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Un nuovo oleodotto in Africa orientale potrebbe causare danni irreversibili a persone e ambiente
La costruzione di un oleodotto in Africa orientale minaccia milioni di persone, gli animali ed è un passo indietro nelle lotte globali per il clima.
La nuova ministra dell’Energia Mary Goretti Kitutu ha affermato che i lavori di costruzione sono iniziati nei giacimenti Kingfisher e Tilenga, dove la China national offshore oil corporation (Cnooc) e il gigante petrolifero francese Total intendono scavare cinquecento pozzi petroliferi. Le due compagnie hanno già speso circa quattro miliardi di dollari in infrastrutture.
L’oleodotto Eacop va incontro al disastro
“Nel bel mezzo di una pandemia globale, in cui la domanda per il petrolio è in caduta libera e i prezzi hanno toccato il fondo, potrebbe essere un momento singolare per aumentare la produzione di petrolio mondiale”, scrive il giornale ambientale Yale Environment 360. “Ma le industrie petrolchimiche sono sempre alla ricerca di nuove riserve per sostituire quelle in esaurimento”. E i giacimenti sulle sponde del lago Albert sono al momento “tra le nuove riserve di petrolio più grandi ed economiche disponibili”.
Yale Environment 360 afferma di aver visionato un’analisi indipendente della qualità del progetto da parte della commissione olandese per la valutazione ambientale (Ncea), che ha portato alla conclusione che la valutazione dell’impatto sociale e ambientale (Esia) “non fornisce abbastanza informazioni per prendere una decisione sensata” e in generale “è inadatta”.
I rischi ambientali e sociali
In un resoconto del 2017 Wwf Uganda annunciava che l’oleodotto “avrebbe probabilmente causato disordini significativi, una frammentazione e un aumento del bracconaggio in un habitat naturale dalla biodiversità molto importante”, in ambienti popolati da elefanti, leoni e scimpanzé, animali che sono nella lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).
Dall’altra parte del confine, in Tanzania, l’oleodotto attraverserà la riserva naturale Biharamulo, nella quale si può trovare una delle ultime cinque colonie di scimmie Piliocolobus, e che ospita anche ippopotami, elefanti, zebre e, stando a quel che dichiarano le compagnie turistiche, anche gorilla beringei beringei. Più a est attraverserà per 32 chilometri la steppa Wembere, una prateria che viene inondata stagionalmente, conosciuta per gli uccelli che la popolano.
Inoltre “quasi un terzo dell’oleodotto verrà costruito nel bacino del lago Vittoria, dal quale dipende la vita di circa trenta milioni di persone“, secondo l’agenzia Global facility for disaster reduction and recovery. “Una fuoriuscita di petrolio potrebbe avere effetti catastrofici sulle fonti d’acqua locali, sull’ambiente e sulle comunità che ci abitano. Le probabilità che avvenga un incidente aumentano considerando il percorso dell’oleodotto, che attraverserà una zona a medio rischio sismico (il secondo livello in ordine di gravità)”.
Basta coi finanziamenti agli oleodotti
Una coalizione di organizzazioni africane e internazionali ha scritto alla banca African development bank (AfDB) chiedendo che respinga la proposta di finanziare il progetto. Diverse organizzazioni hanno hanno sollevato gravi preoccupazioni riguardo l’impatto climatico, ambientale e sociale potenzialmente dannoso e irreversibile di questo progetto, descrivendo l’oleodotto come “ad altissimo rischio” in una lettera inviata a Akinwumi Adesina, presidente della AfDB, il 19 marzo 2020.
In risposta a una petizione organizzata da un consorzio di associazioni da tutto il mondo, la banca ha respinto le affermazioni secondo cui aveva intenzione di finanziare l’oleodotto. Ha inoltre rinnovato il proprio impegno a finanziare esclusivamente progetti che promuovono uno sviluppo sostenibile nel continente, escludendo così ogni sostegno alla costruzione dell’oleodotto.
Nel frattempo è stata lanciata una petizione online anche contro un progetto della Standard Bank, l’istituto di credito più importante in Africa, e della giapponese Sumitomo Mitsui banking corporation (Smbc). Questo progetto intende raccogliere oltre 2,5 miliardi di dollari in prestiti per rilanciare la costruzione dell’oleodotto, al momento rinviata. Ad oggi la petizione ha quasi raggiunto il suo obiettivo di 25mila firme. La Standard Bank e la Smbc giocano un ruolo chiave come consiglieri dei governi dell’Uganda e della Tanzania e secondo quanto riferito, la Total sta organizzando un prestito da 2,5 miliardi di dollari per il finanziamento di progetti per il completamento della struttura.
Gli esperti hanno osservato l’importante ruolo organizzativo della Standard Bank, specialmente considerando che al momento ricopre il ruolo di presidente della Equator principles association, l’organo di governo dell’iniziativa bancaria sulla gestione dei rischi ambientali e sociali per i finanziamenti del progetto.
Corruzione e intimidazioni
Le aziende petrolchimiche coinvolte affermano di aver risolto i problemi sociali e ambientali legati ai giacimenti di petrolio e all’oleodotto, e che le valutazioni dell’impatto sociale e ambientale hanno rilasciato un certificato di idoneità. Si vantano anche di essersi consultate con 58mila persone e di aver scelto un percorso che riduce al minimo il numero di persone che dovranno trasferirsi. Ma i residenti locali non sono d’accordo.
Alcuni estratti di cronaca hanno identificato una serie di problemi nel processo di mappatura e valutazione eseguito dalla società di consulenze Newplan Limited per conto della Total. Tra questi problemi ci sono delle costruzioni e delle piantagioni non documentate e altre sottostimate. Le persone che subiranno le conseguenze di questo progetto hanno affermato di essere state “vessate e costrette a firmare diversi documenti senza una chiara spiegazione” e che è stato detto loro di “riempire i moduli a matita e firmare in penna“, un chiaro indizio di corruzione.
L’oleodotto è in stallo
Il progetto di costruzione dell’oleodotto è al momento in stallo, e la Total ha confermato di aver mandato a casa gli operai e di aver bloccato i lavori fino a nuovo avviso. Questi provvedimenti hanno fatto seguito alla notizia che la compagnia di esplorazione petrolifera quotata a Londra Tullow Oil è stata costretta ad accantonare i propri piani di vendere a Total e al Cnooc la maggior parte della sua quota (il 33,33 per cento) dei progetti petroliferi ugandesi a causa di un disaccordo con il governo ugandese sulle tasse.
La legge ugandese infatti include una tassa sul reddito istituita nel 1997, che prevede che una società paghi l’imposta sulle plusvalenze quando guadagna dalla vendita della propria attività. La Tullow Oil deve quindi pagare 167 milioni di dollari in tasse e ogni altra imposta prevista dalla legge ugandese.
Il petrolio non ha futuro
Molte lotte contro progetti di costruzione di gasdotti e oleodotti altrettanto disastrosi continuano in altre parti del continente e in altri paesi come gli Stati Uniti, dove è tuttora prevista la costruzione del Dakota Access pipeline e dell’Atlantic Coast pipeline. Dobbiamo assicurarci che il riscaldamento globale si mantenga al di sotto dei 1,5 gradi centigradi, e per ottenere questo risultato più dell’ottanta per cento delle riserve fossili conosciute deve restare sotto terra. È fondamentale quindi fermare tutti i progetti che portano all’estrazione di nuovo petrolio, gas e carbone, incluso l’oleodotto East African crude oil pipeline.
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