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Odori e profumi: questione di fiuto
E’ nel sistema limbico, sede della memoria olfattiva, che si generano le sensazioni umane. Neurofisiologia, antropologia e etno-cosmesi colgono, insieme, sfere di significato inaccessibili allo sguardo umano.
Il naso è al centro del nostro sistema nervoso, tramite
esso assorbiamo l’ambiente esterno e, interagendo, lo scopriamo.
Grazie alle narici, dove sono presenti circa cinque milioni di
cellule olfattive, l’individuo è in grado di riconoscere
qualcosa come diecimila odori diversi e di percepire un numero
ancora più esteso di sensazioni.
Eppure, dei cinque sensi, l’olfatto è quello più
trascurato dall’uomo moderno che ne ignora le straordinarie
facoltà sensoriali.
Il naso stesso viene considerato talvolta alla stregua di un
semplice accessorio fisico, interessante solo su un piano
strettamente estetico. Non per Jean Baptiste Grenouille, geniale
creatore di profumi nella Francia del diciottesimo secolo,
indimenticabile personaggio narrato da P. Suskind ne “Il Profumo”
che nel fugace regno dei profumi ha consumato la sua vita per
dominare il cuore degli uomini.
Grazie alle recenti ricerche scientifiche oggi è
possibile ricostruire la storia straordinaria degli odori, il loro
stretto rapporto con la sessualità, la loro funzione legata
al piacere, alla seduzione, alla vitalità,
all’attività onirica, il significato simbolico ad essi
attribuito nei miti e nelle religioni e, come descritto in una
colta e piacevole lettura “I poteri dell’ odore” ( ed. Bollati
Boringhieri), gli immensi poteri di vita e di morte che nei secoli
la medicina ha riconosciuto agli odori. Secondo l’autrice Annick Le
Guérer, antropologa, filosofa e specialista dell’odorato,
allontanandosi dall’animalità l’uomo non avrebbe abbandonato
l’uso dell’olfatto ma ad esso avrebbe attribuito il potere
riconosciuto agli odori nelle società, antiche e
moderne.
Invece, in “Antropologia dell’olfatto” ( ed. Laterza), l’
etnologo e archeologo Alessandro Gusman, introduce un campo di
studi emergenti decisamente interessante, nato da una più
ampia corrente antropologica definita “antropologia dei sensi” la
quale, prendendo spunto dai risultati di numerose ricerche
etnografiche studia, “come le culture si possano distinguere per i
modi diversi in cui intendono l’interrelazione dei cinque sensi”,
proponendo altri modelli sensoriali.
Del resto, se gli odori agiscono su aree cerebrali coinvolte
nelle emozioni influenzando le nostre scelte e le nostre decisioni
e, secondo studi recenti, addirittura lo sviluppo fisiologico e
psicologico del feto, perché mai non dovrebbero determinare
comportamenti e quindi anche altri modelli sociali e culturali? Da
sempre, l’olfatto diventa mezzo per creare categorie sociali, e per
elevare barriere tra di esse.
Fin dall’antichità, per esempio, la corruzione morale,
l’errore, l’adulterio -lo stesso dicasi per alcuni mestieri – sono
stati considerati fonte di cattivo odore, dunque, scrive Gusman “in
ogni società si possono trovare esempi di questo uso
simbolico dei profumi per inserire gli individui all’interno di
categorie olfattive”. Quello di Gusman è un viaggio
ricchissimo di informazioni non solo in senso antropologico, ma
anche psicologico e sociologico, per i modi e gli approcci diversi
che ogni cultura ha creato per suo conto.
Maurizio Torretti
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