori potranno portare a terra i rifiuti pescati accidentalmente. Un decreto atteso che, però, impone delle riflessioni.
Plastica, la storia della ragazza che ripulisce l’oceano dalle palline da golf
Alex Weber, 16enne californiana, si è impegnata a ripulire un tratto di oceano dopo aver trovato migliaia di palline da golf in plastica sui fondali.
Quello della plastica negli oceani è un problema grave. Detriti provenienti da contenitori, bottiglie e altri prodotti di uso comune lasciano nei mari un’enorme quantità di pericolose microplastiche, destinate a inquinare per i decenni a venire. Fra le fonti di questo continuo avvelenamento delle acque ci sono anche degli oggetti inaspettati: le palline da golf.
Così, una ragazza californiana sta provando a far conoscere questo problema attraverso il suo sito web e si è data da fare per risolverlo personalmente, andando a pescare le molte palle cadute nel tratto di oceano vicino alla sua abitazione.
Migliaia di palline ricoprivano il fondale
Negli Usa esistono vari campi da golf vicino agli oceani, soprattutto in California e in Florida (alcune palline ritrovate riportano la scritta “President Donald Trump”: il politico americano è un noto fan dello sport). Uno fra i terreni sulla costa occidentale si trova a Carmel, a metà strada fra San Francisco e Los Angeles. È proprio qui che la sedicenne Alex Weber era solita nuotare e fare immersioni insieme al padre.
It’s easy to feel hopeless in the face of #PlasticPollution, but then shooting stars like Alex Weber let everyone know they can make a difference. Listen to this @NPR story by @christophjoyce to find out how she did just that https://t.co/mWBpCPgHLK pic.twitter.com/gboT5rHGK8
— Matthew Savoca (@DJShearwater) 18 gennaio 2019
In una delle loro escursioni, la ragazza ebbe modo di osservare il fondale marino. E quello che vide fu un manto bianco anomalo. Solo avvicinandosi di più si accorse che si trattava di migliaia di palline da golf. “Non si riusciva a vedere la sabbia. “È stato un colpo al cuore – ha dichiarato Weber al sito Npr – era uno spettacolo desolante. Abbiamo cominciare a raccoglierle, con l’aiuto di mio padre e di mio fratello. È stata una reazione naturale. Nelle settimane successive ne abbiamo recuperate migliaia, ripulendo il più possibile i fondali. Alcune sono ancora nel nostro garage. Emanano un odore terribile”.
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L’aiuto di un professore per recuperare la plastica
Alex e il fratello non si sono fatti intimorire dalla quantità di palline presente e dopo le prime attività di raccolta hanno deciso di contattare un esperto. La giovane si è rivolta infatti allo scienziato americano Matthew Savoca, specializzato nell’analisi dell’inquinamento degli oceani all’università di Stanford in California. Insieme, i due hanno scritto un report sulla questione, pubblicato poi sulla rivista scientifica Marine Pollution Bullettin.
Ma soprattutto hanno continuato a raccogliere le palline, usando delle canoe. Nel testo si sono concentrati sul sottile guscio di poliuretano che ricopre queste palle, composte anche di zinco: materiali tossici che si disgregano in microplastiche dannose. Che vengono mangiate da animali marini e non, entrando così nella catena alimentare. In due anni, il gruppo formato da Alex Weber ha tolto da quella zona del Pacifico almeno cinquantamila palline. Dopo essere riuscita ad accendere i riflettori sul problema, Alex ha affermato di volersi concentrare sull’università: studierà presso la facoltà di biologia marina.
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