La salvezza del clima dipende da ciascuno di noi. Governi, singoli individui e anche imprese. Solo attraverso lo sforzo di tutti potremo rendere condiviso da tutti l’impegno a cambiare le nostre società, i nostri modelli di business, le nostre abitudini. Solo così potremo, in altre parole, “normalizzare la sostenibilità”, come spiegato dalla ex segretaria generale dell’Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), Christiana Figueres, intervenuta al convegno One home one planet (Ohop), organizzato dal gruppo Ingka, proprietario del celebre marchio Ikea.
Quest’ultimo da anni è impegnato nella battaglia contro la crisi climatica. E ora ha deciso di stanziare ulteriori 600 milioni di euro, al fine di centrare i propri obiettivi in termini di riduzione dell’impatto sul clima. Sostenendo imprese e progetti terzi, nonché operazioni dello stesso colosso svedese dell’arredamento e oggettistica per la casa, che promuovano la transizione verso economie che abbiano azzerato le proprie emissioni nette di gas ad effetto serra.
Dal gruppo Ingka 3,8 miliardi di euro per la sostenibilità
Grazie a tale impegno, il totale degli investimenti sulla sostenibilità, da parte di Inkga, raggiungerà i 3,8 miliardi di euro. Dal 2009, infatti, la società del gruppo dedicata a tale scopo, la Inkga Investments, sostiene aziende virtuose, in particolare che puntano allo sviluppo delle energie rinnovabili e soluzioni in grado di avvicinare il Pianeta ali obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, nonché a quelli di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
“Malgrado le grandi sfide che stiamo fronteggiando nel mondo, cambiare la direzione della crisi climatica è qualcosa che resta nelle nostre mani”, ha commentato il dirigente di Ingka Group Juvencio Maeztu. Che ha confermato le politiche della propria azienda: “Vogliamo essere parte della soluzione. È la ragione per la quale continueremo a gestire i futuri investimenti in modo da assicurare una ripresa più pulita, più ecologica e più inclusiva”.
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In questo senso, il gruppo che fa capo a Ikea non si accontenterà di raggiungere la carbon neutrality nel 2030: l’obiettivo è far sì che il quantitativo di emissioni rilasciate nell’atmosfera a causa dei propri business sia inferiore a quello che si sarà contribuito ad evitare. Nel corso del 2020 Ingka ha già annunciato un calo della cosiddetta impronta climatica del 4,3 per cento.
La capogruppo di Ikea ha prodotto più energia rinnovabile di quanta ne ha consumata
In particolare, l’azienda è proprietaria ormai di 546 pale eoliche disseminate in 14 nazioni. Possiede inoltre due parchi solari da 1,5 milioni di pannelli e ne ha installati 920mila sui tetti dei propri negozi e magazzini. In tal modo, il gruppo ha raggiunto uno degli obiettivi che si era prefissato: quello di produrre più energia da fonti rinnovabili rispetto a quella che la stessa multinazionale ne consuma.
La capogruppo di Ikea ha illustrato risultati centrati e obiettivi futuri all’inizio del mese di settembre, nel corso della conferenza Ohop 2020. Al quale hanno partecipato, tra gli altri, Christiana Figueres, ex segretaria generale dell’Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), e Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra.
Christiana Figueres: “Decarbonizzare l’economia è un’opportunità”
“I numeri indicati dal gruppo Ingka – ha spiegato la diplomatica costaricana – evidenziano il ruolo che le imprese possono giocare nella lotta contro i cambiamenti climatici. Dobbiamo indirizzare gli investimenti verso soluzioni e tecnologie verdi. Le aziende, piccole o grandi che siano, hanno l’opportunità di trasformare le sfide che abbiamo di fronte in soluzioni”.
Più in generale, l’ex segretaria dell’Unfccc ha spiegato che occorre “superare la logica che prevede di estrarre, usare e gettare le risorse e puntare sull’economia circolare”. È quindi necessario “decarbonizzare l’economia, che è qualcosa di complicato ma è anche una grande opportunità per innovare e dare spazio alla creatività”. In questo senso, secondo Figueres, “ciò che dobbiamo fare è normalizzare lasostenibilità. Non dobbiamo rimanere attaccati al passato, dobbiamo avere il coraggio di tirare su le ancore e immaginare nuovi modelli di business”.
“Possiamo creare posti di lavoro sostenibili e innovativi”
Quanto ai ritardi accumulati dai negoziati internazionali, la dirigente si è detta ottimista. Parlando a LifeGate ha spiegato che “il rinvio al 2021 della Cop 26 non significa che il processo di decarbonizzazione dell’economia globale sia rinviato. Anzi, il coronavirus ha provocato un calo delle emissioni, sebbene in un modo inaspettato. Ciò che dobbiamo chiedere è che, di qui alla conferenza, si continui su questa strada. Ma, al contrario di quanto fatto dalla pandemia, potremo farlo creando posti di lavoro sostenibili, ecologici e tecnologicamente innovativi”. In questo senso, una spinta decisiva arriva dal movimento Fridays for future , che secondo Figueres “è ascoltato dalle organizzazioni internazionali, che anche per questo stanno incrementando i loro sforzi”.
L’ex governatore Carney ha invece posto l’accento sul ruolo della finanza. “Essa – ha spiegato – deve tenere conto dei rischi legati ai cambiamenti climatici”, che dovranno essere contrastati “con innovazioni tecniche e ingegneristiche che consentano di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”. Ma fondamentale sarà l’apporto “della politica”, che dovrà essere in grado di ascoltare “ciò che la società chiede e vuole”. Che non dovrà più dividersi in una battaglia che non può che andare al di là di correnti, inclinazioni e ideali. Anche la politica, in altre parole, deve contribuire a normalizzare la sostenibilità.
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